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Pensione oltre 67 anni

Pensione oltre i 67 anni: è obbligatorio andare in pensione a 67 anni? Si può posticipare l'uscita o riprendere a lavorare, e in quali casi?

di Carmine Roca

Ottobre 2023

Come andare in pensione oltre i 67 anni e quando è possibile continuare a lavorare? Ne parliamo in questo approfondimento (scopri le ultime notizie sulle pensioni e su Invalidità e Legge 104. Leggile gratis su WhatsApp, Telegram e Facebook).

In pensione oltre i 67 anni: quando è previsto?

Il requisito anagrafico per l’accesso alla pensione di vecchiaia è confermato a 67 anni di età, anche per il biennio 2023-2024. Soltanto dal 1° gennaio 2025 è atteso un incremento dell’età pensionabile.

Ma non tutti possono andare in pensione a 67 anni, perché al requisito anagrafico si associa quello contributivo: l’anzianità contributiva minima per la pensione di vecchiaia è fissata a 20 anni. Sotto questa soglia è impossibile accedervi.

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In pensione oltre i 67 anni con la pensione di vecchiaia contributiva

Come andare in pensione oltre i 67 anni di età? Per i lavoratori e le lavoratrici che non soddisfano il requisito contributivo è prevista un’ultima possibilità di uscita dal mondo del lavoro: a 71 anni, con 5 anni di contributi versati (al netto dei contributi figurativi).

Questa possibilità è conosciuta come pensione di vecchiaia contributiva ed è accessibile ai contributivi puri, ovvero a coloro che hanno iniziato a versare contributi esclusivamente a partire dal 1° gennaio 1996.

Questo significa che, chi ha versato anche solo un contributo prima del 1996, non potrà accedere alla pensione di vecchiaia contributiva.

La possibilità è aperta pure a coloro che hanno versato contributi nella gestione separata, attraverso il computo, anche se 5 anni di contributi, in questo caso, non bastano.

Chi esercita il computo nella gestione separata deve avere:

È obbligatorio andare in pensione dopo i 67 anni?

Un lavoratore o una lavoratrice che raggiunge il requisito anagrafico per il pensionamento, non è obbligato ad andare in pensione.

La normativa vigente consente la prosecuzione dell’attività lavorativa (da non confondere con la possibilità di riprendere a lavorare, che vedremo a breve), fino al compimento dell’età di pensionamento forzato, per i lavoratori dipendenti del settore privato, fissato a 71 anni.

È necessario, però, che vi sia un accordo tra il lavoratore e il datore di lavoro, che può comunque riservarsi la possibilità di imporre al proprio dipendente il licenziamento per sopraggiunti limiti di età.

Nel settore pubblico, invece, il pensionamento per limiti di età è praticamente automatico. Oltre i 67 anni di età, il rapporto di lavoro potrà protrarsi solo in via eccezionale, nel caso in cui il lavoratore non abbia ancora perfezionato il requisito contributivo richiesto (20 anni di contributi versati).

Spesso, per le pubbliche amministrazioni, il pensionamento d’ufficio scatta addirittura in anticipo, generalmente a 65 anni, se il dipendente o la dipendente abbia maturato un qualsiasi diritto alla pensione. Altrimenti il rapporto di lavoro prosegue fino al soddisfacimento dei requisiti necessari per la pensione di vecchiaia. 

Si può riprendere a lavorare dopo essere andati in pensione a 67 anni?

Ai lavoratori e alle lavoratrici in pensione, il nostro ordinamento consente, nei tempi e nei limiti previsti, di riprendere l’attività lavorativa, come lavoratore dipendente o autonomo, con o senza l’apertura di Partita IVA, o svolgendo prestazioni occasionali.

In qualsiasi caso il lavoratore o la lavoratrice in pensione è tenuto a versare i contributi previdenziali e cumulare i redditi da pensione con i redditi da lavoro, dando luogo a un’ulteriore pensione (il supplemento di pensione) che va ad aggiungersi a quella già percepita.

Il supplemento di pensione viene riconosciuto soltanto dopo 5 anni dalla decorrenza della pensione: andrà a sommarsi alla pensione già esistente diventando parte integrante della stessa, a partire dalla data di decorrenza del supplemento.

Anche ai lavoratori iscritti presso la gestione separata è consentito cumulare i due redditi, ma con una differenza rispetto ai lavoratori dipendenti.

Il supplemento di pensione potrà essere liquidato a prescindere a partire dal compimento dell’età pensionabile (67 anni), per una sola volta, rispettando il termine dei 2 anni dalla data di decorrenza della pensione o del supplemento e, successivamente, dopo 5 anni.

Pensione oltre i 67 anni
Pensione oltre i 67 anni: in foto una donna anziana, ancora in servizio.

Faq sulla pensione

Cos’è la pensione minima e a chi è destinata?

La pensione minima è una prestazione sociale erogata dall’Inps (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) per garantire un sostegno economico a coloro che hanno contribuito per un numero limitato di anni o che hanno redditi particolarmente bassi. È destinata a persone con una situazione economica precaria e che non hanno diritto ad altre forme di pensione più elevate. Nel 2023 gli importi massimi sono due: 572 euro per gli under 75 e 600 euro per chi ha compiuto almeno 75 anni di età.

Come si calcola la pensione netta dalla pensione lorda?

Per calcolare la pensione netta a partire dalla pensione lorda, bisogna sottrarre l’IRPEF, il Bonus IRPEF (l’ex Bonus Renzi) e le addizionali comunali e regionali. A queste sottrazioni si aggiungono poi le detrazioni spettanti, fino a ottenere il valore netto. La pensione viene erogata al pensionato in maniera netta, con un importo detassato e migliorato per le detrazioni spettanti.

Che cos’è l’IRPEF e come influisce sulla pensione?

L’IRPEF è un’imposta che viene applicata anche ai redditi da lavoro e, di conseguenza, influisce sul calcolo della pensione. L’IRPEF va a agire sulla pensione lorda, trattenendo una quota di essa per il fisco. Esistono 4 scaglioni di IRPEF applicati a seconda della fascia di reddito. Ad esempio, su un reddito di 13.000 euro, bisogna versare il 23% di IRPEF, quasi 3.000 euro all’anno.

Qual è l’effetto dell’inflazione sulla spesa pensionistica per il 2023?

L’inflazione ha avuto un impatto significativo sulla spesa pensionistica, facendola salire fino a 317 miliardi di euro nel 2023. La rivalutazione dei trattamenti pensionistici è legata all’inflazione dell’anno precedente, contribuendo a un aumento della spesa.

Cosa accade alla futura pensione per chi continua a lavorare con l’incentivo Quota 103?

Chi sceglie di beneficiare dell’incentivo avrà una pensione leggermente più bassa di quanto avrebbe ricevuto se avesse lavorato di più, a causa del mancato versamento di questi contributi. L’abbattimento dell’aliquota di computo significa che la pensione si baserà sul 23,81% della retribuzione pensionabile invece del 33%.

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