In pensione dopo nel 2023? Chi rischia la beffa con l’aumento della pensione minima? Ne parliamo in questo approfondimento (scopri le ultime notizie e poi leggi su Telegram tutte le news sulle pensioni e sulla previdenza. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegram e nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).
Indice
- In pensione dopo nel 2023: chi rischia la beffa?
- In pensione dopo nel 2023: l’aumento della pensione minima
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In pensione dopo nel 2023: chi rischia la beffa?
L’importo della pensione minima aumenterà dal prossimo 1° gennaio: una buona notizia, ma non per tutti, perché la maxi-rivalutazione costringerà alcuni lavoratori ad andare in pensione dopo nel 2023.
Chi rischia di rimanere deluso? Sicuramente i contributivi puri, quei lavoratori che hanno versato contributi esclusivamente dal 1996 ad oggi.
A loro, il nostro ordinamento, consente di accedere a due forme previdenziali: la pensione di vecchiaia e la pensione di anzianità contributiva.
Il diritto alla pensione di vecchiaia, per chi ha versato 20 anni di contributi dal 1996, è legato alla maturazione di un assegno del valore di almeno 1,5 volte il trattamento minimo.
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Il via libera alla pensione di anzianità contributiva, con 64 anni e 20 di contributi tutti versati dal 1996, è ugualmente condizionato al valore dell’assegno maturato, che deve essere necessariamente pari a 2,8 volte la pensione minima.
Dal momento che l’importo del trattamento minimo, complice la rivalutazione al 7,3% ufficializzata tramite decreto dal ministro Giorgetti, è destinato a salire fino a 563 euro al mese, per accedere alla pensione di vecchiaia per contributivi puri e alla pensione anticipata contributiva nel 2023, sarà necessario aver maturato un assegno previdenziale più alto rispetto al 2022.
Di quanto? Considerando che nel 2022 l’importo della pensione minima, senza rivalutazione anticipata e conguaglio 2021 (+2,2% nell’ultimo trimestre) è stato di 525,38 euro e che con il 7,3% a gennaio arriverà a 563,73 euro, per accedere alla pensione di vecchiaia per contributivi puri servirà maturare un assegno di 845,60 euro lordi al mese e per la pensione anticipata contributiva ci sarà bisogno di un assegno di almeno 1.578,44 euro lordi al mese.
Parliamo, dunque, di un aumento di circa 60 euro al mese per la pensione di vecchiaia e di 110 euro circa per la pensione anticipata contributiva: un duro colpo, dunque, per questa categoria di lavoratori.
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In pensione dopo nel 2023: l’aumento della pensione minima
Abbiamo visto che l’aumento della pensione minima non farà felici tutti, perché costringerà alcuni lavoratori ad andare in pensione dopo nel 2023.
Parliamo di chi ha versato contributi soltanto dal 1996 in poi: per loro le porte della pensione di vecchiaia si aprono soltanto maturando un assegno 1,5 volte il trattamento minimo, mentre chi accede alla pensione anticipata contributiva deve aver maturato un assegno ancora più alto: 2,8 volte la pensione minima.
Sono queste le uniche due soluzioni previdenziali accessibili non solo rispettando i requisiti anagrafici (67 anni per la pensione di vecchiaia, 64 anni per la pensione anticipata contributiva) e contributivi (20 anni), ma anche quello legato all’importo della pensione.
Se questo è inferiore a una determinata soglia, l’accesso alla pensione dovrà essere rimandato: e sarà il caso per molti lavoratori contributivi puri beffati dall’aumento della pensione minima.
Nel 2023, per avere il via libera alla pensione di vecchiaia con 20 anni di contributi versati dal 1996, servirà un assegno di 10.992,73.

Ancora più complicata la situazione per chi è intenzionato ad accedere alla pensionedi anzianità contributiva: occorrerà un assegno di 20.519,77 euro, che si traduce in una pensione mensile di almeno 1.578,44 euro lordi.
In pensione dopo nel 2023. Ma attenzione, però: con la Legge di Bilancio, il Governo Meloni potrebbe introdurre un mini-bonus per le pensioni minime.
Una rivalutazione del 120% che farebbe ulteriormente lievitare l’importo del trattamento fino a quasi 570 euro al mese, con un conseguenziale aumento del valore degli assegni previsti per accedere alla pensione di vecchiaia (11.115 euro l’anno) e alla pensione anticipata contributiva (20.748 euro l’anno).
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