Di nuovo in piazza, per ricordare le vittime delle mafie, nella Giornata della Memoria e dell’Impegno, che quest’anno vive ad Avellino il suo epicentro. Pochi giorni fa la marcia dei ragazzi per la difesa dell’ambiente. Due momenti diversi, ma che raccontano la stessa esigenza: vivere in una terra dove regnano legalità e tutela della natura. Due imprescindibili punti di partenza per qualsiasi futuro.
Le nove vittime irpine
La marcia di giovedì 21 marzo parte dallo spiazzale antistante lo stadio Partenio. Il corteo per la Giornata della Memoria sfilerà tra le strade cittadine per approdare a piazza Libertà, dove si svolgerà la manifestazione e il tradizionale ricordo: uno per uno verranno citati tutti i mille innocenti uccisi dalle mafie in Italia. Tra loro anche diversi irpini: Antonio Ammaturo, Nunziante Scibelli, Pasquale Campanello, Francesco e Antonio Graziano, Salvatore Manzi, Francesco Antonio Santaniello e Vittorio Rega.
La Giornata della Memoria è stata organizzata dall’associazione Libera. Da sempre in prima linea per l’affermazione della cultura della legalità.
Saranno tanti gli studenti in corteo. Ma altrettanti non potranno partecipare. Scelte dei dirigenti scolastici, declinate con diverse motivazioni.

Perché la marcia ad Avellino
Eppure è un momento importante. E forse non a caso, dopo realtà decisamente difficili (le ultime edizioni si sono svolte a Messina, Locri e Foggia), è stata scelta Avellino. L’Irpinia non vive situazioni estreme, come nel Casertano e nel Napoletano, ma certo non può dirsi estranea alle infiltrazioni e alla prepotenza, oggi anche e soprattutto economica, della malavita organizzata.

La faccia pulita della camorra
Del resto l’ultimo rapporto della Dia lo dice con chiarezza: sono diminuiti omicidi ed estorsioni, aumentato e di molto il riciclaggio di denaro sporco, la gestioni di appalti pubblici, la presenza in settori chiave come la sanità, il business mai finito dei rifiuti, l’influenza diretta in tante amministrazioni comunali, i rapporti con la politica. Roba da colletti bianchi. Da manager, in grado di costruire labirintiche strutture societarie per riciclare e trattare con imprenditori ed enti locali. La faccia pulita della camorra. Alimentata dai traffici in continuo aumento legati alle sostanze stupefacenti.
Quella camorra, e lo sapete, è anche qui. Sotto il vostro naso.
La Giornata della Memoria e dell’Impegno, è anche la giornata per aprire gli occhi. Per rendersi conto che l’economia drogata dal crimine organizzato è un’economia malata. Distrugge lentamente le attività gestite senza i proventi del traffico di droga, quelle che si reggono solo con sudore e sacrifici.

L‘allarme rosso dei clan
Senza dimenticare il pericolo sempre da allarme rosso dei clan locali, alcuni dei quali hanno avuto influenze dirette anche sul capoluogo. Lo stesso procuratore di Avellino, Rosario Cantelmo, consegnava la sua pubblica preoccupazione per quello che poteva accadere nel Vallo di Lauro e per la faida che contrappone i Cava e i Graziano: “Tra un po’ ci saranno scarcerazioni eccellenti e una probabile riorganizzazione delle “famiglie”. In questi anni di tregua, la società civile di Quindici è rimasta ferma, non ha costruito le basi e gli anticorpi per contrapporsi alle logiche della camorra”. Non è accaduto lì, e neppure in Valle Caudina, dove nonostante gli arresti, il clan Pagnozzi è ancora egemone. E non è accaduto ad Avellino, dove le condizioni che hanno portato alla nascita del clan Partenio dei cugini Genovese, sono rimaste identiche.

La risposta del figlio di Campanello
La Giornata della Memoria e dell’Impegno, serve – appunto – a ricordare, anche ai cittadini di una terra per anni ritenuta a torto “isola felice”, che senza una reazione, una risposta culturale e sociale adeguata, senza l’affermazione netta della legalità, l’humus è sempre adatto per far prosperare attività illecite. Quelle “invisibili”, come il riciclaggio, l’usura, gli appalti. E quelle esplicite, come il racket e gli omicidi.
Una risposta e una reazione, come quella del figlio di Pasquale Campanello, l’agente di polizia penitenziaria ucciso a Torrette di Mercogliano l’otto febbraio del ’93. Ha deciso di indossare la divisa di poliziotto, per continuare a fare quello che faceva suo padre, anche se lo Stato gli ha voltato le spalle e dopo ventisei anni non ha ancora consegnato alla giustizia esecutori e mandanti di quell’omicidio.
La Giornata della Memoria e dell’Impegno, per non dimenticare. Ma anche per costruire un futuro nel nome della legalità. Per non rendere vano il sacrificio di quelle mille vittime innocenti.
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