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Opzione donna 2023: ora si vuole allargare la platea

Opzione donna 2023: ora si vuole allargare la platea dopo che l’ultima versione ha ristretto il numero delle beneficiare a 3mila.

di The Wam

Dicembre 2022

Opzione donna 2023, su questa misura il governo non trova una soluzione finale: dopo l’ultima formulazione il governo si è accorto che questo anticipo pensionistico potrebbe essere utilizzato da un numero esiguo di lavoratrici. (scopri le ultime notizie e poi leggi su Telegram tutte le news sulle pensioni e sulla previdenza. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegram e nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).

INDICE

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Opzione donna 2023: solo per 3mila

Riducendo l’accesso a Opzione donna alle sole lavoratrici con disablità (dal 74%), caregiver e dipendenti di aziende in crisi, e con 60 anni di età e 35 di contribuzione, le beneficiarie per il 2023 sarebbero non più di 3mila.

Se si considera poi che questa misura prevede anche una discreta penalizzazione sull’importo della pensione (calcolata solo con il contributivo) è assai probabile che ad accedere alla nuova Opzione donna potrebbero essere poche centinaia di persone. Come dire: una misura inutile.

Si pensa quindi a introdurre altre norme che consentano di allargare la platea delle possibili beneficiarie.

Su questo argomento puoi leggere un focus che spiega come avrebbe dovuto cambiare Opzione donna nelle intenzioni del governo; in un altro post “nuova Opzione donna per caregiver e fragili” avevamo invece anticipato la direzione verso la quale stava andando il governo Meloni; per comprendere meglio i dubbi dell’esecutivo c’è un articolo che si occupa della riformulazione di Opzione donna puoi leggere un post che spiega la prima marcia indietro del governo; o anche la decisione, poi non adottata, di aggiungere un criterio legato ai figli; per chi non conoscesse bene questa misura spieghiamo in un altro articolo quanto si perde con Opzione donna (che prevede solo il calcolo contributivo).

Opzione donna 2023: com’era prima

Opzione donna nel 2022 ha consentito alle lavoratrici dipendenti di andare in pensione a 58 anni (59 se autonome) con 35 anni di contribuzione. Una misura semplice, che ha permesso l’uscita anticipata di molte donne dal lavoro anche a costo di una riduzione sull’importo del trattamento pensionistico.

Si pensava che il governo avesse intenzione di confermarla per il 2023 senza toccarne l’impianto. Convinzione generata anche dalla possibilità, poi accantonata, di introdurre Opzione uomo, un’uscita anticipata riservata ai lavoratori e che ne ricalcava le caratteristiche (aumentando l’età pensionabile).

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Opzione donna 2023: quoziente figli

Invece l’esecutivo Meloni ha scelto di modificare la misura. Nella prima riforma del trattamento anticipato ha introdotto il quoziente figli.

Ha quindi alzato l’età di uscita a 60 anni, facendolo diminuire a seconda del numero di figli della lavoratrice. In questo modo:

Il quoziente figli ha suscitato qualche protesta e diversi dubbi di costituzionalità. Sembrava il governo volesse modificare la prestazione previdenziale. L’ha fatto, ma senza toccare il “quoziente”. Ha invece introdotto altri limiti che di fatto hanno reso quasi inaccessibile la misura.

Opzione donna 2023: fragili, caregiver, disoccupate

E infatti il provvedimento è approdato alle Camere con una versione ancora aggiornata. È rimasto il limite dei 60 anni (a decrescere con il numero di figli), ma la pensione anticipata è stata riservata solo ad alcune categorie:

Per effetto di tutti questi “paletti” il numero delle possibili beneficiarie è precipitato da 17.000 a 3.000. Con una spesa di 20,8 milioni, contro i 110 milioni della versione in vigore fino al 31 dicembre 2022.

Opzione donna 2023: nuova marcia indietro

Un calo delle beneficiarie potenziali che è stato ritenuto troppo drastico dallo stesso governo. A cosa serve introdurre una misura per consentire l’uscita anticipata dal lavoro se possono usufruirne solo pochissime lavoratrici? La risposta è ovvia: a quasi nulla.

Ma non solo: la nuova formulazione di Opzione donna renda questa uscita anticipata sovrapponibile all’Ape sociale, che per le stesse categorie, prevede un limite anagrafico di 63 anni, 30 anni di contribuzione e al compimento dei 67 anni non comporta penalizzazioni sull’importo della pensione (dai 63 ai 67 si può ricevere però un rateo mensile non superiore a 1.500 euro lordi).

Opzione donna 2023: ora si vuole allargare la platea

Opzione donna 2023: le 14mila escluse

In queste ore il governo sta verificando come allargare la platea delle aventi diritto, così da recuperare una buona parte delle 14mila lavoratrici che con la modifica sono state escluse.

Il problema sono i fondi. Si sta cercando di reperirli. Se l’operazione riesce, ma i tempi sono stretti, si potrebbe pensare a una Opzione donna molto più simile alla prima versione, magari con un requisito anagrafico un po’ più alto (i 60 anni appunto). Non ristretto solo alle categorie delle lavoratrici fragili, caregiver o disoccupate.

Anche per un altro motivo: se è vero che il governo non ha potuto proporre (sia per i tempi ridotti, sia per le scarse risorse) delle misure che andassero incontro a un’esigenza di maggiore flessibilità in uscita, è anche vero che le poche novità introdotte (Quota 103 al posto di Quota 102 e appunto Opzione donna modificata) hanno reso ancora più difficile l’accesso a una pensione anticipata.

Ci spieghiamo: nessuno si aspettava dei miglioramenti rispetto alla condizione attuale, ma non erano previsti neppure dei palesi peggioramenti.

La previdenza sociale è materia delicata e non si può procedere per tentativi. Il balletto sulla nuova Opzione donna e la deludente Quota 103 (potenzialmente non riguarda più di 48mila cittadini, che potrebbero però scegliere misure più vantaggiose aspettando solo 12 mesi), non sono un buon biglietto da visita, in attesa della riforma strutturale del sistema pensionistico attesa per il 2023. Vedremo.

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