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Pensione contributiva o retributiva

Pensione contributiva o retributiva: quali sono le caratteristiche dei due sistemi di calcolo, le differenze e quale conviene di più?

Carmine Roca è un giornalista esperto in pensioni e fisco.
Conoscilo meglio

7' di lettura

In questo approfondimento chiariremo cosa conviene di più tra pensione contributiva o retributiva: vediamo insieme tutte le differenze (scopri le ultime notizie sulle pensioni e su Invalidità e Legge 104. Leggile gratis su WhatsApp, Telegram e Facebook).

Pensione contributiva o retributiva: premessa

Quando parliamo di pensione contributiva o retributiva ci riferiamo ai due differenti modi di calcolare la pensione, in base al periodo in cui è maturata l’anzianità contributiva.

Con la riforma delle pensioni approvata dal governo Dini nel 1995, i lavoratori e le lavoratrici italiani/e hanno avuto modo di conoscere, loro malgrado, il metodo contributivo, che ha rappresentato uno spartiacque per il sistema previdenziale italiano.

Fino al 1995, la pensione veniva calcolata esclusivamente col metodo retributivo, con il quale veniva preso come riferimento l’importo della retribuzione lorda annua percepita dal lavoratore o dalla lavoratrice negli ultimi anni della sua vita lavorativa (più altri elementi, altrettanto importanti).

Il metodo retributivo è stato particolarmente vantaggioso per i lavoratori e le lavoratrici andati in pensione fino al 1995, poiché generalmente le retribuzioni percepite negli ultimi anni di carriera sono di importo più alto rispetto alle prime retribuzioni, ricevute a inizio carriera.

Cosa determinava tutto questo? Sicuramente una buona pensione, quasi dello stesso importo dell’ultimo stipendio percepito. Ma anche una grossa spesa per il sistema previdenziale italiano, che nella metà degli anni Novanta si è ritrovato costretto a introdurre un sistema di calcolo molto meno favorevole, quello contributivo.

Ecco perché la riforma Dini del 1995 e la data del 31 dicembre 1995 sono considerate uno spartiacque per le pensioni: da qui in poi nulla è stato come prima.

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Pensione contributiva o retributiva: quale conviene?

Come visto in precedenza, il governo Dini ha rivoltato il sistema previdenziale italiano nel 1995, introducendo un nuovo sistema di calcolo misto, così strutturato:

  • per i lavoratori con almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, si continuava ad applicare il metodo retributivo;
  • per i lavoratori con meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 si applicava un criterio misto: retributivo per i contributi versati fino al 1995 e contributivo per gli anni successivi;
  • per i lavoratori con contributi versati solo a partire dal 1° gennaio 1996, si applicava invece il solo criterio contributivo.

Differenze tra pensione contributiva e retributiva

A questo punto dobbiamo spiegarvi quali sono le differenze tra pensione contributiva e pensione retributiva.

Possiamo riassumerle con questa tabella:

SISTEMA DI CALCOLOCARATTERISTICHE
Sistema retributivoIl calcolo della pensione si basa su anzianità contributiva, retribuzione e aliquota di rendimento (2%). Si moltiplica l’aliquota per gli anni di contributi versati e il risultato si applica sulla retribuzione lorda annua percepita.
Sistema contributivoIl calcolo della pensione tiene soprattutto conto dei contributi versati. Bisogna individuare il montante contributivo (l’insieme di quote di retribuzione accantonate in carriera, moltiplicato per gli anni di contributi) e al risultato applicare il coefficiente di trasformazione.
Caratteristiche pensione contributiva o retributiva: tabella

Pensione retributiva: come si calcola?

Iniziamo con la più “antica”. Il sistema retributivo, come detto in precedenza, è stato particolarmente apprezzato dai lavoratori e dalle lavoratrici, che si sono ritrovati/e con pensioni decisamente buone anche con un’anzianità contributiva non eccessivamente elevata.

Il sistema retributivo per il calcolo della pensione si basa su:

  1. anzianità contributiva (anni di contributi versati);
  2. la retribuzione e/o reddito;
  3. un’aliquota di rendimento (il 2% del reddito medio annuo).

Calcoli alla mano, se prendessimo un lavoratore di 67 anni di età, con un reddito medio annuo lordo di 30.000 euro e un’anzianità contributiva di 40 anni, andremo a moltiplicare l’aliquota di rendimento (2%) per gli anni di contributi versati (40), ottenendo come risultato 80% da applicare sul reddito lordo annuo.

  • 30.000 x 80% = 24.000 euro di pensione lorda annua.

Il sistema di calcolo si divide in due quote:

  1. quota A: anzianità contributiva al 31-12-1992, media dei redditi degli ultimi 5 anni per i lavoratori dipendenti e degli ultimi 10 per i lavoratori autonomi;
  2. quota B: anzianità contributiva dal 1-1-1993, media dei redditi degli ultimi 10 anni per i lavoratori dipendenti e degli ultimi 15 per i lavoratori autonomi.

Pensione contributiva: come si calcola?

Il sistema contributivo, invece, non tiene solo conto della retribuzione lorda annua, quando, invece, dell’anzianità contributiva maturata dal lavoratore o dalla lavoratrice.

Per calcolare la pensione col sistema contributivo è necessario:

  • conoscere la retribuzione annua del lavoratore dipendente (o il reddito annuo del lavoratore autonomo);
  • calcolare i contributi di ogni anno per l’aliquota vigente;
  • individuare il montante contributivo (la somma dei contributi versati e rivalutati secondo i parametri ISTAT);
  • applicare il coefficiente di trasformazione, in base all’età del lavoratore.

Facciamo un esempio pratico. Prendiamo un lavoratore di 67 anni, con una retribuzione lorda annua di 28.000 euro, che va in pensione nel 2023 con 27 anni di contributi versati tutti a partire dal 1° gennaio 1996.

Un lavoratore dipendente accantona il 33% di ogni anno di retribuzione in un “paniere” che formerà il montante contributivo a fine carriera: il 33% di 28.000 euro è 9.240 euro, moltiplicato per 27 anni di contributi ci dà come risultato 249.480 euro.

Sull’importo del montante contributivo si applica il coefficiente di trasformazione, che trasforma il montante in pensione. A 67 anni di età, il coefficiente è del 5,72%.

Il 5,72% di 249.480 euro è 14.270 euro, ovvero l’importo lordo di un anno di pensione, pari a circa 1.100 euro lordi al mese, intorno agli 800 euro netti al mese.

Pensione contributiva o retributiva: conclusioni

Abbiamo visto quali sono le differenze tra pensione contributiva o retributiva, notando chiaramente quanto fosse più conveniente andare in pensione prima del 1996 rispetto ad oggi.

Senza dimenticare che, con la riforma Fornero del 2011, a partire dal 1° gennaio 2012 il metodo contributivo è stato esteso anche a chi aveva meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995.

Pensione contributiva o retributiva
Pensione contributiva o retributiva: in foto un punto interrogativo disegnato su un post-it.

Faq sulla pensione

Come saranno le pensioni per coloro che oggi hanno 40 anni?

Le previsioni non sono molto confortanti, come riportato dalla Corte dei Conti, attraverso un rapporto sul coordinamento della finanza pubblica. A meno che non si lavori nel settore della sanità o delle forze armate, dove il trattamento pensionistico potrebbe essere adeguato.

Quanti lavoratori che hanno un reddito lordo inferiore a 20.000 euro annui?

Il 40,0% di questi lavoratori ha un reddito lordo inferiore a 20.000 euro annui. Lo studio condotto ha preso in considerazione queste categorie di lavoratori: dipendenti privati, lavoratrici dipendenti private, lavoratori autonomi artigiani, lavoratori autonomi commercianti, lavoratori autonomi coltivatori diretti, lavoratori autonomi parasubordinati, lavoratori in mobilità e i disoccupati, lavoratori del settore sanitario, lavoratori delle Forze Armate.

Perché i giovani andranno in pensione a 74 anni?

Gli under 35 andranno in pensione a 74 anni se vogliono sperare in un assegno pensionistico dignitoso, leggermente superiore a 1.000 euro netti. Questo dato emerge da una ricerca condotta dal Consiglio nazionale dei giovani e da Eures sulla “Situazione contributiva e futuro pensionistico dei giovani”.

Quali sono gli importi medi per le pensioni di domani?

Con le regole correnti, le stime mostrano che gli under 35 potrebbero teoricamente pensionarsi dopo il 2050, a 66,3 anni, ma avrebbero diritto a un assegno medio di 1.044 euro lordi (poco più di 800 euro netti). Per avere un assegno pensionistico dignitoso, di 1.577 euro (1.099 netti), sarebbe necessario posticipare il pensionamento fino a 73,6 anni, cioè dopo oltre 52 anni di presenza nel mercato del lavoro.

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