Più pensionati che lavoratori in 39 province: ecco dove

Più pensionati che lavoratori in 39 province: ecco dove l’equilibrio del sistema previdenziale è già in crisi. Se non si inverte il trend tra 20 anni potrebbe essere a rischio l’erogazione degli assegni pensionistici. L’elenco delle province dove il numero delle persone in attività è inferiore a quello dei pensionati.

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6' di lettura

Più pensionati che lavoratori in 39 province: in queste zone il sistema previdenziale sarebbe già fallito. Vediamo dove si è già verificata la condizione che può mettere a rischio l’erogazione delle pensioni. Di oggi e di domani. (scopri le ultime notizie e poi leggi su Telegram tutte le news sulle pensioni e sulla previdenza. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegram e nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).

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Ci sono dunque più pensionati che lavoratori in  39 province del nostro Paese, il 37 per cento del totale. In alcune zone la situazione è molto preoccupante, la questione riguarda in particolare le città del Sud. Tra i motivi:

  • una maggiore difficoltà a trovare un’occupazione;
  • sono tanti i giovani emigrati per cercare lavoro altrove.

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Una fuga quasi di massa che ha ulteriormente ridotto il numero dei possibili occupati. Senza dimenticare l’inarrestabile invecchiamento della popolazione.

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Più pensionati che lavoratori in 39 province: la situazione

Per fare un quadro della situazione, vediamo quali sono le province italiane dove il numero dei pensionati supera in modo significativo quello delle persone che lavorano:

  • a Reggio Calabria per ogni 100 pensionati i lavoratori attivi sono solo 67;
  • a Messina per ogni 100 pensionati i lavoratori attivi sono 72;
  • a Foggia per ogni 100 pensionati i lavoratori attivi sono 96;
  • a Napoli per ogni 100 pensionati i lavoratori attivi sono 96.

Ma quasi in tutte le città del Sud la proporzione è sempre la stessa, ovvero ci sono meno lavoratori rispetto al numero dei pensionati.

Le uniche città che fanno eccezione sono queste:

  • a Bari per ogni 100 pensionati ci sono 102 lavoratori attivi;
  • a Matera per ogni 100 pensionati ci sono 105 lavoratori attivi;
  • a Barletta per ogni 100 pensionati ci sono 111 lavoratori attivi.

Potrebbe interessarti un post che spiega cosa cambierà per le pensioni dopo l’approvazione del decreto primo maggio; in un altro articolo spieghiamo perché ci sono meno pensioni anticipate.

Più pensionati che lavoratori in 39 province: così Roma e Milano

A Roma e Milano va un pò meglio, il dato è analogo: 133 occupati per ogni 100 pensionati. Va meglio, ma non è la situazione ideale. L’unica città dopo c’è una proporzione corretta (per la sostenibilità a medio e lungo termine del sistema previdenziale), è Bolzano, dove i lavoratori sono 162 per ogni 100 pensionati.

Questi dati sono preoccupanti, perché segnalano una generale difficoltà del Paese (con zone che sono in sofferenza maggiore), ma causano anche una evidente difficoltà a far quadrare i conti. In pratica: con queste cifre non sarà semplice una riforma del sistema pensionistico capace di mettere insieme le esigenze di flessibilità in uscita con quelle di sostenibilità economica dell’intero impianto.

Più pensionati che lavoratori in 39 province: altre città

Vediamo quali sono, oltre a quelle che abbiamo riferito nei paragrafi precedenti, le province dove la forza lavoro è più ridotta rispetto al numero delle persone che sono già in pensione:

  • Catanzaro; 
  • Crotone; 
  • Vibo Valentia; 
  • Lecce; 
  • Cosenza; 
  • Caltanissetta; 
  • Oristano; 
  • L’Aquila; 
  • Taranto; 
  • Terni; 
  • Nuoro; 
  • Isernia; 
  • Benevento; 
  • Palermo; 
  • Campobasso; 
  • Agrigento; 
  • Potenza; 
  • Trapani; 
  • Biella; 
  • Enna; 
  • Ancona; 
  • Rieti; 
  • Catania; 
  • Perugia; 
  • Ferrara; 
  • Siracusa; 
  • Imperia; 
  • Ascoli Piceno; 
  • Vercelli; 
  • Rovigo; 
  • Avellino; 
  • Asti; 
  • Salerno; 
  • Savona;
  • Chieti. 

Più pensionati che lavoratori in 39 province: equilibrio

Il tasso di equilibrio tra lavoratori e pensionati dovrebbe essere di 1,5. Ovvero ogni 150 lavoratori 100 pensionati. Nel 2021 in Italia il dato è di 142 lavoratori ogni 100 pensionati, ma è peggiorato ulteriormente nel 2022 e il trend negativo è continuato anche nel 2023. Anche perché il numero delle assunzioni resta costantemente al di sotto delle nuove uscite per la pensione.

Entro poche decine di anni, si arriverà a un dato nazionale di 1 a 1, a quel punto l’equilibrio non sarà più possibile: l’erogazione degli assegni pensionistici potrebbe essere a rischio.

Purtroppo anche l’aumento del numero di occupati (a marzo sono stati raggiunti livelli record) non contrasta in modo adeguato l’invecchiamento della popolazione. È necessario un riequilibrio veloce del sistema, ma come? Basterà aumentare la natalità? Già questo nelle condizioni attuali è un obiettivo che è più facile evocare che raggiungere (è diminuito anche il numero di coppie in età fertile).

Più pensionati che lavoratori in 39 province: perché il Sud?

Sul Sud, come accennato, pesano in modo rilevante la fuga dei giovani (forza lavoro) e la storica mancanza di lavoro (i tassi di disoccupazione sono molto più alti rispetto ad altre aree del Paese).

I numeri dell’emigrazione giovanile li ha segnalati una indagine dell’Istat:

nel 2020 il Sud e le Isole hanno perso 42 giovani residenti (25-34 anni) ogni 100 movimenti anagrafici nei flussi interni extraregionali.

Questa fuga dal Mezzogiorno è più rilevante nei piccoli centri, in particolare nelle cosiddette zone interne (la fascia appenninica).

Più pensionati che lavoratori in 39 province: prepensionamenti

Un altro colpo all’equilibrio del sistema previdenziale è stato inferto dai prepensionamenti (nonostante la Legge Fornero).

Il Rapporto annuale del Centro Studi Itinerari Previdenziali ha evidenziato come la stabilità del sistema previdenziale sia stata minata da un eccessivo utilizzo delle misure di prepensionamento, definite «eccezioni alla riforma Fornero».

Per i tecnici che hanno realizzato la ricerca sarebbe necessario ridurre, da subito, le forme di anticipo pensionistico. In pratica, di fare il contrario rispetto alle esigenze di flessibilità in uscita richieste da un numero sempre maggiore di lavoratori con un’età vicina o di poco superiore ai 60 anni. Ma anche della necessità, questa avallata dal governo, di garantire un più rapido ricambio generazionale per consentire un adattabilità veloce ai nuovi sistemi digitali.

Più pensionati che lavoratori in 39 province: ecco dove
Nella foto un lavoratore non lontano dalla pensione

Più pensionati che lavoratori in 39 province: invecchiamento

La minaccia più grave alla tenuta del nostro sistema previdenziale non sono però i prepensionamenti. Il tema più preoccupante, in una visione di medio-lungo periodo, riguarda l’invecchiamento della popolazione, che ha come conseguenza diretta la riduzione del numero di persone in età lavorativa.

Basta un dato: già in questo momento gli over 50 sono il 39 per cento degli occupati. Tra 10, 15 anni, saranno in pensione.

Ma non solo. Uno studio della Fondazione Di Vittorio, ha verificato che il calo della popolazione causerà un ulteriore invecchiamento della popolazione (+4,9 milioni di over 65 e -900.000 under 15), che avrà come conseguenza il crollo del numero di persone in età lavorativa. Tutto questo significa che nel 2043 (sono solo 20 anni), la popolazione tra i 25 e i 64 anni, sarà solo di 6,9 milioni di persone. Il resto del Paese sarà composto da studenti e pensionati (soprattutto).

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