Oggi vedremo insieme come si accede alla pensione con 20 anni di contributi e gestione separata (scopri le ultime notizie sulle pensioni e su Invalidità e Legge 104. Leggile gratis su WhatsApp, Telegram e Facebook).
Indice
Cos’è la gestione separata?
La gestione separata è stata istituita nel 1995, in seguito alla riforma Dini (legge 335 del 1995), con il DM 282 del 1996.
Alla gestione separata si iscrivono i lavoratori autonomi che non hanno l’obbligo di iscrizione alle proprie Casse professionali: questi sono tenuti a versare i contributi previdenziali in gestione separata.
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Gestione separata: chi vi accede?
Accedono alla gestione separata anche:
- chi fornisce una collaborazione coordinata e continuativa;
- i lavoratori autonomi occasionali quando guadagnano più di 5.000 euro l’anno e devono aprire la partita IVA;
- chi frequenta un dottorato con una borsa di studio, ha un assegno di ricerca o è un medico con un contratto specialistico;
- i volontari del servizio civile;
- i venditori a domicilio che lavorano in modo autonomo.
Cosa assicura la gestione separata?
Questo fondo previdenziale e assistenziale dell’INPS assicura all’iscritto:
- prestazioni previdenziali (di vecchiaia, anticipata, l’Assegno ordinario di invalidità e la pensione di inabilità lavorativa);
- pensione supplementare;
- supplemento di pensione;
- pensione ai superstiti (pensione di reversibilità e pensione indiretta).
Gestione separata: quali regole per la pensione?
Ma gli iscritti alla gestione separata devono rispettare requisiti diversi per conseguire le prestazioni pensionistiche?
No, la circolare dell’INPS numero 35 del 2012 ha confermato che per accedere alle varie tipologie di pensioni basta rispettare gli stessi requisiti previsti per gli iscritti all’AGO o per i lavoratori autonomi.
Le uniche differenze sono:
- il calcolo dell’assegno maturato con i contributi versati in gestione separata avviene esclusivamente col metodo contributivo;
- a differenza dei contributivi puri dell’AGO, è prevista la possibilità, per l’iscritto alla gestione separata, di chiedere e ottenere (se in possesso dei requisiti reddituali previsti) l’integrazione al minimo.
Quindi, l’accesso alla pensione di vecchiaia avviene sempre a 67 anni di età e con 20 anni di contributi, pure se questi sono versati in gestione separata.
Gli stessi parametri sono previsti per l’accesso alla pensione anticipata contributiva (64 anni di età e 20 anni di contributi versati dal 1996 in poi, con assegno pari o superiore a 2,8 volte l’importo dell’Assegno sociale) e per la pensione di vecchiaia contributiva (71 anni di età e almeno 5 anni di contributi versati dal 1996 in poi).
Gestione separata: cumulo, totalizzazione e computo dei contributi
Ma chi, precedentemente al 31 dicembre 1995, aveva una contribuzione versata presso altri fondi pensionistici, cosa deve fare?
Quando i periodi nella gestione separata sono irrisori al punto tale da non poter dare luogo a una pensione, è possibile cumulare i contributi versati in gestione separata con quelli versati nel fondo pensionistico precedente, attraverso il cumulo o la totalizzazione nazionale dei contributi.
Inoltre, per gli iscritti alla gestione separata, è previsto il computo dei contributi: è possibile convogliare gratuitamente tutti i contributi sparsi nelle altre gestioni, nella gestione separata, per conseguire un’unica prestazione pensionistica.
Pensione con 20 anni di contributi e gestione separata: quanto spetta?
Dunque, abbiamo detto che la pensione con 20 anni di contributi e gestione separata segue le stesse regole previste per gli iscritti all’AGO e per i lavoratori autonomi.
E che il calcolo della pensione avviene col metodo contributivo. Prendiamo come esempio un lavoratore di 67 anni di età, iscritto alla gestione separata, che con 20 anni di contributi e una retribuzione lorda annua di 25.000 euro vuole andarsene in pensione.
Per calcolare il suo assegno dovremo individuare il suo montante contributivo: l’aliquota contributiva e di computo per gli iscritti in via esclusiva alla gestione separata è pari al 33% (come per i lavoratori dipendenti), secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 79, della legge numero 92 del 28 giugno 2012.
Significa che per ogni anno di lavoro, l’iscritto ha versato il 33% della sua retribuzione lorda annua all’interno di un “paniere” che diventerà la base di calcolo della sua pensione.
Quindi, il 33% di 25.000 euro è 8.250 euro, moltiplicato per 20 anni di contributi è pari a 165.000 euro, l’importo del montante contributivo. Su questo valore si applica il coefficiente di trasformazione, che a 67 anni è del 5,72%.
Il 5,72% di 165.000 euro è 9.438 euro, l’importo lordo di un anno di pensione, circa 726 euro lordi al mese, pari a 500 euro netti al mese.
Con una retribuzione lorda annua più elevata (ad esempio 30.000 euro), avremo una pensione di 871 euro lordi al mese, circa 600 euro netti; con una retribuzione più bassa (ad esempio 23.000 euro), avremo una pensione di circa 670 euro lordi al mese, pari a 470-480 euro netti al mese.

Faq sulla pensione
Come si calcola la pensione netta dalla pensione lorda?
Per calcolare la pensione netta a partire dalla pensione lorda, bisogna sottrarre l’IRPEF, il Bonus IRPEF (l’ex Bonus Renzi) e le addizionali comunali e regionali. A queste sottrazioni si aggiungono poi le detrazioni spettanti, fino a ottenere il valore netto. La pensione viene erogata al pensionato in maniera netta, con un importo detassato e migliorato per le detrazioni spettanti.
Che cos’è l’IRPEF e come influisce sulla pensione?
L’IRPEF è un’imposta che viene applicata anche ai redditi da lavoro e, di conseguenza, influisce sul calcolo della pensione. L’IRPEF va a agire sulla pensione lorda, trattenendo una quota di essa per il fisco. Esistono 4 scaglioni di IRPEF applicati a seconda della fascia di reddito. Ad esempio, su un reddito di 13.000 euro, bisogna versare il 23% di IRPEF, quasi 3.000 euro all’anno.
Quali documenti sono necessari per ottenere l’integrazione al minimo per la pensione?
Per ottenere l’integrazione al minimo, che spetta a chi soddisfa determinati requisiti reddituali, è necessario presentare il Modello RED aggiornato all’anno in corso. Il Modello RED è una dichiarazione dei redditi che i pensionati devono obbligatoriamente presentare per l’ottenimento di particolari prestazioni collegate alla propria situazione reddituale o a quella del proprio nucleo familiare.
Come si calcola l’importo del supplemento di pensione?
Ci sono tre metodi diversi per il calcolo del supplemento di pensione, a seconda delle anzianità contributive acquisite: se queste sono state acquisite dal primo gennaio 2012, il calcolo si effettua con il sistema contributivo; se sono state acquisite entro il 31 dicembre 2011, il calcolo si effettua con lo stesso criterio utilizzato per la liquidazione della pensione; per i pensionati con periodi di lavoro in stati extra – UE convenzionati con l’Italia, il calcolo del supplemento segue i criteri definiti dalla convenzione internazionale.
Quando sono previsti tagli sulla pensione di reversibilità?
Se il reddito annuo del beneficiario è compreso tra 21.985,86 euro e 29.314,48 euro, si applica un taglio del 25% sull’importo della pensione di reversibilità. Se il reddito annuo è compreso tra 29.31448 euro e 36.643,10 euro, il taglio applicato è del 40%. Infine, con un reddito superiore a 36.643,10 euro, si applica un taglio del 50%.
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