Per mantenere il diritto al Reddito di cittadinanza è necessario rispettare una serie di requisiti per tutto il periodo di fruizione. Ma cosa succede in caso di Reddito di cittadinanza e dimissioni volontarie? In questo approfondimento vediamo come funziona e chi rischia di perdere il contributo per famiglie (scopri le ultime notizie e poi leggi su Telegram tutte le news sul Reddito di Cittadinanza. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegram e nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).
Il Reddito di cittadinanza spetta a tutte le famiglie in condizioni economiche non favorevoli e alla ricerca di un’occupazione. La misura non rappresenta solo un modo per integrare il reddito dei percettori, ma anche per inserirli nel mondo lavorativo.
Proprio per questo motivo, una delle condizioni per accedere al Rdc è di non potersi dimettere volontariamente dalla propria posizione lavorativa. Ma questo non vuol dire necessariamente che tutta la famiglia perda il diritto al sussidio.
Nei prossimi paragrafi spieghiamo in modo dettagliato cosa succede in caso di Reddito di cittadinanza e dimissioni volontarie e quali sono i rischi.
Indice
- Reddito di cittadinanza e dimissioni volontarie: viene tolto alla famiglia?
- Reddito di cittadinanza e dimissioni volontarie: quando non si perde
- Reddito di cittadinanza e dimissioni volontarie: come cambia l’importo
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Reddito di cittadinanza e dimissioni volontarie: viene tolto alla famiglia?
Alcuni utenti in questi giorni si sono chiesti cosa succeda in caso di Reddito di cittadinanza e dimissioni volontarie, e cioè se si rischia di perdere il contributo economico dopo essersi licenziati dal proprio lavoro.
In particolare, il dubbio principale dei nuclei percettori è: se un componente della famiglia si dimette dal lavoro, il Reddito di cittadinanza sarà tolto a tutta la famiglia?
Ebbene, la risposta è no. Nel corso degli anni, infatti, il decreto legislativo che disciplina il contributo economico (dl 4/2019) ha subìto delle modifiche. Nello specifico, la legge ha stabilito che se un componente del nucleo percettore diventa disoccupato a seguito di dimissioni volontarie, sarà solo quel componente a non fruire del Reddito di cittadinanza, mentre il resto della famiglia continuerà a ricevere l’importo.
Questo vuol dire che dal momento delle dimissioni volontarie, il disoccupato in questione non viene più conteggiato nel parametro della scala di equivalenza, riducendo l’importo spettante al nucleo familiare di 0,4 punti (ossia il valore di un componente adulto).
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Reddito di cittadinanza e dimissioni volontarie: quando non si perde
Nel paragrafo precedente abbiamo chiarito che se un membro del nucleo percettore del Rdc si dimette volontariamente dalla propria attività lavorativa, il sussidio non viene tolto a tutta la famiglia, ma soltanto al disoccupato interessato. In particolare, il componente che si è dimesso viene escluso dalla scala di equivalenza, riducendo l’importo erogato al nucleo familiare.
Tuttavia, bisogna fare alcune precisazioni in merito al Reddito di cittadinanza e dimissioni volontarie, in quanto esistono alcuni casi in cui nessuno perdere il contributo per famiglie, neanche la persona che si è dimessa.
In particolare, la legge prevede che la riduzione dell’importo del Reddito di cittadinanza vale solo quando sono passati meno di 12 mesi dalla data delle dimissioni volontarie. Quindi, una volta passati 12 mesi dalle dimissioni, si potrà di nuovo tenere conto del componente dimissionario per il calcolo del Reddito di cittadinanza.
Un altro caso che non prevede alcuna riduzione dell’importo si ha con le dimissioni per giusta causa, disciplinate dalla sentenza n. 269/2002 della Corte Costituzionale ed dalla circolare INPS n.163 del 2003.
Secondo la circolare dell’INPS, si considerano “per giusta causa” le dimissioni dovute a:
- mancato pagamento della retribuzione;
- aver subito molestie sessuali nei luoghi di lavoro;
- modificazioni peggiorative delle mansioni lavorative;
- mobbing, ossia di crollo dell’equilibrio psico-fisico del lavoratore a causa di comportamenti vessatori da parte dei superiori gerarchici o dei colleghi (spesso, tra l’altro, tali comportamenti consistono in molestie sessuali o “demansionamento”, già previsti come giusta causa di dimissioni). Il mobbing è una figura ormai accettata dalla giurisprudenza (per tutte, Corte di Cassazione, sentenza n.143/2000);
- notevoli variazioni delle condizioni di lavoro a seguito di cessione ad altre persone (fisiche o giuridiche) dell’azienda (Corte di Giustizia Europea, sentenza del 24 gennaio 2002);
- dallo spostamento del lavoratore da una sede ad un’altra, senza che sussistano le “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive” previste dall’art. 2103 codice civile (Corte di Cassazione, sentenza n. 1074/1999);
- comportamento ingiurioso posto in essere dal superiore gerarchico nei confronti del dipendente (Corte di Cassazione, sentenza n.5977/1985).
Quindi, se le dimissioni volontarie sono determinate da uno di questi motivi elencati sopra, allora non c’è rischio di perdita o riduzione del Reddito di cittadinanza.

Reddito di cittadinanza e dimissioni volontarie: come cambia l’importo
Se ci hai letto fin qui, avrai scoperto che il Reddito di cittadinanza e dimissioni volontarie comporta la perdita del contributo economico solo per il componente del nucleo che si è dimesso.
Di conseguenza, l’importo generale del Rdc viene ridotto perché non tiene più conto della scala di equivalenza di quel membro della famiglia, che corrisponde a 0,4 (persone maggiorenni del nucleo familiare).
Ricordiamo, infatti, che l’importo erogato alle famiglie che percepiscono il Reddito di cittadinanza varia sia in base al reddito ISEE (che non deve superare i 9.360 euro all’anno) sia in base alla composizione del nucleo familiare. In merito al secondo parametro, più è numerosa la famiglia, maggiore sarà l’importo.
In particolare, la scala di equivalenza è pari a 1 per la persona adulta richiedente, pari a 0,4 per ciascun componente maggiorenne e pari a 0,2 per ciascun componente minorenne. Ogni nucleo familiare può arrivare a una scala di equivalenza massima pari a 2,1, la quale aumenta a 2,2 in presenza di persone con disabilità grave o non autosufficienti.
Ecco una tabella esplicativa con il calcolo degli importi in base alla composizione del nucleo familiare.
Composizione e grandezza del nucleo familiare | Scala di equivalenza | Beneficio massimo annuale |
---|---|---|
1 adulto | 1 | 6.000,00 € |
1 adulto e 1 minore | 1,2 | 7.200,00 € |
2 adulti | 1,4 | 8.400,00 € |
2 adulti e 1 minore | 1,6 | 9.600,00 € |
2 adulti e 2 minore | 1,8 | 10.800,00 € |
2 adulti e 3 minore | 2 | 12.000,00 € |
3 adulti e 2 minore | 2,1 | 12.600,00 € |
4 adulti | 2,1 | 12.600,00 € |
4 adulti (o 3 adulti e 2 minori) tra cui una persona in condizione di disabilità grave o non autosufficiente | 2,2 | 13.200,00 € |
Per sapere con certezza quanti soldi spettando al mese, è necessario eseguire questo calcolo:
- Moltiplicare 6.000 (quota minima annuale del Rdc) per il valore della scala di equivalenza del nucleo familiare;
- Sottrarre al totale il reddito familiare annuale;
- Dividere il risultato per 12.
Per esempio, una famiglia composta da tre persone, di cui un minorenne e due adulti, ha una scala di equivalenza pari a 1,6. Consideriamo che abbia un reddito familiare pari a 5.000 euro all’anno. Per calcolare l’importo annuale del Rdc bisogna moltiplicare 6.000 per 1,6, che corrisponde a 9.600 euro. Da questa somma, bisogna sottrarre il reddito familiare, quindi 5.000 euro, per un totale di 4.600 euro.
Di conseguenza, 4.600 euro/ dodici mesi è uguale a 383,34 euro al mese del Reddito di cittadinanza.
Se il componente adulto si dimette volontariamente dalla propria attività lavorativa, il calcolo non deve considerare più la scala di equivalenza di 0,4. Perciò avremo 6.000 x 1,2 = 7.200 euro, Da 7.200 si sottrae 5.000 euro, per un totale di 2.200 euro. Dividendo questa somma per 12 mesi si avrà un totale di 183 euro al mese.
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