La caduta repentina del governo, che chiamerà l’Italia al voto a settembre 2022, lascia in bilico molte iniziative del governo. Mario Draghi era nel pieno di un’attività programmatica molto fertile e incentrata da una lato su diverse iniezioni di liquidità – volte al sostegno di imprese e famiglie – e dall’altro su revisioni di decreti già in atto.
Ma ancor di più l’esecutivo è uscito di scena a pochi mesi dall’approvazione della legge di Bilancio che come sappiamo è l’agenda politico-economica e previsionale per eccellenza di ciascun governo. (scopri le ultime notizie su bonus, Rem, Rdc e assegno unico. Leggi su Telegram tutte le news su Invalidità e Legge 104. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegram e nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).
Il termine ultimo di approvazione per la legge di Bilancio è il 31 dicembre prossimo, ma a questo punto con la limitazione dell’esecutivo al disbrigo degli affari correnti cambia tutto. Come cambieranno molte cose con l’Italia al voto.
Vediamo perché.
Su TheWam.net abbiamo parlato di alcuni pagamenti dell’assegno unico in arrivo sul reddito di cittadinanza e delle ricariche dell’assegno universale dal 25 al 30 luglio 2022.
INDICE
- L’Italia al voto: la riforma delle pensioni
- L’Italia al voto: come si andrà in pensione? Tutte le ipotesi
- L’Italia al voto: il decreto Aiuti
- L’Italia al voto: il reddito di cittadinanza
- Italia al voto: la legge di Bilancio
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L’Italia al voto: la riforma delle pensioni
La legge Fornero è stata la prima riforma che non è mai andata giù ai vari governi che si sono succeduti dall’insediamento di questa – ormai terminata – legislatura. Il Conte 1 “gialloverde” ha messo in campo varie iniziativa per smantellarla.
Sul tema il principale protagonista è stato il leader della Lega, Matteo Salvini, che facendone un cavallo di battaglia ha introdotto le varie “Quote”.
Si parte con Quota 100 che permette l’uscita dal mondo del lavoro ad almeno 62 anni di età e 38 di anzianità contributiva.
A seguire Quota 102 ha sostituito a sua volta Quota 100, aumentando l’età di due anni (64+38). Il problema è che queste due misure sono valide fino al 31 dicembre 2022.
Questo vuol dire che dal primo gennaio del 2023 scompariranno.
Si ritorna alla Fornero che permette di andare in pensione a 67 anni di età, oppure anticipando, perdendo qualcosa nell’assegno a fine mese: a 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e a 41 anni e 10 mesi per le donne.
Tuttavia tale situazione – cioè l’archiviazione delle vaire “surroghe”, se così possiamo definirle – porterebbe a risparmiare 10 miliardi di euro.
Fondi che potrebbero essere investiti in una futura riforma. Ma quale?
Ad ogni modo sul sito thewam.net abbiamo già anticipato ipotesi su altri modi per andare in pensione.
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L’Italia al voto: tutte le ipotesi per andare in pensione
Chiaramente dopo il 25 settembre (data delle elezioni) ci sarà poco tempo per intervenire sulle pensioni.
Il governo dimissionario già ha avanzato una ipotesi sulla possibilità di andare in pensione prima dei 67 anni, accogliendo le richieste dei sindacati per superare, dunque, la legge Fornero.
Ma tra guerra in Ucraina, crisi energetica, le polemiche su catasto, concessioni balneari e poi la crisi di governo, hanno di fatto arrestato il dibattito sule pensioni.
Se non si troverà una soluzione al 31 dicembre di quest’anno, con la fine del regime transitorio di Quota 102, dal 2023 si tornerà alla legge Fornero.
La soluzione semplice sarebbe prorogare Quota 102 e Ape sociale, anche se ci sono altre ipotesi in ballo.
Sul tavolo c’è la proposta del presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, che prevede la pensione dai 63-64 anni solo con la quota che si è maturata dal punto di vista contributivo.
Il lavoratore uscirebbe dunque con l’assegno calcolato con il contributivo e aspetterebbe i 67 anni per ottenere l’altra quota, che è quella retributiva.
L’ipotesi Tridico sembra una delle più percorribili dal punto di vista finanziario, perché porterebbe un aggravio di circa 2,5 miliardi per i primi tre anni e poi risparmi a partire dal 2028.
Ora ipotizziamo che il centro-destra vinca le elezioni. Esaminando le posizioni assunte durante i giorni della sfiducia, Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, sembrano dirigersi verso una coalizione unitaria che, secondo i sondaggi, accrediterebbe la leader di FdI Giorgia Meloni come candidata premier.
Ad ogni modo la presenza leghista all’interno dell’esecutivo potrebbe far avanzare proposte di una nuova riforma che cancelli di fatto la legge Fornero. Come del resto è già avvenuto nel primo governo Conte.
Per il centro-sinistra la situazione è più complessa. Gli atti politici consumati in questi giorni, a partire dalla sfiducia del Movimento 5 Stelle a Mario Draghi, hanno sancito un’archiviazione del “campo largo”.
Il Pd ha cercato fino alla fine di salvare il governo, senza successo. Come si evince anche dalle ultime dichiarazioni di queste ore il cosiddetto “campo largo” è archiviato.
Questo significa che i pentastellati guidati da Conte correranno da soli alle elezioni, mentre i dem guarderanno al centro cercando alleanze con i movimenti di Renzi, Calenda, Toti e Di Maio (senza contare eventuali ulteriori scissioni dei 5S).
Quindi, un esecutivo a guida dem e centristi potrebbe vedere di buon occhio la riforma Fornero, in quanto già avallata all’epoca. Discorso diverso potrebbe essere per i pentastellati di Giuseppe Conte, che cercherebbero dei correttivi soprattutto puntando su interventi come l’Ape sociale.
L’Italia al voto: il decreto Aiuti
Il decreto Aiuti si farà visto e considerato che il governo, sì, è dimissionario, ma può svolgere attività di ordinaria amministrazione.
tratta di dieci miliardi in arrivo per i primi giorni di agosto con proroga e sconti sulle bollette e crediti di imposta per le imprese. Una misura pensata per le famiglie in difficoltà e per alleviare il carico fiscale agli imprenditori.
Motivo per cui presenta caratteri di necessità e urgenza e quindi potrà essere inquadrata con un decreto legge.
Quindi per il futuro esecutivo – indipendentemente dal colore politico – non resta che raccogliere l’eredità.
L’Italia al voto: il reddito di cittadinanza
Sul reddito di cittadinanza le posizioni sono decisamente chiare.
Se vincono i Cinquestelle: l’Rdc resta
Con un esecutivo a trazione 5 Stelle la misura resterebbe inalterata se non potenziata. Al contrario, la coalizione di centro-destra tenterebbe di smantellarla visto e considerate le esternazioni da tutti i leader della coalizione.
Se vince il Centrodestra: l’Rdc rischia di sparire
Salvini più volte ha detto che preferirebbe spostare quei fondi sul sistema previdenziale. Per la Meloni si tratta di uno strumento «che favorisce il lavoro nero». «Meglio concentrarsi sul taglio del cuneo fiscale». Per l’ex premier Berlusconi si tratta di una misura «parassitaria».
Contrari – tanto da intraprendere una raccolta firme per un referendum abrogativo – anche la compagine centrista con Renzi in testa.
Il leader di Italia viva non ha mai condiviso il reddito di cittadinanza fin da quando era segretario dei dem. Motivo per cui, in un’ottica di alleanza con il Pd – che scaturirebbe un eventuale governo i caso di vittoria –, si rivelerebbe una bella gatta da pelare.
Se vince il Pd – l’Rdc cambia
Il Pd, di fatto, non è mai stato contro all’rdc – tanto che all’epoca fu presentata anche una proposta di legge insieme a quella di M5S per l’appunto e Sinistra e libertà -, ma ha sempre esternato dei correttivi soprattutto per quanto concerne la parte delle politiche attive.
Tuttavia è bene fare chiarezza su alcuni punti per quanto concerne l’rdc.
Attualmente parliamo di una misura che proprio nell’ultima legge di Bilancio ha incassato una copertura fino al 2029.
Questo significa che anche se domani mattina scomparisse (parliamo di fantascienza), l’Inps garantirebbe ancora i soldi a tutti i percettori attuali.
Ancora, per cancellarla non sarebbe così semplice. Si dovrebbe procedere con l’emanare una legge che sostituisca quella attuale. Cosa fattibile da un nuovo governo (contrario alla misura) con poteri pieni.
Potrebbe entrare in gioco la Corte costituzionale che dichiari la legge illegittima. Ma se ci fossero stati gli estremi già si sarebbe pronunciata da tempo.
Esiste anche l’opzione del referendum abrogativo (strada percorsa da Matteo Renzi). Tuttavia – come previsto dalla legge – un anno prima delle elezioni non è possibile indire referendum, come nei sei mesi successivi e inoltre, in caso di esito positivo di referendum – tra indizione, voto e procedure varie – si avranno gli effetti della cancellazione a partire dal 2025.
C’è da dire inoltre che attualmente in Italia usufruiscono del reddito di cittadinanza tra i dodici e i quindici milioni di persone e quindi di votanti. Una bella fetta di elettorato che inciderebbe e non poco sulla elezione della futura squadra di governo.
Senza contare il fatto che difficilmente si riesce a cancellare un diritto acquisito. In Italia non è mai avvenuto.
Italia al voto: la legge di Bilancio
Con l’Italia al voto, sulla legge di Bilancio si ha facoltà di un’azione parziale. L’esecutivo dimissionario non può impostare documenti programmatici come la Nota di aggiornamento del Def o il Documento programmatico di bilancio, se non basandosi sulla realtà vigente.
In poche parole può solo fotografare la situazione attuale senza programmare nulla. La palla passerà al prossimo governo.
Si sarebbe verificata la situazione opposta se il capo dello Stato avesse respinto le dimissioni e quindi il premier sarebbe ancora in carica con pieni poteri. Tuttavia, in queste ore si parla di una possibile votazione per il 18 settembre per consegnare l’eredità al futuro esecutivo.
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