Oggi vi parliamo di pensione minima con 35 anni di contributi: quanto si prende al mese con questa anzianità contributiva? Ecco alcuni esempi di calcolo (scopri le ultime notizie sulle pensioni e su Invalidità e Legge 104. Leggile gratis su WhatsApp, Telegram e Facebook).
Indice
Pensione minima con 35 anni di contributi: misure e requisiti
Per sapere a quanto ammonta la pensione minima con 35 anni di contributi, è necessario chiarire che, con quest’anzianità contributiva, è possibile accedere a diverse tipologie di pensione:
- pensione di vecchiaia (al compimento dei 67 anni di età);
- Opzione Donna (con 60 anni di età oppure 59 anni – con un figlio avuto – o 58 anni – con due figli avuti, se appartenenti a determinate categorie tutelate);
- pensione per lavori usuranti (con almeno 61,7 anni di età);
- Ape Sociale (con 63 anni di età e almeno 30 anni di contributi versati, non sono inclusi i lavoratori impiegati in mansioni gravose, ai quali occorrono 36 anni di contributi).
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Pensione minima con 35 anni di contributi: cosa incide sull’importo?
L’importo della pensione dipende da tre fattori:
- l’età del lavoratore o della lavoratrice;
- il periodo in cui sono stati maturati gli anni di contributi;
- il numero di anni di contributi.
Pensione minima con 35 anni di contributi: la pensione di vecchiaia
Con 35 anni di contributi versati si può tranquillamente accedere alla pensione di vecchiaia, al compimento dei 67 anni di età.
Per il calcolo dell’importo dell’assegno, essendo stati versati i contributi prima e dopo il 1996, utilizzeremo il sistema misto, che tiene conto di due quote: la prima calcolata con le regole del retributivo, per i contributi versati sino al 31 dicembre 1995 e la seconda calcolata con le regole del contributivo, per i contributi maturati a partire dal 1° gennaio 1996.
Prendiamo come esempio un lavoratore dipendente di 67 anni, con 35 anni di contributi versati, di cui 10 anni sino al 1995 e 25 anni a partire dal 1996, con una retribuzione lorda annua di 28.000 euro.
Per la prima quota moltiplicheremo l’aliquota di rendimento del 2% per gli anni di contributi versati sino al 1995 (10) e il risultato (20%) lo applicheremo alla media delle ultime retribuzioni percepite. Con un calcolo sommario, la prima quota potrebbe avere un importo di 6.000 euro.
Per la seconda quota dobbiamo individuare il montante contributivo: per ogni anno di lavoro, un dipendente mette da parte il 33% della sua retribuzione. A fine carriera (moltiplicando il valore annuo per gli anni di contributi versati), il nostro lavoratore ha accumulato un montante contributivo di circa 235.000 euro.
Su questo valore si applica il coefficiente di trasformazione che, a 67 anni, è del 5,723%. Il 5,72% di 235.000 euro è 13.440 euro, il valore della seconda quota. Sommando le due quote (6.000 euro e 13.440 euro) avremo l’importo lordo di un anno di pensione: 19.440 euro, circa 1.500 euro lordi al mese, pari a 1.100 euro netti al mese.
Con una retribuzione più bassa (ad esempio 25.000 euro), il nostro lavoratore percepirebbe una pensione di circa 1.350 euro lordi al mese, pari a meno di 1.000 euro netti al mese. Con una retribuzione più alta (ad esempio 30.000 euro), il nostro lavoratore maturerebbe una pensione di 1.600 euro lordi al mese, pari a circa 1.200 euro netti al mese.
Pensione minima con 35 anni di contributi e un’età inferiore a 67 anni
Abbiamo visto, con gli esempi precedenti, che più bassa è la retribuzione, più basso sarà l’importo della pensione.
Ma quello economico non è l’unico fattore a influenzare il valore dell’assegno pensionistico. A pesare è anche l’età anagrafica.
Prendiamo un lavoratore di 62 anni, impiegato in lavori usuranti, con 35 anni di contributi e una retribuzione di 28.000 euro lordi annui.
Utilizzando gli stessi esempi di prima, ci renderemo conto che l’età anagrafica più bassa (62 anni anziché 67 anni per la pensione di vecchiaia) ha un impatto negativo sull’importo della pensione.
Questo perché il coefficiente di trasformazione applicato al montante contributivo ha una percentuale inferiore (4,882% anziché 5,723%). A parità di anni di contributi e di retribuzione, con un’età anagrafica più bassa maturerà una pensione lorda annua di circa 17.300 euro, oltre 2.000 euro in meno rispetto alla pensione che percepirebbe, lo stesso lavoratore, se avesse 67 anni di età.
Pensione minima con 35 anni di contributi e il sistema contributivo
Ma a pesare, molto, sull’importo della pensione minima con 35 anni di contributi è anche il sistema di calcolo utilizzato.
La misura più penalizzante di tutte è sicuramente Opzione Donna, a causa del ricalcolo dell’assegno con il metodo contributivo, anche per i contributi versati prima del 1996.
Per calcolare la pensione di una lavoratrice di 60 anni, con 35 anni di contributi e una retribuzione di 28.000 euro, dovremo individuare il suo montante contributivo, che sarà di circa 325.000 euro.
Su questo valore applicheremo un coefficiente di trasformazione del 4,615%, che ci restituirà un importo lordo di pensione annua di poco inferiore a 15.000 euro, circa 800 euro netti al mese di pensione.
Se la lavoratrice avesse avuto due o più figli, avrebbe potuto andare in pensione già a 58 anni, percependo un assegno ancora più basso, a causa del coefficiente di trasformazione ancora più ridotto (4,378%). Con un calcolo sommario, la sua pensione sarebbe di circa 14.200 euro lordi annui, circa 700 euro netti al mese.

Faq sulla pensione
Come si calcola la pensione netta dalla pensione lorda?
Per calcolare la pensione netta a partire dalla pensione lorda, bisogna sottrarre l’IRPEF, il Bonus IRPEF (l’ex Bonus Renzi) e le addizionali comunali e regionali. A queste sottrazioni si aggiungono poi le detrazioni spettanti, fino a ottenere il valore netto. La pensione viene erogata al pensionato in maniera netta, con un importo detassato e migliorato per le detrazioni spettanti.
Che cos’è l’IRPEF e come influisce sulla pensione?
L’IRPEF è un’imposta che viene applicata anche ai redditi da lavoro e, di conseguenza, influisce sul calcolo della pensione. L’IRPEF va a agire sulla pensione lorda, trattenendo una quota di essa per il fisco. Esistono 4 scaglioni di IRPEF applicati a seconda della fascia di reddito. Ad esempio, su un reddito di 13.000 euro, bisogna versare il 23% di IRPEF, quasi 3.000 euro all’anno.
Come presentare domanda per Opzione Donna?
I canali a disposizione delle lavoratrici sono sempre gli stessi:
- collegandosi sul sito dell’INPS accedendo tramite Spid almeno di Livello 2, Cns (Carta Nazionale dei Servizi) o Cie (Carta d’identità elettronica 3.0) e seguendo il percorso:
- “Prestazioni e servizi” > “Servizi” > “Pensione anticipata “Opzione donna” – Domanda”;
- con i servizi telematici messi a disposizione dagli Istituti di Patronato;
- telefonando al Contact Center Integrato al numero verde 803164 (gratuito da rete fissa) o il numero 06164164 (da rete mobile a pagamento in base alla tariffa applicata dai diversi gestori).
Quali sono le date da rispettare per presentare domanda per l’Ape Sociale?
L’ultima possibilità è fissata al 30 novembre (l’esito della domanda arriva entro il 31 dicembre), ma in questo caso, i “ritardatari” vedranno accolta la domanda soltanto se ci sono residue risorse economiche a disposizione.
Le altre due sono:
- la prima, entro il 31 marzo (l’esito della domanda arriva entro il 30 giugno);
- la seconda, entro il 15 luglio (l’esito della domanda arriva entro il 15 ottobre).
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