Uomini in pensione con 35 anni di contributi: vediamo insieme quando è possibile (scopri le ultime notizie sulle pensioni e su Invalidità e Legge 104. Leggile gratis su WhatsApp, Telegram e Facebook).
Indice
Uomini in pensione con 35 anni di contributi: quando è possibile?
Il nostro sistema previdenziale consente agli uomini di andare in pensione con 35 anni di contributi.
Sono almeno tre le possibilità a disposizione:
- la pensione di vecchiaia (a 67 anni, con almeno 20 anni di contributi versati);
- l’Ape Sociale (a 63 anni, con almeno 30 anni di contributi versati);
- la pensione per lavori usuranti (61 anni e 7 mesi di età, con 35 anni di contributi versati).
Mentre con 35 anni di contributi non è possibile accedere:
- alla pensione anticipata ordinaria (42 anni e 10 mesi di contributi);
- a Quota 41 per lavoratori precoci (41 anni di contributi, di cui uno versato prima dei 19 anni di età);
- a Quota 103 (62 anni di età e 41 anni di contributi versati).
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Uomini in pensione con 35 anni di contributi: lavori usuranti
Gli uomini in pensione con 35 anni di contributi possono andarci con la formula “lavori usuranti”.
Per lavori usuranti si intendono quelle professioni svolte in contesti difficili, in luoghi pericolosi, ad altissime o a basse temperature, sott’acqua o ad altezze elevate, come:
- lavori in galleria, cava o miniera: mansioni svolte in sotterraneo con carattere di prevalenza e continuità;
- lavori nelle cave: mansioni svolte dagli addetti alle cave di materiale di pietra e ornamentale;
- lavori nelle gallerie: mansioni svolte dagli addetti al fronte di avanzamento con carattere di prevalenza e continuità;
- lavori in cassoni ad aria compressa;
- lavori svolti dai palombari;
- lavori ad alte temperature: mansioni che espongono ad alte temperature, quando non sia possibile adottare misure di prevenzione, quali, a titolo esemplificativo, quelle degli addetti alle fonderie di 2 fusione, non comandata a distanza, dei refrattaristi, degli addetti ad operazioni di colata manuale;
- lavorazione del vetro cavo: mansioni dei soffiatori nell’industria del vetro cavo eseguito a mano e a soffio;
- lavori espletati in spazi ristretti: con carattere di prevalenza e continuità ed in particolare delle attività di costruzione, riparazione e manutenzione navale, le mansioni svolte continuativamente all’interno di spazi ristretti, quali intercapedini, pozzetti, doppi fondi, di bordo o di grandi blocchi strutture;
- lavori di asportazione dell’amianto: mansioni svolte con carattere di prevalenza e continuità.
Alla categoria di lavoratori usuranti è consentito l’accesso alla pensione con 35 anni di contributi versati e un’età minima di 61 anni e 7 mesi.
Non basta, però, fare un lavoro usurante per andare in pensione con qualche anno di anticipo. È necessario che le attività usuranti siano state svolte per almeno la metà dell’intero periodo lavorativo o per almeno 7 anni negli ultimi 10 anni lavorati.
Quando si può andare in pensione con i lavori usuranti?
La pensione per lavori usuranti segue lo schema delle quote:
- con quota 97,7 possono andare in pensione i lavoratori dipendenti, con 61 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contributi versati;
- con quota 98,7 possono andare in pensione i lavoratori autonomi, con 62 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contributi versati.
Anche i lavoratori notturni possono accedere alla pensione per lavori usuranti, ma con requisiti anagrafici diversi:
- se il lavoratore ha effettuato dai 72 ai 77 turni di notte in un anno di lavoro (da non confondere con l’anno solare), potrà andare in pensione con 62 anni e 7 mesi di età se dipendente (quota 98,7) o con 63 anni e 7 mesi di età se lavoratore autonomo (quota 99,7);
- se il lavoratore ha effettuato dai 64 ai 71 turni di notte in un anno di lavoro, potrà andare in pensione con 63 anni e 7 mesi di età (quota 99,7) se dipendente oppure con 64 anni e 7 mesi di età (quota 100,7) se lavoratore autonomo.
Uomini in pensione con 35 anni di contributi: l’Ape Sociale
Con 35 anni di contributi si può accedere anche all’Ape Sociale, ma dipende dalla categoria di riferimento.
A 63 anni di età, l’anticipo pensionistico che accompagna il lavoratore fino all’età pensionabile, può essere richiesto e ottenuto con 30 anni di contributi, se si rientra nelle categorie:
- disoccupati di lungo corso, che hanno smesso di percepire la Naspi da almeno 3 mesi;
- caregiver, che da almeno 6 mesi assistono il coniuge o un familiare con disabilità grave, fino al secondo grado di parentela;
- invalidi civili, con una percentuale di riduzione della capacità lavorativa pari o superiore al 74%.
Con 32 anni di contributi, invece, possono accedere all’Ape Sociale:
- i lavoratori edili, i ceramisti, i conduttori di impianti per la formatura di articoli in ceramica o terracotta.
Invece, il via libera è negato ai lavoratori impiegati in mansioni gravose: per loro il diritto all’Ape Sociale scatta con un’anzianità contributiva di almeno 36 anni (a 63 anni di età).
L’importo dell’assegno mensile erogato dall’INPS fino al compimento dell’età pensionabile è pari all’importo della pensiona maturata dal lavoratore al momento della domanda per l’Ape Sociale. In ogni caso, non può superare i 1.500 euro lordi al mese.
Uomini in pensione con 35 anni di contributi: pensione di vecchiaia
Infine, con 67 anni di età e 35 anni di contributi si può accedere alla pensione di vecchiaia (bastano 20 anni di contributi).
Quanto si prende di pensione con 35 anni di contributi?
Ma quanto si prende di pensione? Ad esempio, un lavoratore dipendente con questa età e questa anzianità contributiva, suddivisa in 10 anni di contributi versati fino al 1995 e 25 anni di contributi versati a partire dal 1996, e con una retribuzione lorda annua di 28.000 euro, vedrà il suo assegno pensionistico calcolato col sistema misto.
Individueremo due quote: la prima calcolata con le regole del sistema retributivo (il 2% di aliquota moltiplicata per i 10 anni di contributi versati fino al 1995 – 20% – e questo valore moltiplicato alle ultime retribuzioni percepite), che con un calcolo sommario dovrebbe avere un importo di 5.600 euro.
La seconda quota si calcola con le regole del sistema contributivo. Dobbiamo individuare il montante contributivo, ovvero l’insieme di quote di retribuzione accantonate dal lavoratore, pari al 33% per ogni anno di lavoro. Il risultato va moltiplicato per 25 anni di contributi, per un importo di 231.000 euro di montante contributivo.
Su questo valore incide il coefficiente di trasformazione che a 67 anni è del 5,72%. Il 5,72% di 231.000 euro è 13.215 euro circa, l’importo della seconda quota. Ora sommiamo le due quote (5.600 euro e 13.215 euro) per avere l’importo lordo di un anno di pensione: 18.815 euro, circa 1.450 euro lordi al mese, intorno ai 1.100 euro netti al mese.
Con una retribuzione lorda annua di 25.000 euro, l’importo lordo di un anno di pensione potrebbe aggirarsi sui 16.800 euro, circa 1.300 euro lordi al mese, intorno ai 1.000 euro netti. Mentre con una retribuzione lorda annua di 23.000 euro, l’importo lordo di un anno di pensione sarebbe di 15.500 euro circa, intorno ai 1.200 euro lordi al mese, circa 900 euro netti al mese.

Faq sulla pensione
Che cos’è l’IRPEF e come influisce sulla pensione?
L’IRPEF è un’imposta che viene applicata anche ai redditi da lavoro e, di conseguenza, influisce sul calcolo della pensione. L’IRPEF va a agire sulla pensione lorda, trattenendo una quota di essa per il fisco. Esistono 4 scaglioni di IRPEF applicati a seconda della fascia di reddito. Ad esempio, su un reddito di 13.000 euro, bisogna versare il 23% di IRPEF, quasi 3.000 euro all’anno.
Come si calcola la pensione netta dalla pensione lorda?
Per calcolare la pensione netta a partire dalla pensione lorda, bisogna sottrarre l’IRPEF, il Bonus IRPEF (l’ex Bonus Renzi) e le addizionali comunali e regionali. A queste sottrazioni si aggiungono poi le detrazioni spettanti, fino a ottenere il valore netto. La pensione viene erogata al pensionato in maniera netta, con un importo detassato e migliorato per le detrazioni spettanti.
Come procede il dialogo tra governo e sindacati sulla riforma pensioni?
Il dialogo tra governo e parti sociali riguardo alla riforma pensioni si sta dimostrando difficile. Nonostante la ripresa delle discussioni, è poco probabile che ci saranno interventi significativi per il 2024. Durante l’ultimo incontro, tenutosi il 5 settembre, non si è giunti a una conclusione definitiva, e il governo non ha fornito risposte alle richieste dei sindacati.
Quali sono le novità da introdurre per i lavori gravosi?
I sindacati stanno sollecitando il governo a modificare la normativa attuale che riguarda i lavori gravosi. Una delle principali proposte è legata all’adeguamento del sistema di calcolo delle pensioni per chi svolge lavori gravosi, agendo sul coefficiente di trasformazione e legandolo all’aspettativa di vita. Inoltre, si propone di estendere l’elenco dei lavori gravosi e abbassare il requisito per l’Ape sociale da 36 a 30 anni. È inoltre in discussione la modifica delle fasce orarie per chi svolge un lavoro notturno e la semplificazione della procedura di domanda per i lavori gravosi, che attualmente è complessa e porta al rigetto di due terzi delle domande.
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