In pensione a 61 anni con la Quota 102 bis

In pensione a 61 anni con la Quota 102 bis: è una delle ipotesi più credibili per la flessibilità in uscita dei lavoratori. Resta comunque la necessità di avere 41 anni di contribuzione. Non viene ancora esclusa Opzione Uomo (in pensione a 58 anni). Verso la conferma Ape Sociale e Opzione Donna.

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6' di lettura

In pensione a 61 anni con  la Quota 102 bis, una misura che dovrebbe sostituire entro due mesi la tradizionale Quota 102, in uscita a 64 anni con 38 di contributi. (scopri le ultime notizie e poi leggi su Telegram tutte le news sulle pensioni e sulla previdenza. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegram e nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).

INDICE

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Il cantiere della riforma previdenziale è aperto e nel breve tempo che manca al primo gennaio 2023, si cercano soluzioni per evitare che i cittadini si trovino di fronte solo quel muro quasi invalicabile della Legge Fornero (in pensione a 67 anni, con un minimo contributivo di 20).

Su questo argomento potresti anche leggere cos’è la Quota 41con limite d’età; o un post che spiega come una riforma delle pensioni potrebbe costare 100 miliardi; c’è infine un focus che spiega qual è l’orientamento sul tema del governo Meloni.

Quota 102 dovrebbe sparire dai radar il 31 dicembre. Così come è accaduto lo scorso anno con Quota 100. In attesa di conferme ci sono anche Opzione Donna e Ape Sociale. Le altre due misure che in questi anni (insieme alla pensione ai precoci) hanno garantito un minimo di flessibilità in uscita. 

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Nei giorni scorsi è circolata un’altra ipotesi: in pensione a 60 anni, con 35 di contributi. Ma non è una proposta che arriva dalla politica. È stata formulata dai consulenti del lavoro. Farebbe felici molti contribuenti, ma non sembra la direzione giusta: la misura sarebbe infatti assai onerosa per i bilanci della previdenza.

Leggi quali sono le date di tutti i prossimi pagamenti in arrivo a ottobre e chi andrà in pensione nel 2023, 2024 e 2025.

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In pensione a 61 anni con la Quota 102 bis: trattativa

Ripartirà a brevissimo (ora il governo c’è, inutile perdere tempo) il confronto tra esponenti dell’esecutivo e i sindacati per definire i contorni di una riforma previdenziale che non può essere più rinviata.

Nei mesi scorsi il faccia a faccia con il presidente Draghi aveva fornito delle indicazioni di massima, ma l’accordo non è mai stato raggiunto.

In pensione a 61 anni con la Quota 102 bis: ipotesi Draghi

Come si ricorderà l’ex presidente del Consiglio aveva proposto una uscita a 64 anni, ma con il calcolo dell’importo solo con il sistema contributivo.

I sindacati hanno invece avanzato una doppia ipotesi:

  • la prima, tutti i pensione e a qualsiasi età con 41 anni di contributi;
  • la seconda, pensione anticipata a partire dai 62 anni (e almeno 20 anni di contributi).

La trattativa con il nuovo esecutivo riparte proprio da queste due alternative.

In pensione a 61 anni con la Quota 102 bis: costi

I tecnici sono al lavoro per calcolare i costi complessivi di queste due misure. Senza capire prima quanto siano onerose è inutile iniziare un discorso serio. Si rischia altrimenti lo stesso flop di Quota 100, fatta passare dalla Lega (nel governo insieme ai 5Stelle) come la soluzione dei problemi previdenziali e rivelatasi poi così costosa da mettere in bilico i bilanci della previdenza.

In pensione a 61 anni con la Quota 102 bis: la proposta

Anche l’Inps ha chiesto delle simulazioni. E c’è una prima ipotesi che potrebbe rivelarsi più convincente: Quota 102 bis. In pratica una quota 41 più soft. La proposta è questa: si va in pensione a partire dai 61 anni di età con un minimo contributivo di 41 anni.

Il costo previsto per questa misura sarebbe di 700 milioni di euro per il primo anno.

 Sostenibile. In linea con i conti pubblici  e una manovra di Bilancio che quest’anno non può essere certo di manica larga (c’è l’emergenza bollette, ma anche la rivalutazione di tutte le pensioni dopo un anno di inflazione record).

In pensione a 61 anni con la Quota 102 bis: Opzione Uomo

È comunque una possibilità di tipo tecnico. Una valutazione dello stesso tipo è stata fatta anche per Opzione Uomo (la proposta è da Fratelli d’Italia), ovvero in pensione a 58 anni con 35 di contributi. Il calcolo è solo contributivo e questo comporta un taglio degli importi che può essere del 30% soprattutto per chi ha molti anni “lavorati” prima del 1996 (quelli, per intenderci, determinati con il retributivo).

Opzione Uomo sarebbe sostenibile per i conti pubblici, in particolare nel medio e lungo periodo (quando chi andrà in pensione sarà un contributivo puro, ovvero fra dieci anni). Ma non piace ai sindacati perché la misura viene ritenuta troppo penalizzante per i cittadini. 

La Cgil ha infatti dichiarato: i costi della riforma delle pensioni non possono essere tutti scaricati sulle spalle dei pensionati.

In pensione a 61 anni con la Quota 102 bis: proroghe

Ma torniamo a Opzione donna e all’Ape sociale (in pensione a 63 anni, con 30 o 36 anni di contribuzione, per lavoratori fragili, disoccupati, caregiver e per chi ha svolto lavori gravosi o usuranti. Su Invaliditaediritti.it la guida completa).

Queste due misure sono in scadenza il 31 dicembre del 2022. Dovrebbero essere prorogate, molto probabilmente fino al 2026. Anche perché si sono dimostrate sostenibili e hanno consentito una certa flessibilità in uscita nonostante la Fornero.

In pensione a 61 anni con la Quota 102 bis

In pensione a 61 anni con la Quota 102 bis: flessibilità e sostenibilità

C’è comunque una certa fibrillazione sull’argomento. La questione pensioni è al centro del dibattito anche nel nuovo esecutivo. Si cerca di consentire ai cittadini una maggiore flessibilità in uscita da subito. Sul lungo termine l’obiettivo è invece quello di assicurare anche ai giovani un sistema previdenziale certo ed efficiente. Anche per questo (ma non solo) si discute di sostenibilità della spesa. Non dimenticando un dato con il quale il Paese dovrà fare i conti a lungo: il costante calo delle nascite ha comportato un invecchiamento importante della popolazione. Il che significa che nel giro di qualche anno le persone in pensione saranno più di quelle che lavorano. Una proporzione di questo tipo non c’è mai stata in Italia e mette in bilico inevitabilmente l’equilibrio del sistema previdenziale.

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