Il cavallo di battaglia di Silvio Berlusconi e del suo partito sono le pensioni a mille euro. Una proposta, a dire la verità, già sentita negli anni e ciclicamente. Resta il fatto che realizzare una riforma del genere porterebbe dei costi molto elevati. Circa 30 miliardi di spesa pensionistica in più all’anno. Ma vediamo nel dettaglio quanto costa l’innalzamento delle pensioni a mille euro. (scopri le ultime notizie e poi leggi su Telegram tutte le news sulle pensioni e sulla previdenza. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegram e nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).
INDICE
- Pensioni a mille euro: abolire il reddito di cittadinanza
- Pensioni a mille euro: taglio della spesa pubblica
- Pensioni a mille euro: le proposte negli anni
- Pensioni a mille euro: i costi
- Pensioni a mille euro: pericoli di iniquità
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Pensioni a mille euro: abolire il reddito di cittadinanza
«Si deve agire su due fonti: l’abolizione del Reddito di cittadinanza e la riduzione della spesa pubblica», questa la soluzione ipotizzata dal coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani intervistato a Mezz’ora in più, programma diretto da Lucia Annunziata.
Partiamo dall’abolizione del Reddito di cittadinanza. Una scelta di questo tipo porterebbe non pochi problemi, a partire dal fatto che non esisterebbe più uno strumento universale di contrasto alla povertà.
Fermo restando che abolire tale strumento non sia proprio una cosa semplice e immediata per diversi motivi (che spieghiamo qui). Ad ogni modo, le risorse recuperate dall’abolizione del reddito di cittadinanza coprirebbero meno di un terzo del costo annuo dell’aumento delle pensioni.
Secondo i dati Inps, infatti, nel 2021 il reddito di cittadinanza è costato 8,3 miliardi di euro. Il dato sale a 8,8 miliardi se si considera anche il costo della pensione di cittadinanza, ma non avrebbe molto senso tagliare le pensioni con una mano per poi compensare il taglio aumentandole con l’altra.
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Pensioni a mille euro: taglio della spesa pubblica
Dalla riduzione della spesa pubblica, invece, dovrebbero arrivare altri 22 miliardi di euro. Per fare qualche confronto, secondo la Corte dei conti la spesa in retribuzioni dei dipendenti pubblici nel 2019 ammontava a circa 173 miliardi di euro. Se si volesse agire solo sui salari dei dipendenti pubblici, quindi, occorrerebbe ridurli in media del 12,6 per cento.
Un modo efficace per ridurre la spesa pubblica è quello di renderla più efficiente, per esempio riformando la pubblica amministrazione. Guardando alle scelte di Forza Italia nel decidere le sorti del governo Draghi, però, il partito risulta poco credibile nel portare avanti una politica di questo tipo.
La riforma della Pa, infatti, era in mano al ministro Renato Brunetta. È ovvio che con la caduta del governo Draghi – di cui Forza Italia ne è stata protagonista – tale operazione è rimasta incompiuta.
Pensioni a mille euro. Vediamo adesso le proposte fatte negli anni.
Pensioni a mille euro: le proposte negli anni
Pensioni a mille euro? Ecco i tentativi di innalzare le pensioni negli anni.
Già nel 2001 Berlusconi aveva proposto di alzare le pensioni minime. All’epoca l’importo da raggiungere, secondo il leader di Forza Italia, era di un milione di lire. Con l’entrata in vigore dell’euro Silvio non ha lasciato, ma raddoppiato. Tanto che la proposta è entrata a pieno titolo nel programma elettorale di Forza Italia..
La stessa promessa la fece all’epoca delle elezioni amministrative, nel 2017: «Oggi nessuno anziano può vivere con una pensione minima di 500 euro: oggi è doveroso e indispensabile aumentare almeno a mille euro i minimi pensionistici. Nessun anziano deve essere escluso da questa misura, comprese le nostre mamme che hanno lavorato tutti i giorni a casa e che devono poter avere una vecchiaia dignitosa».
Corsi e ricorsi storici. Con lo stesso copione per giunta. Ancora nel 2019: «Una delle cose che faremo noi col prossimo governo è aumentare a 1000 euro, per tredici mensilità, le pensioni minime». Et voilà.
Quando, però, le promesse si tradussero in legge, si imposero delle limitazioni per evitare che il costo aggiuntivo fosse troppo elevato.
Al riguardo proponiamo questo approfondimento.
Pensioni a mille euro: i costi
Pensioni a mille euro? Vediamo i costi.
Come riportato da Giuliano Cazzola su Start Magazine, infatti, i dati Inps aggiornati al 2018 indicano che le pensioni pari o inferiori al minimo sono circa 7,9 milioni, ma i beneficiari sono in totale 2 milioni e 254 mila.
Il motivo è che spesso a una pensione media o alta si vanno a sommare prestazioni di importo inferiori (per esempio, pensioni di reversibilità). L’importo minimo delle pensioni integrate nel 2022 è di 524 euro, che salgono a 660 se si considerano quelle interessate dal rialzo previsto dal Governo Berlusconi nel 2001. Un rialzo dei minimi comporterebbe quindi un aumento considerevole dell’assegno, anche se ci si limitasse a chi non ha altri redditi.
Queste pensioni, poi, sono spesso già frutto di un contributo sostanziale da parte dello Stato. Si tratta infatti soprattutto di prestazioni assistenziali, ossia riconosciute per particolari condizioni economiche del beneficiario, senza che vi sia stato un versamento di contributi, o comunque con un versamento di contributi solo parziale. È il caso, per esempio, delle pensioni sociali o di cittadinanza.
Come detto, non è semplice calcolare il costo di una misura di questo tipo, ma, utilizzando i dati dal nono rapporto annuale di Itinerari Previdenziali sui beneficiari e sulla spesa pensionistica, si possono proporre due stime: una che consideri uno scenario in cui la totalità delle prestazioni assistenziali (il cui importo medio è inferiore a 13 mila euro annui) venisse integrato fino ad arrivare a mille euro mensili, e un’altra, più conservativa, che consideri che ciascun beneficiario di pensione minima ottenga un solo assegno pari all’importo medio.
Le pensioni assistenziali sono 4.345.048, per un importo medio di 5.799 euro annui. Per arrivare a 13 mila euro occorre un’integrazione di 7.201 euro annui per ciascuna prestazione, per una spesa totale di 31 miliardi, da sommare ai 25 che già si spendono per questo tipo di pensioni.
Le pensioni assistenziali peserebbero così per 56 miliardi sulle casse dell’Inps.
Per quanto riguarda la seconda stima, le pensioni non superiori al minimo costano ogni anno poco più di otto miliardi alle casse dello Stato, per un importo medio lordo di 3791,39 euro per 2.153.890 individui.
Per integrare le pensioni di ciascun beneficiario fino a 13 mila euro annui occorrerebbe spendere poco più di 9 mila euro pro capite in più all’anno, per un totale di 19,8 miliardi. Un incremento della spesa del 200 per cento.
Peraltro, bisogna considerare il fatto che anche le pensioni fino a due volte al minimo sono per la maggior parte inferiori ai mille euro mensili (arrivano al massimo fino a 1031 euro), con un importo medio annuo di poco più di 9 mila euro. Considerando anche le pensioni fino a due volte il minimo (altri 3,8 milioni di pensionati), il costo aumenterebbe di altri 13 miliardi. In totale, quindi, la misura proposta da Berlusconi potrebbe costare circa 33 miliardi secondo questo secondo calcolo.

Pensioni a mille euro: pericoli di iniquità
L’aumento delle pensioni a mille euro potrebbe portare un forte disincentivo al lavoro regolare, in particolare con il regime contributivo che caratterizza il sistema italiano ormai dal 1995. Quale sarebbe l’incentivo a pagare i contributi, se poi si otterrà in ogni caso una pensione di mille euro una volta ritirati dal lavoro?
Un po’ lo stesso discorso che oggi fa la coalizione di centrodestra sul reddito di cittadinanza, considerato strumento «parassitario», che «disincentiva al lavoro» e che allo stesso tempo «incentiva al lavoro nero». E proprio in tema coalizioni notiamo anche che la proposta del presidente forzista può diventare un valido elemento di trait d’union con Matteo Salvini che sulla previdenza non fa sconti.
Già, perché per il leader leghista «non c’è tempo da perdere e i problemi delle famiglie sono bollette, mutui e riforme non fatte per i no di Pd e Cinque Stelle». «Il centrodestra – continua – sarà compatto sulla riforma delle pensioni, perché il primo gennaio ritornerebbe la scellerata legge Fornero. La proposta della Lega che offriremo a tutto il centrodestra è quota 41.
In poche parole la proposta del carroccio è quella di uscire con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età. Una sorta di quella che era la vecchia pensione di anzianità prima della riforma Fornero. Con la differenza che i contributi necessari erano 40. E l’obiettivo è proprio quello per l’ex ministro dell’Interno.
La riforma Fornero va eliminata e giù di lì con tutte queste “surroghe” per fare in modo che l’idea dell’ex ministra del Lavoro perda di efficacia. Un po’ come sono state Quota 100, Quota 102, Ape sociale e Opzione donna che ricordiamo che dal primo gennaio 2023 spariranno, sancendo di fatto il ritorno alle Fornero.
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