Quanto guadagnano suore e preti? Ci sono molte professioni che richiedono una particolare “vocazione“. Ne ha bisogno chi dedica la propria esistenza a Dio. La scelta di vita è radicale, include molte rinunce ma, sicuramente, anche tante gratificazioni personali. Inoltre per suore e preti sono previste delle retribuzioni. Ora scopriamo quali.
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Quanto guadagnano suore e preti: lo stipendio
Come per altri mestieri, anche in questo caso ci sono vari aspetti da tenere in considerazione come l’anzianità, le mansioni specifiche, alcune specializzazioni particolare e la carica raggiunta.
Per fare un esempio, un prete semplice non avrà lo stesso stipendio del Papa, come un vescovo avrà uno stipendio inferiore rispetto ad un cardinale.
Ma qual è, quindi, il guadagno che si può avere da questa professione? Vediamo una panoramica generale:
- Il prete semplice, figura di “partenza” usciti dal seminario, può aspirare a prendere tra i 1.000 e i 1.100 euro al mese, senza tredicesima.
- Il parroco, figura che ha già la responsabilità di seguire una parrocchia, può ambire a prendere uno stipendio intorno ai 1.200 euro mensili.
- I vescovi, invece, iniziano a percepire uno stipendio sicuramente superiore alla media di altri, ma con molte più responsabilità: questi pastori che guidano delle diocesi possono percepire anche 3.000 euro al mese.
- I cardinali, figura sottoposta direttamente al Papa e collaboratori di quest’ultimo, possono percepire anche 5.000 euro al mese più dei bonus derivanti da incarichi di alto livello istituzionale e diplomatico.
Quanto guadagna il Papa?
Ed il Papa? Non c’è uno stipendio fisso. Ogni pontefice sceglie, in base a varie esigenze, quale sia la propria retribuzione mensile. Benedetto XVI aveva fissato il suo compenso a 2.500 euro al mese, Papa Francesco, invece, dando un forte segnale di cambiamento, ha rinunciato del tutto alla sua retribuzione anche se, come i suoi predecessori, per ogni esigenza può attingere dal fondo proveniente dall’Obolo di San Pietro, dove confluiscono le donazioni fatte dai fedeli proprio come aiuto economico al Santo Padre e che servono soprattutto per finanziare opere di carità.
Ci sono, poi, delle figure particolari, spesso soggette a critiche da parte dell’opinione pubblica, come:
- I cappellani militari, persone a tutti gli effetti arruolate nell’esercito, possono percepire fino a 4.000 euro al mese.
- I cappellani degli ospedali possono, quando si dedicano a tempo pieno alla funzione, guadagnare fino a 2.000 euro mensili.
C’è da aggiungere, infine, che preti e parroci possono essere insegnanti di religione. In questo caso lo stipendio sarà pari a quello previsto per la mansione ma è previsto un versamento, per loro, della quota mancante per arrivare al reddito che gli spetterebbe.
Frati e suore: quali sono i guadagni?
Per chi sceglie la vita monastica la situazione è diversa: sia i frati che le suore non percepiscono alcuno stipendio. Quindi che si sia francescano, domenicano, gesuita o carmelitano, non ci sarà nessun compenso garantito a fine mese.
Non è raro, quindi, che queste figure facciano altri mestieri o intraprendano delle attività artigianali: le suore spesso sono infermiere o insegnanti, e riceveranno uno stipendio adeguato alla professione, come qualsiasi altro cittadino. Ci sono molti monasteri, poi, che hanno delle attività produttive al proprio interno, come la produzione di tisane, birra o altri oggetti, ed i ricavati saranno utilizzati per il sostentamento di chi vive in quella comunità.
Quanto guadagnano suore e preti: chi paga?
Abbiamo visto che i preti, e via salendo con la gerarchia, percepiscono uno stipendio. Ma chi lo paga? Iniziamo a chiarire che non è lo Stato italiano ma neppure il Vaticano. C’è un organo preposto a questo scopo ed è l’Icsc: l’Istituto Centrale per il Sostentamento del Clero, organo della Cei (Conferenza Episcopale Italiana), che ha il compito proprio di gestire la parte retributiva di preti, parroci, vescovi e cardinali.
Le modalità di pagamento seguono un iter, che può essere così riassunto:
- la Cei decide quali siano le soglie di pagamento per ogni singolo ecclesiastico;
- l’Icsc provvede all’erogazione degli stipendi. L’Istituto è organizzato in sezioni locali ed un’organizzazione centrale;
- i sacerdoti devono comunicare all’istituto di riferimento le proprie entrate, le sue attività e l’anzianità di servizio;
- il reddito, quindi, dopo questa dichiarazione, viene stabilito in base a questa dichiarazione;
- l’istituto centrale verifica la situazione reddituale del sacerdote e decide e delibera quanto spetta ad ognuno sulla base delle informazioni ottenute.
Le entrate principali derivano dalle donazioni libere dei cittadini e da una percentuale dell’8×1000. Una parte di quest’ultimo, infatti, finanzia gli stipendi dei religiosi.
L’unico caso di pagamento direttamente da parte dello Stato italiano è quello dei cappellani militari.
La pensione di preti e suore
Proprio come per i normali cittadini, la pensione di preti e suore viene erogata dall’Inps, e non dalla Cei.
Infatti, durante la carriera ecclesiastica, ogni religioso versa i contributi in un Fondo del Clero gestito proprio dall’Istituto previdenziale italiano.
Verrà quindi percepita una pensione proprio in base agli anni di carriera, alla posizione raggiunta ed ai contributi versati.
E per chi non ha uno stipendio fisso? Come abbiamo visto, suore e frati non hanno un’entrata fissa, a meno che non facciano dei mestieri “civili”, come insegnanti o infermiere, e in quel caso i contributi, e la relativa pensione, sarà da calcolare proprio come farebbe qualsiasi altro cittadino, anche la sua erogazione sarà da parte dell’Inps.
In altri casi, dove non arriva nessun tipo di entrata, può essere chiesta, soprattutto dalle suore, le meno tutelate sotto questo aspetto, la pensione sociale.
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