Allarme pensioni per l’inflazione: servono 20 miliardi per adeguare gli importi alla svalutazione. Soldi che potrebbero pesare in modo importate sui conti pubblici. (scopri le ultime notizie e poi leggi su Telegram tutte le news sulle pensioni e sulla previdenza. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegram e nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).
Indice
- Allarme pensioni per l’inflazione: adeguamenti
- Allarme pensioni per l’inflazione: svalutazione al 7,3%
- Allarme pensioni per l’inflazione: aumento della spesa
- Allarme pensioni per l’inflazione: risparmi Quota 100
- Allarme pensioni per l’inflazione: 3 proposte, 3 costi diversi
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Il motivo è noto: è stato reintrodotto dallo scorso anno il sistema di indicizzazioni che rivaluta gli importi pensionistici per quote e scaglioni.
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Allarme pensioni per l’inflazione: adeguamenti
In pratica:
- i pensionati che ricevono un assegno mensile fino a 4 volte l’assegno sociale (circa 2.000 euro) avranno una rivalutazione piena dell’importo rispetto all’inflazione (se è stata del 7% avranno il 7% di aumento);
- i pensionati che ricevono tra 4 e 5 volte l’assegno sociale avranno il 90% di aumento rispetto all’inflazione;
- i pensionati che ricevono più di 5 volte l’assegno sociale avranno il 75% di aumento rispetto all’inflazione.
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Allarme pensioni per l’inflazione: svalutazione al 7,3%
La misura è giusta e serve a non far perdere potere di acquisto. Ma quando l’inflazione è bassa (come lo è stata per anni), i costi per lo Stato sono pienamente sostenibili. Ora, con il tasso che si avvicina al 7,3% ed è destinato a crescere, la spesa supera complessivamente i 20 miliardi di euro.
Il dossier dove è stato calcolato questo aumento della spesa è stato redatto dall’Ufficio parlamentare di Bilancio (Upb).
Allarme pensioni per l’inflazione: aumento della spesa
Il Def (Documento di economia e finanza) aveva già previsto un aumento dell’inflazione del 5,8%. Le ultime stime segnalano un incremento che è arrivato al 7,3% ed è solo destinato a salire.
I calcoli del dossier sono eloquenti:
- se entro la fine dell’anno l’inflazione dovesse arrivare al 7,8%, la spesa per le pensioni aumenterà di 9 miliardi;
- salirebbero a 16 miliardi nel 2024;
- e la crescita continuerebbe anche nel 2025: 20,5 miliardi.
Tanto, troppo: un incremento dei costi che potrebbe incidere sulla nascente riforma del sistema pensionistico.
Allarme pensioni per l’inflazione: risparmi Quota 100
Sono stati fatti i conti anche per la spesa che ha comportato Quota 100, la riforma bandiera della Lega, quella che avrebbe dovuto velocizzare il ricambio generazionale. Non è andata come si prevedeva.
Hanno colto l’occasione di questa uscita anticipata (62 anni e 38 di contributi) solo 380mila lavoratori, contro i 678mila che era la cifra che si attendevano i promotori. Il 45% in meno.
Questo ha comportato una riduzione della spesa: si immaginava di spendere fino al 2025 circa 33 miliardi di euro. Ne sono stati spesi solo 23.
Avanzano 10 miliardi. A dire il verso 6, perché 4 sono già stati indirizzati altrove.
I sindacati contano su questo avanzo di cassa per strappare qualche condizione più favorevole per la riforma delle pensioni in discussione. In particolare per finanziare delle uscite anticipate più flessibili e meno penalizzanti per i lavoratori. (Riforma delle pensioni: c’è il riscatto gratis della laurea)
Un buona intenzione, ovviamente. Ma ora bisogna fare i conti anche con gli effetti della svalutazione: gli importi delle pensioni lieviteranno in parallelo (o quasi) con la crescita dell’inflazione comportando un onere per la spesa pubblica molto maggiore ai risparmi ricavati dal flop di Quota 100.

Allarme pensioni per l’inflazione: 3 proposte, 3 costi diversi
Ma di certo la discussione sulla riforma delle pensioni non può essere accantonata. È un pezzo importante del Pnrr ed è determinante per garantire oltre all’equilibrio dei conti pubblici anche la rendita post lavoro a chi oggi è giovane.
E quindi si è ragionato anche sui costi delle proposte che sono in discussione.
Quota 41: in pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età:
- 18 miliardi nei primi 3 anni.
Pensione a 64 anni con 35 di contributi e un assegno pari almeno a 2,2 volte quello minimo:
- 6 miliardi nei primi 3 anni.
Pensione a 63 anni con almeno 20 di contributi (proposta Tridico, presidente dell’Inps) e un assegno pari almeno a 1,2 volte l’assegno sociale. In questo caso la pensione verrebbe paga in due fasi: la quota contributiva scatta a 63 anni, quella retributiva a 67:
- 3,5 miliardi.
(Riforma delle pensioni, si esce a 62 o 64 anni)
Alcune sono più sostenibili, altre meno. Si vedrà: non sarà semplice coniugare flessibilità, sostenibilità e una ridotta penalizzazione per gli importi.
Nel frattempo bisogna fare i conti con le conseguenze dell’inflazione. E non sarà così semplice.
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