Pensioni più alte nel 2023 con la rivalutazione

Pensioni più alte nel 2023 con la rivalutazione: e non di poco in conseguenza di una svalutazione mai così alta negli ultimi 20 anni. L'incremento verrà stabilito in via provvisoria nel prossimo autunno e poi stabilito definitivamente in dicembre. Chi andrà in pensione nel 2023 avrà anche un calcolo più positivo del montante contributivo per l'aumento notevole del Pil registrato nel 2021. Vi spieghiamo perché.

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5' di lettura

Pensioni più alte nel 2023 con la rivalutazione: l’inflazione spinge in alto gli assegni, saranno rivalutati in base al costo della vita. (scopri le ultime notizie e poi leggi su Telegram tutte le news sulle pensioni e sulla previdenza. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegram e nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).

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Se già lo scorso anno gli assegni sono aumentati dell’1,9% proprio in virtù della crescita dell’inflazione, nel 2022 il tasso di incremento del costo della vita sfiora il 7% su base annua e sembra destinato a salire ancora, spinto in alto dai costi dell’energia, degli alimenti e dalle fibrillazioni sul mercato mondiale imposte dalla guerra in Ucraina.

Pensioni più alte nel 2023: una novità

La rivalutazione consistente degli importi è tutto sommato una novità, almeno rispetto agli anni scorsi, quando in alcuni casi non era stato necessario nessun adeguamento perché l’inflazione non aveva raggiunto l’1%. Per almeno un decennio, e fino al 2021, la situazione economica del Paese ha fatto registrare una sorta di stasi, quasi una pausa che ha avuto come conseguenza un riallineamento quasi impercettibile delle pensioni di anno in anno.

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Pensioni più alte nel 2023: inflazione esplosa

Rispetto ai salari, che vengono adeguati a distanza di tempo (non c’è più la scala mobile, che adeguava gli stipendi all’inflazione), le pensioni sono rivalutate subito.

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Del resto già a gennaio c’era stata una rivalutazione dell’1,7%, che era il riferimento alla svalutazione registrata fino a ottobre del 2021, poi è stato necessario un “aggiustamento” dello 0,2% perché nel il dato erano salito all’1,9%.

Riforma pensioni 2023: anticipo pensionistico in due tempi?

Nel frattempo però, quindi da gennaio a oggi, l’inflazione è esplosa. Le conseguenze si ripercuoteranno inevitabilmente su un analogo incremento dell’assegno pensionistico.

Al momento non è ancora possibile azzardare delle previsioni, ma l’indice nazionale dei prezzi al consumo parla chiaro: difficilmente la svalutazione sarà inferiore al 7%.

Pensioni più alte nel 2023: perequazione

Ma vediamo come funziona la perequazione, che indica l’aumento periodico dell’assegno pensionistico collegato all’inflazione. In pratica la rivalutazione di pensioni, rendite o eventuali trattamenti assistenziali che sono erogati dagli enti di previdenza pubblica.

Riforma pensioni 2023: news e richieste dei sindacati

Il valore di riferimento viene fornito dall’Istat e l’indice si calcola in base ai prezzi al consumo per le famiglie. Quell’indice è fondamentale per calcolare l’aumento degli assegni.

Pensioni più alte nel 2023: il dato in autunno

Ogni anno, in autunno, il Ministero dell’Economia e Finanza emana un decreto che fissa in via previsionale la variazione percentuale che dovrà essere applicata agli assegni pensionistici l’anno successivo. È previsionale, perché poi al termine dell’anno, quindi entro il 31 dicembre, verrà sostituito dall’indice definitivo (come è accaduto lo scorso anno, da 1,7 a 1,9%).

E quindi il conguaglio potrà essere:

positivo: se la variazione definitiva si riveli superiore a quella previsionale, la differenza sarà corrisposta a chi riceve la rendita in aggiunta alla pensione;

negativo: se la variazione definitiva si dovesse rivelare inferiore a quella previsionale, l’importo viene sottratto alla pensione;

nullo: nel caso in cui la variazione definitiva si riveli identica a quella previsionale, nessun conguaglio sarà applicato all’assegno pensionistico.

Aumento delle pensioni: scatta dal 2023

Bisognerà dunque aspettare l’autunno per avere un’idea precisa degli adeguamenti che saranno stabiliti per le pensioni e le misure assistenziali a partire dal 2023.

Pensioni più alte nel 2023: montante contributivo

C’è anche da considerare la rivalutazione del montante contributivo. In pratica la somma di tutti i contributi che sono stati versati dal lavoratore nel corso della sua attività. In questo caso avrà benefici chi in pensione non è ancora andato. Per chi già percepisce l’assegno questo incremento non porta benefici economici.

Come funziona? Il montante dei contributi versati da ogni assicurato si rivaluta ogni anno in base al tasso di capitalizzazione della variazione media quinquennale del Pil.

Un attimo, così ci capiamo meglio: il Pil è il prodotto interno lordo di un Paese. Nel 2021, dopo anni di Pil prossimi allo zero, c’è stato un incremento record, pari al 6,6% (non si registrava dal lontano 1976, dopo lo choc petrolifero). Questa percentuale avrà una incidenza significativa sul montante contributivo e quindi anche sul calcolo delle pensioni che verranno nei prossimi mesi.

Pensioni più alte nel 2023: coefficiente di trasformazione

La rendita mensile delle pensioni si calcola applicando al montante contributivo (quindi alla somma di tutti i contributi versati) un coefficiente di trasformazione. Più è alta l’età anagrafica del lavoratore che va in pensione e più sarà alto il coefficiente.

Per questo motivo chi va in pensione tardi avrà un importo più alto (anche perché se nel frattempo lavora avrà anche fatto crescere il numero dei contributi).

Per le ragioni che abbiamo accennato chi andrà in pensione nel 2023 avrà delle pensioni più alte rispetto a chi è uscito dal lavoro nel 2022.

Infatti la rivalutazione del montante contributivo si calcola al 31 dicembre e ha effetto sulle pensioni a partire dal primo gennaio dell’anno successivo.

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