Quanti soldi in meno di pensione se lavoro ancora

Quanti soldi in meno di pensione se lavoro ancora? Il nostro ordinamento consente, quasi sempre, di cumulare redditi da lavoro con la pensione. Ma in alcuni casi sono previsti tagli.

Carmine Roca è un giornalista esperto in pensioni e fisco.
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6' di lettura

Quanti soldi in meno di pensione se lavoro ancora? Ecco possibilità e tagli da affrontare (scopri le ultime notizie e poi leggi su Telegram tutte le news sulle pensioni e sulla previdenza. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegram e nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).

Indice

Quanti soldi in meno di pensione se lavoro: premessa

Il nostro ordinamento concede al pensionato la possibilità di riprendere l’attività lavorativa, ma gli vieta di andare in pensione e continuare a lavorare.

Facciamo chiarezza: per accedere alla pensione è necessario interrompere qualsiasi attività di lavoro dipendente, ma una volta ottenuto il pagamento del primo mese di pensione nulla vieta al pensionato di riprendere a lavorare.

È obbligatorio, però, dichiarare i nuovi redditi da lavoro. Inoltre, il Decreto Legge 112 del 2008 ha sancito, in linea di massima, la totale cumulabilità dei redditi da lavoro con le pensioni di vecchiaia, di anzianità e anticipate.

È possibile, dunque, cumulare i redditi da lavoro con la pensione, senza che questa subisca penalizzazioni e senza incorrere in sanzioni. Anzi, versando ulteriori anni di contributi, il pensionato-lavoratore potrà beneficiare di un aumento dell’importo del proprio assegno previdenziale, grazie al supplemento di pensione.

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Attenzione, però: non tutte le pensioni consentono di poter riprendere a lavorare e, quindi, di cumulare i redditi da lavoro con quelli relativi all’assegno previdenziale.

Ad esempio Quota 100 e Quota 102 non permettono di lavorare fino a quando non viene raggiunta l’età per la pensione di vecchiaia (67 anni, nel 2022). Chi accede a queste due forme di pensione anticipata ha la possibilità di svolgere solamente prestazioni occasionali, nel limite di 5.000 euro l’anno.

Anche Quota 41 per lavoratori precoci vieta la possibilità di lavorare, almeno fino a quando non avrà compiuto 67 anni.

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Quanti soldi in meno di pensione se lavoro: pensione di vecchiaia e anticipata

Quanti soldi in meno di pensione se lavoro? Per quanto riguarda il cumulo dei redditi da lavoro con la pensione di vecchiaia o anticipata, è necessario fare chiarezza, poiché esistono dei limiti per chi accede alla pensione interamente con il sistema contributivo.

Ad esempio, chi va in pensione prima dei 63 anni di età perde, per intero, il diritto all’assegno previdenziale nel caso in cui dovesse iniziare a lavorare come dipendente.  

Invece, se il pensionato dovesse riprendere a lavorare come lavoratore autonomo perderà il diritto al 50% della sua pensione che eccede l’importo della pensione minima (524,35 euro per il 2022).

Quanti soldi in meno di pensione se lavoro: pensione di invalidità

Quanti soldi in meno di pensione se lavoro? Chi è titolare di una pensione d’invalidità dal 1984 non andrà incontro a limitazioni se dovesse riprendere a lavorare.

Chi, invece, la riceve da prima del 1984 dovrà soddisfare alcuni parametri per non perdere il diritto alla prestazione.

Infatti, la pensione viene sospesa per intero a chi ha un reddito da lavoro tre volte superiore all’ammontare della pensione minima. Quindi, nel 2022, perde il diritto alla prestazione chi guadagna, lavorando, più di 1.573,05 euro.

Chi, invece, lavora e ha un guadagno inferiore al limite di 1.573,05 euro subirà un taglio del 50% sulla differenza tra l’importo lordo della prestazione e la pensione minima. Chi, invece, svolge un lavoro autonomo guadagnando meno di 1.573,05 euro subirà un taglio del 30%.

Se chi va in pensione è a sua volta titolare dell’assegno di invalidità e dovesse continuare a lavorare, perderà:

  • il 25% della pensione con un reddito superiore a 2.097,40 euro;
  • il 50% della pensione con un reddito superiore a 2.621,75 euro.

Se l’assegno previdenziale, nonostante le due trattenute, dovesse essere superiore alla pensione minima, verrà applicata:

  • una ulteriore trattenuta a chi ha un’anzianità contributiva inferiore ai 40 anni, pari al 50% della differenza tra la pensione minima e la propria pensione (per i lavoratori dipendenti); del 30% per i lavoratori autonomi;
  • nessuna trattenuta per chi ha versato più di 40 anni di contributi.

Per quanto riguarda la pensione di inabilità, riconosciuta quando viene accertata l’impossibilità a svolgere attività lavorativa, il problema del cumulo non si pone, poiché lo svolgimento di lavoro sia autonomo sia dipendente è infatti incompatibile con il diritto alla prestazione.

Quanti soldi in meno di pensione se lavoro: pensione di reversibilità

Anche chi percepisce una pensione di reversibilità può riprendere o continuare a lavorare, ma deve sapere che subirà un taglio dell’importo della prestazione.

Non perde il diritto alla pensione chi ha nel proprio nucleo familiare figli minori, studenti o inabili.

Per tutti gli altri casi si applicano tagli del:

  • 25% in caso di reddito annuo compreso tra 20.489,82 e 27.319,76 euro;
  • 40% in caso di reddito annuo fino a 34.149,70 euro;
  • 50% in caso di reddito annuo superiore a 34.149,70 euro.
Quanti soldi in meno di pensione se lavoro
Quanti soldi in meno di pensione se lavoro?

Quanti soldi in meno di pensione se lavoro: aliquota IRPEF

Quanti soldi in meno di pensione se lavoro? Ovviamente, chi decide di riprendere a lavorare pur essendo titolare di una pensione deve sapere che, dichiarando altri redditi, potrebbe vedersi aumentare l’aliquota fiscale applicata sui redditi (IRPEF).

Con la riforma dell’IRPEF gli scaglioni di reddito sono passati da 5 a 4:

  • per redditi fino a 15 mila euro si applica un’aliquota Irpef del 23%;
  • per redditi che vanno dai 15 mila ai 28 mila euro si applica un’aliquota del 25% ma soltanto sui redditi eccedenti i 15 mila (sui primi 15 mila, infatti, l’aliquota è del 23%);
  • per reddito che vanno dai 28 mila ai 50 mila euro si applica un’aliquota del 35% (ma solo su quelli eccedenti i 28 mila euro);
  • per redditi superiori ai 50 mila euro – e solo per la parte che supera tale soglia – si applica l’aliquota del 43%.

Ripetiamo che, i redditi da lavoro vanno accorpati a quelli relativi alla pensione, così come è obbligatorio il versamento dei contributi all’INPS. Così facendo il pensionato-lavoratore ha diritto all’aumento della propria pensione che, però, non è immediato.

Si può richiedere l’aumento della pensione con i nuovi contributi versati solo dopo 5 anni la decorrenza della pensione o, nel caso in cui il pensionato ha più di 67 anni, dopo 2 anni (ma solo per una volta).

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