Un lavoratore disabile può avere un periodo di prova? Ci chiediamo se l’assunzione di un portatore di handicap può prevedere un patto di prova o se invece l’appartenere a una categoria protetta esclude questa possibilità. (scopri le ultime notizie su bonus, Rem, Rdc e assegno unico. Leggi su Telegram tutte le news su Invalidità e Legge 104. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegram e nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).
Indice
- Lavoratore disabile e periodo di prova
- Lavoratore disabile, periodo di prova: condizioni
- Lavoratore disabile, periodo di prova: retribuzione
- Lavoratore disabile, periodo di prova: garanzie
- Lavoratore disabile, periodo di prova: relazione scritta
- Lavoratore disabile, periodo di prova: Corte Costituzionale
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Lavoratore disabile e periodo di prova
Diciamolo subito: la legge prevede che anche per i lavoratori con disabilità assunti tramite il collocamento mirato si possa prevedere un periodo di prova. Anzi, per dirla tutta, questo periodo di prova potrebbe anche essere più lungo rispetto a quello che viene in genere previsto dai contratti nazionali di lavoro. (lavoro e invalidità: orario ridotto per il lavoratore disabile)
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Lavoratore disabile, periodo di prova: condizioni
L’azienda può imporre questo periodo di prova, ma deve rispettare determinate condizioni. Una in particolare: l’eventuale esito negativo del periodo di prova non deve essere connesso alla disabilità del dipendente.
In pratica: le eventuali ragioni del “no” all’assunzione dopo la “prova” devono riferirsi a ragioni che siano del tutto estranee alla menomazione. In caso contrario siamo di fronte a una palese discriminazione.
Per spiegarci meglio: non deve essere la disabilità del lavoratore a comportare la risoluzione del contratto.
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Anche perché il tipo di disabilità era nota al titolare dell’azienda ancora prima che si avviasse qualsiasi rapporto ed erano quindi anche evidenti le mansioni che il lavoratore avrebbe potuto svolgere all’interno dell’organizzazione lavorativa.
Consentendo, anzi estendendo, il periodo di prova per un dipendente con disabilità, la legge offre al datore di lavoro la possibilità di valutare con attenzione le capacità del dipendente. Ma deve essere tenuta presente anche la condizione del lavoratore. (Lavoro e invalidità, come funziona con i concorsi pubblici).
Per dire: non si può ritenere inadatto un dipendente con disabilità che ha difficoltà a deambulare solo perché non può svolgere una mansione che richiede una costante mobilità all’interno dell’azienda. Nel senso: quella ridotta capacità era evidente ed è legata proprio alla sua menomazione.
Lavoratore disabile, periodo di prova: retribuzione
Ovviamente durante il periodo di prova il lavoratore con disabilità ha diritto alla regolare retribuzione (maturando anche il tfr). Rispetto all’assunzione definitiva (a tempo determinato o indeterminato), entrambe le parti possono recedere il contratto senza motivazione e senza preavviso. In questo caso dunque non sono valide le norme che regolano il licenziamento per giusta causa, giustificato motivo e chiaramente anche le dimissioni.
Lavoratore disabile, periodo di prova: garanzie
Per i lavoratori con disabilità sono state disposte comunque anche altre garanzie, sono queste:
- se c’è un giustificato motivo, il lavoratore disabile in prova può rifiutare di sottoporsi all’esperimento;
- la prova deve riguardare solo mansioni che siano compatibili con lo stato fisico o mentale della persona con disabilità;
- l’eventuale recesso da parte del datore di lavoro non può essere motivato da un rendimento lavorativo ridotto a causa della menomazione (in questo caso il recesso è da ritenersi nullo).
Lavoratore disabile, periodo di prova: relazione scritta
In caso di recesso il datore di lavoro ha l’obbligo di motivare con una relazione scritta le ragioni che lo hanno portato a dare un esito negativo alla messa in prova del lavoratore con disabilità.
La relazione scritta è un documento che nel caso ci fosse una contestazione da parte del dipendente potrebbe consentire a un giudice di valutare l’eventuale correttezza da parte del titolare dell’azienda.
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E anche accertarsi se – e purtroppo capita – lo strumento della messa alla prova non sia stato che un espediente per aggirare la normativa sul collocamento obbligatorio.
Ma del resto anche il lavoratore invalido, nel caso si arrivasse a una contestazione davanti al giudice, ha l’obbligo di dimostrare che il rigetto da parte del datore di lavoro sia stato discriminatorio, ovvero che fosse incentrato in particolare sulla incompatibilità tra la sua disabilità e la mansione che gli era stata richiesta.

Lavoratore disabile, periodo di prova: Corte Costituzionale
La Corte Costituzionale (sentenza numero 255 del 1989) ha stabilito che la messa alla prova nell’ambito del collocamento mirato, è ammessa perché la fonte del rapporto di lavoro si applica nel contratto privato di assunzione e non nell’atto dell’avviamento al lavoro.
Ma, come detto, sono obbligatorie queste tre condizioni:
- svolgimento della prova in mansioni compatibili con lo stato d’invalidità;
- non riferibilità dell’esito della prova a condizioni di minor rendimento dovuto all’invalidità;
- assoggettamento del giudizio negativo, reso dal datore di lavoro, al sindacato di legittimità, ma non di merito, dell’Autorità Giudiziaria.
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