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Pensioni 2023: calcoli sbagliati, quanti soldi in meno

Pensioni 2023: sono stati sbagliati i calcoli, ai pensionati aumento ridotto quasi dell’1 per cento. La stima dell’inflazione è stata fatta a novembre (7,3 per cento), ma a dicembre l’indice è cresciuto ancora (8,1 per cento). Cosa farà il governo e quando verrà riconosciuto l’importo corretto.

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6' di lettura

Pensioni 2023: i calcoli sbagliati dell’inflazione hanno ridotto e non di poco gli aumenti per la rivalutazione. Vediamo di quanto, perché e se questi tagli verranno recuperati. (scopri le ultime notizie e poi leggi su Telegram tutte le news sulle pensioni e sulla previdenza. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegram e nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).

INDICE

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L’inflazione registrata dall’Istat a dicembre è stata dell’8,1 per cento. Non accadeva dal 1985. Come sapete l’indice d’inflazione è il riferimento che consente di adeguare una serie di prestazioni all’inflazione, tra queste anche le pensioni.

Ebbene, l’adeguamento degli importi all’inflazione avviene sempre in anticipo, quindi sulla base di un dato provvisorio. Accade per consentire di far scattare l’aumento degli importi entro gennaio.

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Ed è proprio questo “anticipo” ad aver causato la riduzione del potere d’acquisto delle pensioni nonostante la rivalutazione. Infatti a novembre un decreto ministeriale ha fissato il tasso di rivalutazione al 7,3 per cento, molto meno dell’8,1 per cento. Una differenza dello 0,8 per cento.

Su questo argomento puoi leggere un focus che spiega perché le pensioni sono rivalutate e gli stipendi no; vediamo anche in un altro post quali quando bisogna presentare domanda per andare in pensione nel 2023; e infine vediamo chi ha ancora la possibilità di uscire con Quota 100 e Quota 102.

Pensioni 2023: quanto si perde rispetto all’inflazione

Non si tratta ovviamente di cifre elevate. Ma potrebbero comunque essere significative per chi ha dei redditi relativamente bassi.

Facciamo un esempio: su un assegno di 1.500 euro lordi mensili, manca un aumento di 12 euro ad assegno. Su base annua sono 150 euro. Non è poco.

E quindi: l’adeguamento degli importi c’è stato, ma non è in linea con l’inflazione. Il che significa che rispetto al costo della vita le pensioni sono più basse dello scorso anno.

Ma cosa succede ora, ci sarà una sorta di ricalcolo nel corso del 2023?

Leggi che pensione viene erogata con uno stipendio di 1100 euro e quali sono i requisiti per andare in pensione nel 2023.

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Pensioni 2023: cosa prevede la legge

La normativa ha previsto una eventualità di questo tipo. Se si registra una differenza tra l’inflazione prevista (7,3 per cento) e quella effettiva (8,1 per cento), la somma non erogata sarà restituita. Ma solo a inizio del 2024. Ovviamente con tutti gli arretrati e l’ulteriore adeguamento legato all’inflazione che sarà registrata dall’Istat nel corso del 2023.

Pensioni 2023: cosa era successo lo scorso anno

Lo scorso anno il governo Draghi non aveva però seguito questa procedura. La differenza tra l’inflazione prevista e quella effettiva per il 2021 era stata riconosciuta ai pensionati già ad ottobre.

All’epoca però la differenza era più ridotta rispetto a quest’anno, solo lo 0,2 per cento.

Ma rispetto ai tassi di inflazione era anche un’altra epoca. Infatti l’incremento sulla base del dato Istat era stato dell’1,7 per cento, avrebbe dovuto essere dell’1,9 per cento. Poca cosa.

Oggi la preoccupazione più grande rispetto al potere d’acquisto delle pensioni è anche un altro: è vero che l’inflazione complessiva  è dell’8,1 per cento, ma quella sui prodotti alimentari (ad esempio) risulta molto più alta.

Pensioni 2023: cosa farà il governo?

Al momento il governo Meloni non ha deciso se intervenire per un adeguamento degli importi durante l’anno, senza aspettare quindi il gennaio del 2024.

Sarà valutato con attenzione l’andamento dell’inflazione nel corso dell’anno. La speranza è che la spinta inflattiva si riduca. Ovvero: i prezzi dovrebbero continuare a salire, ma con un ritmo più contenuto rispetto al 2022

La previsione che è stata fatta nella Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza ritiene che l’indice dei prezzi al consumo nei prossimi 12 mesi dovrebbe salire in media del 5,4 per cento. Che non è poco, ma molto meno rispetto all’8,1 per cento del 2022.

Questa variazione dei prezzi dovrebbe essere già contenuta nell’effetto trascinamento rispetto al dato dell’inflazione dello scorso anno. Il che significa che nel corso del 2023, l’aumento dei prezzi al consumo dovrebbe in qualche modo stabilizzarsi.

Ma è un augurio. E se non accade, se cioè, come pure è probabile, la spinta inflazionistica non dovesse decelerare mettendo così in evidente difficoltà pensionati e famiglie?

Beh, in questo caso all’esecutivo Meloni dovrebbe ripetere l’operazione del governo Draghi: il recupero anticipato dell’eccesso di inflazione registrato nel 2022. In pratica: quello 0,8 per cento di adeguamento che manca dovrebbe essere accreditato prima di gennaio 2024 (sempre con tutti gli arretrati).

Pensioni 2023: come si calcola l’inflazione

L’indice che viene utilizzato per calcolare l’adeguamento delle pensioni non è lo stesso utilizzato per l’intera collettività, che si chiama Nic. Per i pensionati si adotta infatti l’indice Foi, che è quello riferito a famiglie, operai e impiegati e non tiene conto delle oscillazioni di prezzo dei tabacchi.

Ebbene l’indice Foi sarà conosciuto solo fra una decina di giorni. Il valore medio non dovrebbe discostarsi di molto da 8,1 per cento.

Nell’immagine due pensionati verificano l’importo della loro pensione

Pensioni 2023: chi è senza adeguamento

Nel frattempo però i pensionati che ricevono un importo superiore a 2.100 euro lordi (quattro volte il trattamento minimo INPS), aspettano ancora l’adeguamento all’inflazione.

Non dovranno avere il 100 per cento della rivalutazione (il dato decresce con l’aumentare dell’importo, fino a ridursi al 32 per cento per pensioni che ricevono accrediti dieci volte superiori al trattamento minimo, quindi oltre i 5.200 euro lordi al mese).

I motivi del ritardo sono noti: la gradualità delle riduzioni è stata modificata in corso d’opera durante la discussione parlamentare e l’INPS ha dovuto rifare i conteggi in extremis.

La rivalutazione (piena) è stata dunque riconosciuta solo alle pensioni fino a 2.100 euro lordi al mese. Per quelle che hanno un importo superiore (e che la riceveranno decurtata) bisognerà aspettare gli accrediti di febbraio.

Il taglio è stato deciso dal governo per coprire una  parte delle risorse che è stato necessario versare per far fronte a una inflazione molto più alta rispetto agli anni precedenti.

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