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Quanto si perde con l’Ape sociale?

Quanto si perde con l'Ape sociale: vediamo se chi accedete a questo trattamento anticipato perde sull'importo della pensione. Cosa ha dimostrato uno studio dei Consulenti del Lavoro. Quali sono i requisiti, chi può accedere all'indennità di accompagnamento alla pensione e quali sono gli importi previsti.

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7' di lettura

Quanto si perde con l’Ape sociale? Verifichiamo insieme se chi accede a questo trattamento anticipato perde qualcosa sull’importo della pensione. Se cioè, come accade per Opzione donna, l’uscita anticipata abbia delle conseguenze economiche negative. (scopri le ultime notizie su bonus, Rem, Rdc e assegno unico. Leggi su Telegram tutte le news su Invalidità e Legge 104. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegram e nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).

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La questione è rilevante, anche perché tra le uscite anticipate introdotte negli anni scorsi l’Ape Sociale è quella che ha suscitato maggiori attenzioni da parte dei cittadini (se si esclude il primo anno).

Su questo stesso argomento potrebbe interessarti sapere se l’Ape Sociale sia compatibile con l’assegno ordinario, o se si può raggiungere il requisito per questa uscita anticipata con i contributi figurativi. C’è anche un focus che ti spiega se si può lavorare con l’Ape sociale.

Quanto si perde con l’Ape sociale? Diventa strutturale

La misura è stata prevista a partire dal primo maggio del 2017. Avrebbe dovuto essere in via sperimentale, poi è stata prorogata fino al dicembre 2022, ma potrebbe diventare strutturale a partire dal prossimo anno, proprio insieme a Opzione donna.

Scopri la pagina dedicata a tutti i modi per andare in pensione in anticipo.

La proroga o la conferma definitiva della misura previdenziale era già nell’aria con il governo Draghi, diventa ora indispensabile per il nuovo esecutivo che non avrà il tempo riformare la Legge Fornero e quindi di adottare altri strumenti che rendano flessibile l’uscita dal lavoro almeno per determinate categorie di lavoratori.

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Quanto si perde con l’Ape sociale? Cos’è, chi ha diritto

L’Ape Sociale è in pratica una indennità di accompagnamento alla pensione. Si smette di lavorare a 63 anni e fino ai 67 (quando subentra la pensione di vecchiaia) si ha diritto a un importo pensionistico che non può essere superiore a 1.500 euro lordi mensili.

Quanto si perde con l’Ape sociale? Categorie

Per avere diritto all’Ape sociale servono poi 30 o 36 anni di contributi minimi. Possono accedere queste categorie:

  • si trovano in stato di disoccupazione per licenziamento (anche collettivo), dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale del contratto di lavoro (articolo 7 della legge 15 luglio 1966), scadenza del termine per il lavoro a tempo determinato. A condizione che abbiano concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione da almeno 3 mesi e siano in possesso di una anzianità contributiva di almeno 30 anni;
  • che assistono da almeno 6 mesi il coniuge, l’unito civilmente, un parente di primo grado con handicap in situazione di gravità (articolo 3, comma 3 della Legge 104 del 1992), o un parente di secondo grado convivente (se il genitore o il figlio della persona con disabilità grave abbiano compiuto 70 anni o siano affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti). Anche in questo caso l’anzianità contributiva deve essere di 30 anni;
  • hanno una riduzione della capacità lavorativa, riconosciuta dalle commissioni mediche per l’invalidità civile, superiore o uguale al 74% e sono in possesso di una anzianità contributiva di 30 anni;
  • sono lavoratori dipendenti, al momento in cui decorre l’indennità, in possesso di almeno 36 anni di anzianità contributiva e abbiano svolto da almeno 7 anni negli ultimi 10 (o 6 degli ultimi 7) una o più di queste professioni che rientrano nell’elenco di quelle considerate gravose:
  • professori di scuola primaria, pre-primaria e professioni assimilate;
  • tecnici della salute;
  • addetti alla gestione dei magazzini e professioni assimilate;
  • professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali;
  • operatori della cura estetica;
  • professioni qualificate nei servizi personali e assimilati;
  • artigiani, operai specializzati e agricoltori;
  • conduttori di impianti e macchinari per l’estrazione e il primo trattamento dei minerali;
  • operatori di impianti per la trasformazione e lavorazione a caldo dei metalli;
  • conduttori di forni ed altri impianti per la lavorazione del vetro, della ceramica e di materiali assimilati;
  • conduttori di impianti per la trasformazione del legno e la fabbricazione della carta;
  • operatori di macchinari e di impianti per la raffinazione del gas e dei prodotti petroliferi, per la chimica di base e la chimica fine e per la fabbricazione di prodotti derivati dalla chimica;
  • conduttori di impianti per la produzione di energia termica e di vapore, per il recupero dei rifiuti e per il trattamento e la distribuzione delle acque;
  • conduttori di mulini e impastatrici;
  • conduttori di forni e di analoghi impianti per il trattamento termico dei minerali;
  • operai semi qualificati di macchinari fissi per la lavorazione in serie e operai addetti al montaggio;
  • operatori di macchinari fissi in agricoltura e nella industria alimentare;
  • conduttori di veicoli, di macchinari mobili e di sollevamento;
  • personale non qualificato addetto allo spostamento e alla consegna merci;
  • personale non qualificato nei servizi di pulizia di uffici, alberghi, navi,ristoranti, aree pubbliche e veicoli;
  • portantini e professioni assimilate;
  • professioni non qualificate nell’agricoltura, nella manutenzione del verde, nell’allevamento, nella silvicoltura e nella pesca;
  • professioni non qualificate nella manifattura, nell’estrazione di minerali e nelle costruzioni.

Quanto si perde con l’Ape sociale? Requisiti

Questi sono i requisiti:

  • almeno 63 anni di età;
  • almeno 30 anni di anzianità contributiva;
  • almeno 36 anni di anzianità contributiva per i lavoratori che svolgono delle attività gravose;
  • per gli operai edili, per i dipendenti delle imprese edili e affini, per i ceramisti e per i conduttori di impianti per la fornitura di articoli in ceramica e terracotta, il requisito dell’anzianità contributiva è ridotto ad almeno 32 anni;
  • non bisogna essere titolari di alcuna pensione diretta.
  • L’accesso all’Ape Sociale è consentito solo a patto che sia cessata l’attività di lavoro dipendente, autonomi e parasubordinato (in Italia o all’estero).

I requisiti contributivi sono ridotti per le donne di 12 mesi per ogni figlio. Il limite massimo è di 2 anni.

Quanto si perde con l’Ape sociale? Uno studio dice di no

Abbiamo dunque visto quali sono le categorie che possono accedere a questo anticipo pensionistico e quali sono i requisiti necessari. Ma la domanda che si sono poste le persone che hanno immaginato di accedere a questa indennità è sempre la stessa: quanto si perde con l’Ape Sociale?

Sul punto c’è stato uno studio effettuato dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro. Un esame approfondito della misura che ha portato a questa sintetica conclusione:

«La pensione di vecchiaia di una persona che ha percepito l’Ape Sociale viene calcolata senza alcun taglio elemento peggiorativo rispetto a chi ha fatto una scelta diversa».

In pratica – ha spiegato la Fondazione – con lo scatto previsto dalla pensione di vecchiaia la quota contributiva sarà calcolata con il coefficiente di trasformazione che è in vigore nell’anno in cui entra i vigore la pensione di vecchiaia (67 anni), quindi non è prevista nessuna penalizzazione.

Quanto si perde con l’Ape sociale?

Quanto si perde con l’Ape sociale? Continuare a lavorare

Bisogna anche ricordare che dopo aver avuto diritto all’Ape Sociale si può anche continuare a lavorare (versando quindi altri contributi per la pensione di vecchiaia), Ci sono però dei limiti di reddito da non superare (si rischia di perdere il diritto a ricevere l’indennità).

Limiti che sono questi:

  • sotto gli 8.000 euro annui per chi svolge un lavoro dipendente;
  • sotto i 4.800 euro annui per chi svolge un lavoro autonomo.

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