Cartelle esattoriali, 5 anni per riscuoterle

Cartelle esattoriali, l’Agenzia delle Entrate avrà 5 anni di tempo per riscuoterle, dopo scatta il discarico automatico. La norma sarà introdotta dalla riforma fiscale che dovrà essere approvata dal governo. Vediamo come funziona e quali sono le altre importanti novità.

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6' di lettura

Per le cartelle esattoriali il fisco avrà cinque anni di tempo per riscuoterle o scatta la regola del «discarico automatico». (scopri le ultime notizie sul fisco e sulle tasse e poi leggi su Telegram tutte le news sui pagamenti dell’Inps. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp e nel gruppo Facebook. Seguici anche su su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).

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La regola del discarico automatico prevede che non possono essere riscosse le cartelle di pagamento al 31 dicembre del quinto anno successivo all’affidamento.

In pratica, per essere più precisi: se un Comune ha affidato il recupero di una multa o di un tributo (Imu, Tari e così via) all’Agenzia delle Entrate e dopo 5 anni l’incasso non è stato ancora portato a termine, la cartella esattoriale dovrà essere automaticamente cancellata.

Questa disposizione è contenuta nella legge delega che dovrà dare vita alla riforma fiscale. Un provvedimento che ha una duplice funzione:

  • ridurre la pressione della riscossione, o meglio: migliorare il rapporto storicamente conflittuale tra i cittadini e il Fisco;
  • evitare che i depositi dell’Agenzia delle Entrate tornino a riempirsi di crediti non riscossi (al momento ammontano a un totale che supera i 1.000 miliardi).

Su questo argomento puoi leggere un post che spiega quali sono gli obblighi dell’Agenzia rispetto alle cartelle esattoriali; in un altro articolo abbiamo verificato quali sono i Comuni che non aderiscono alla cancellazione delle vecchie cartelle esattoriali; e infine c’è un post che spiega come tagliare sanzioni e interessi sulle cartelle esattoriali.

Cartelle esattoriali, prima notifica in 9 mesi

Non si tratta, è meglio chiarirlo di un’altra sanatoria. Il governo ritiene però che l’incasso delle cartelle esattoriale non può avvenire negli attuali tempi biblici, ma in modo più rapido e certo.

Nella delega viene anche data una tempistica piuttosto precisa: il primo tentativo di notifica della cartella esattoriale deve essere effettuato entro e non oltre 9 mesi.

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Cartelle esattoriali, 120 rate

Il governo ritiene sia indispensabile avere un Fisco veloce, ma dialogante e che non “disturbi” i contribuenti onesti. L’aspetto dialogante riguarda anche la possibilità di rateizzare fino a 120 rate il rimborso delle imposte che non sono state pagate. 

La rateizzazione prolungata sarà resa strutturale. Ovvero: non sarà così complesso accedere al “rimborso lungo”, basterà presentare una richiesta.

Nel testo della riforma fiscale viene anche previsto l’accorpamento (se ne parlava da anni) tra l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate e Riscossione. Non aveva molto senso avere due enti distinti che in fondo si occupano della stessa materia (questa ipotesi era stata prevista anche nella riforma prevista dal precedente governo).

È stata anche confermata la volontà dell’esecutivo di non consentire all’Agenzia la notifica di atti di pagamento durante il periodo estivo o nelle vacanze natalizie. Una sorta di tregua per i contribuenti.

Cartelle esattoriali, gli obblighi dell’Agenzia

Abbiamo accennato alla disposizione che prevede tra gli obblighi per l’Agenzia delle Entrate di «non disturbare i contribuenti onesti». Ma cosa significa?

L’esecutivo ritiene che gli accertamenti dell’Agenzia delle Entrate dovranno consistere soprattutto in «operare azioni mirate idonee a circoscrivere l’attività di controllo nei confronti dei soggetti a più alto rischio fiscale, con minore impatto su cittadini e imprese».

Già, ma come si fa a valutare quali sono i “soggetti” ad alto rischio fiscale, ovvero coloro sui quali pesa un sospetto fondato di elusione o evasione fiscale?

Grazie alla tecnologia, o meglio, all’intelligenza artificiale. Del resto la banca dati in possesso dell’Agenzia delle Entrate è enorme. Consente di incrociare facilmente le informazioni e definire in modo dettagliato i profili dei contribuenti che dovrebbero ricevere, a ragion veduta, un accertamento fiscale.

Cartelle esattoriali, riscossione

Il governo ha intenzione di riformare profondamente il processo della riscossione. Proprio per imporre dei tempi che siano più rapidi e certi. Questo è un aspetto rilevante e che va di pari passo con la regola del «discarico automatico»: nove mesi di tempo per la prima notifica e cinque anni al massimo per la riscossione della cartella.

Altrimenti sarà difficile evitare che i depositi dell’Agenzia delle Entrate si riempiano ulteriormente di cartelle esattoriali non pagate, facendo lievitare quei mille miliardi di euro non riscossi e che, in fondo, sono la fotografia evidente di un sistema che non funziona.

Cartelle esattoriali, l’accertamento

L’accertamento fiscale sarà anche più soft, meno aggressivo. Infatti la raccomandata che sarà inviata ai contribuenti non sarà più una contestazione, ma una proposta.

In pratica il Fisco comunicherà al contribuente la necessità di chiarire alcuni dati (errori nella dichiarazione dei redditi, omessi versamenti e così via). 

Dopo la raccomandata e prima che la «proposta di accertamento» si tramuti in un atto fiscale (cartella esattoriale e successivo rischio di pignoramento) il contribuente avrà 60 giorni di tempo. In quel periodo potrà rispondere inviando all’Agenzia delle Entrate le sue osservazioni alla proposta e nel caso inviare la documentazione necessaria per difendersi.

Cartelle esattoriali, 5 anni per riscuoterle
Nella foto un accertamento fiscale – Cartelle esattoriali, 5 anni per riscuoterle

Cartelle esattoriali, interpelli a pagamento

Nella bozza della riforma fiscale c’è anche un aspetto che ha suscitato più di una perplessità: bisognerà pagare una tassa per gli interpelli. La somma da versare non sarà sempre la stessa, ma commisurata al tipo di contribuente (persona fisica o società) e anche al valore della questione che è stata sollevata.

Questa disposizione è contenuta nell’articolo 4 della bozza. Serve a limitare il ricorso all’interpello.

La proposta non piace all’Unione giovani dottori commercialisti ed esperti contabili, né all’Associazione nazionale forense. Hanno sollevato dubbi sulla scelta del governo: comprendono la ratio del provvedimento, ma si snatura, così scrivono, uno strumento che negli anni si è rivelato molto utile per i cittadini e i professionisti.

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