Dipendenti statali in pensione a 70 anni

Dipendenti statali in pensione a 70 anni: lo prevede un emendamento di Fratelli d’Italia. La misura è su base volontaria per chi ai 67 anni di età non ha superato i 36 anni di contribuzione. Si temono gli effetti di Quota 103: l’esodo di almeno 10mila dipendenti con la pensione anticipata, oltre a quelli che vanno via per raggiunti limiti di età.

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6' di lettura

Dipendenti statali in pensione a 70 anni, lo prevede un emendamento di Fratelli d’Italia proposto nella commissione Affari Costituzionali e Bilancio del Senato. (scopri le ultime notizie e poi leggi su Telegram tutte le news sulle pensioni e sulla previdenza. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegram e nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).

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Al momento questo allungamento della vita lavorativa dei dipendenti pubblici può essere richiesto solo su base volontaria. Così come già accade per medici ospedalieri e universitari.

Su questo argomento puoi leggere un post che spiega come l’età influenza l’importo della pensione (esempi di calcolo); c’è anche un focus che spiega a che età potrebbero andare in pensione i nati negli anni ‘90, ‘80 e ‘70; in un altro articolo abbiamo spiegato come funziona la pensione complementare.

Dipendenti statali in pensione a 70 anni: i dettagli dell’emendamento

Vediamo in dettaglio cosa propone l’emendamento. Si riferisce in particolare a quei dipendenti pubblici che hanno raggiunto l’età per la pensione di vecchiaia (67 anni) ma non ancora i 36 anni di contributi.

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Ebbene, si legge nell’emendamento: i dipendenti pubblici che si trovano in queste condizioni possono chiedere di restare in servizio fino al raggiungimento del 70esimo anno di età.

All’interno della stessa proposta si aggiunge che l’amministrazione pubblica che accoglie la richiesta di “ritardata pensione” dei dipendenti deve far sì che non ci siano «nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica».

In pratica deve essere a costo zero per lo Stato.

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Dipendenti statali in pensione a 70 anni: il motivo

Ma perché il governo sente la necessità di applicare questa misura? Per quale motivo viene chiesto, su base volontaria, ai dipendenti pubblici di lasciare con tre anni di ritardo il posto di lavoro rispetto alla normale età per la vecchiaia?

Sembrerebbe un controsenso, per almeno due motivi:

  • si sono indetti numerosi concorsi tra il 2023 e il 2025 per le pubbliche amministrazioni con l’intento di favorire un ricambio generazionale (i dipendenti pubblici hanno un’età media superiore a 50 anni);
  • si sta lavorando con i sindacati per una riforma delle pensioni che dovrebbe garantire ai lavoratori una maggiore flessibilità in uscita (62 anni).

La ragione di questa esigenza, e cioè di consentire a chi vuole di lavorare fino a 70 anni, si chiama Quota 103.

Ovvero, prima si approva la legge e poi si temono le conseguenze.

Dipendenti statali in pensione a 70 anni: la carica dei 10mila

Infatti le prime stime elaborate dai ministeri in collaborazione con l’istituto di previdenza prevedono che proprio grazie a Quota 103 potrebbero andare in pensione (e in anticipo) oltre 10mila dipendenti pubblici.

Se si sommano a quelli che usciranno dal lavoro per raggiunti limiti di età, si rischia un vero esodo.

E quindi, l’obiettivo di migliorare, modernizzare e rendere più efficiente l’organizzazione e la gestione degli uffici pubblici rischia di infrangersi con una consistente fuga dal lavoro.

Dipendenti statali in pensione a 70 anni e i medici a 72

Se ai dipendenti statali viene chiesto di restare fino a 70 anni, per i medici va anche peggio. Un altro emendamento al decreto Milleproroghe ripropone una ipotesi che era già stata bocciata nella legge di Bilancio: alzare l’età pensionabile per il personale medico negli ospedali.

Si tratta di una misura ritenuta “indispensabile” per far fronte alla continua carenza di medici nelle corsie degli ospedali.

Dovrebbe essere una misura tampone. Ovvero dovrebbe restare in vigore per diversi anni, il tempo necessario per garantire l’aumento dei laureati in medicina e chirurgia (con le relative specializzazioni) e consentire quindi un ricambio generazionale meno traumatico. O che comunque eviti di lasciare sguarniti i presidi ospedalieri.

Nell’emendamento si propone di aumentare dunque a 72 anni l’età pensionabile per i medici convenzionati e dipendenti, ospedalieri e universitari.

Oggi questi lavoratori possono andare in pensione a 67 anni, ma su richiesta del lavoratore si può arrivare a 70.

Dipendenti statali in pensione a 70 anni e i medici a 72: indecente

Mentre per i dipendenti pubblici non ci sono ancora reazioni sulla possibilità di alzare il tetto dell’età pensionabile a 70 anni (su base volontaria), i medici hanno già fatto sentire la loro voce. La proposta è stata definita dai sindacati dei medici «indecente». Sarebbe solo un regalo alla potente lobby dei medici universitari, imposta con il pretesto della grave carenza di medici.

I sindacati hanno anche ricordato che nell’ultimo rapporto Ocse 2022, l’Italia è il Paese che in Europa ha l’età media più alta dei medici: il 56 per cento ha più di 55 anni.

Nell’immagine un ufficio pubblico

Dipendenti statali in pensione a 70 anni e i medici a 72: perché no

Sempre a proposito di alzare l’età pensionabile dei medici a 72 anni, i sindacati ritengono che questo provvedimento avrebbe due conseguenze negative:

  • non riduce il ricorso alle cooperative per il lavoro notturno e festivo, perché interessa il personale (quello più anziano) che in genere non lavora di notte o le domeniche;
  • congela le carriere e le assunzioni negli ospedali e questo genera un danno considerevole ai giovani e alle donne; accade proprio mentre  il numero dei contratti di formazione specialistica fa registrare un incremento notevole.

In pratica, sostengono i sindacati, si vuole sostituire giovani e donne con i pensionati. La soluzione alternativa proposta dalle parti sociali è quella invece di abolire il tetto di spesa sul personale, così da permettere l’assunzione di giovani medici (anche specializzandi).

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