“Caro Iacopo…
Ti scrivo perché sono arrabbiata, triste e delusa. Si spendono molte parole sulla parola inclusione, siamo pronti a infilarci calzini diversi, fare la foto instagrammabile da postare sui social il giorno dei calzini spaiati per dire quanto è bella la diversità, quanto importante sia l’inclusione… Ma poi, nella realtà, gli altri giorni dell’anno essere un bambino disabile non è più così figo.
Quest’anno come l’anno scorso stiamo tentando di mandare nostro figlio al centro estivo. Ma la risposta che abbiamo ricevuto è quella che sì, è possibile iscriverlo al centro, ma solo se paghiamo un educatore per tutte le ore di permanenza alla modica cifra di 20,25 euro più iva orarie. Chiaro che se non hai una enorme possibilità economica, sostenere questo costo diventa davvero difficile.
Come possiamo fare?
L.”
Cara L., quel che tu mi racconti è purtroppo una situazione che a ogni estate mi viene raccontata, da tutta Italia, e che sottolinea non solo quanto, oggettivamente, le risorse a disposizione per una vera inclusione siano ancora insufficienti, ma anche come, alle volte, non ci si voglia neppure “ingegnare” per risolvere certi problemi garantendo a tutti i bambini e a tutte le bambine gli stessi diritti di chi non ha una difficoltà certificata.
Devo dire che negli ultimi anni, con la Onlus che ho fondato, abbiamo affinato un percorso che ha quasi sempre portato alla risoluzione di certe questioni, semplicemente richiedendo per vie legali ciò che spetta e che dovrebbe essere scontato.
In pratica, l’associazione #Vorreiprendereiltreno fa inviare al centro in questione, o alla cooperativa che gestisce il campo estivo, una lettera di diffida da parte dei genitori, richiedendo un incontro con assistenti sociali e con sindaco. Tendenzialmente, quando le Istituzioni realizzano che si sta parlando di un’eventuale denuncia per discriminazione (assolutamente legittima, a ragione!), di colpo spuntano fuori le coperture finanziare per pagare l’educatore o l’educatrice “extra” che occorre.
Certo, possiamo ribadire che ottenere ciò che spetta solo in seguito a delle minacce di querela è la cosa più triste e, per certi versi, fallimentare che ci possa essere da un punto di vista sociale e culturale. Il punto però che dobbiamo tenere bene a mente è che la ragione sta dalla parte della bimba o del bimbo, per questo non si deve demordere anche laddove non ci sono problemi economici e ci si potrebbe arrendere alla richiesta, sobbarcandosi una simile spesa: in primis, dobbiamo proseguire proprio per chi quei soldi non riuscirebbe a trovarli e finirebbe con il dover tenere il proprio figlio o la propria figlia a casa.
Per questo motivo ti consiglio di continuare la vostra battaglia e di non cedere, perché qualsiasi risultato sarà un enorme risultato, anche solo fosse accendere l’attenzione su una dinamica sbagliata e ingiusta.
Un abbraccio grande.
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