Si chiamerà Mia, ovvero la Misura di Inclusione Attiva per sostituire l’Rdc. Il sussidio si attesterà intorno ai 500 euro al mese e scenderà a 375 per gli occupabili. L’entrata in vigore è prevista a settembre (scopri le ultime notizie e poi leggi su Telegram tutte le news sul Reddito di Cittadinanza. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegram e nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).
Indice
- Misura di inclusione attiva per sostituire l’Rdc: 375 euro al mese per gli occupabili
- Misura di inclusione attiva per sostituire l’Rdc: al via il patto di attivazione digitale
- Misura di inclusione attiva per sostituire l’Rdc: il decreto tra un paio di settimane
- Misura di inclusione attiva per sostituire l’Rdc: i beneficiari
- Misura di inclusione attiva per sostituire l’Rdc: in arrivo da settembre
- Misura di inclusione attiva per sostituire l’Rdc: la durata
- Misura di inclusione attiva per sostituire l’Rdc: offerta congrua nella provincia di residenza e costi
- Misura di inclusione attiva per sostituire l’Rdc: la storia del sussidio
- Misura di inclusione attiva per sostituire l’Rdc: considerazioni conclusive
- Fonti e materiale di approfondimento
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Misura di inclusione attiva per sostituire l’Rdc: 375 euro al mese per gli occupabili
Tra un paio di settimane il nuovo decreto potrebbe arrivare in consiglio dei ministri. La Mia si stabilizzerà intorno ai 500 euro al mese. Ma per gli occupabili scenderà a 375 euro.
Novità anche sulle proposte di lavoro e sulla possibilità di rifiutarle. In particolare sull’offerta congrua, dopo il giro di vite sostanzialmente saltato nell’ultima Legge di Bilancio. La ministra Calderone nei giorni scorsi aveva spiegato che il governo stava lavorando per potenziare il programma GOL (Garanzia occupazione lavoro).
E che la nuova misura avrà come primo passaggio «il patto di attivazione digitale. Da lì partiranno le nuove misure».
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Misura di inclusione attiva per sostituire l’Rdc: al via il patto di attivazione digitale
Misura di inclusione attiva per sostituire l’Rdc. Il passaggio successivo saranno il patto di attivazione digitale e il patto di servizio. Attraverso il nuovo strumento chi percepisce il sussidio dovrà impegnarsi a svolgere una serie di obblighi di formazione. E dovrà anche accettare le offerte in arrivo.
Arriverà una differenziazione delle somme da percepire tra occupabili e non occupabili. Il sussidio per i primi ammonterà al massimo a 375 euro. Per i secondi potrà arrivare a 500. Le offerte di lavoro “congrue” non si potranno rifiutare. A parlare oggi della Misura di Inclusione Attiva che sostituirà il reddito di cittadinanza è il Corriere della Sera.
Mentre nei giorni scorsi era scoppiata una polemica sulla cancellazione delle sanzioni. Che avrebbe portato, secondo il Partito Democratico, a una sostanziale impunità per i percettori irregolari. Il Terzo Polo ha presentato un emendamento per reintrodurre tutti i reati cancellati dal governo.
Misura di inclusione attiva per sostituire l’Rdc: il decreto tra un paio di settimane
Misura di inclusione attiva per sostituire l’Rdc. Il decreto sulla riforma del sostegno, secondo “Il Corriere della Sera”, potrebbe arrivare in Consiglio dei ministri nel giro di un paio di settimane.
Con la Mia si distinguerà fra famiglie in difficoltà economica senza persone occupabili e famiglie che comprendono invece soggetti occupabili, con differenze sia di durata che di importi.
Il Mef precisa che, al momento, nessuna bozza sulla riforma del reddito è all’esame degli uffici, né mai è pervenuta la relazione tecnica indispensabile per qualsiasi valutazione
La misura, spiega il quotidiano, potrebbe prendere il via già nel 2023 al termine della proroga di sette mesi concessa all’attuale Reddito di cittadinanza. La Mia quindi potrebbe essere richiedibile da agosto o dall’inizio di settembre.
Misura di inclusione attiva per sostituire l’Rdc: i beneficiari
Misura di inclusione attiva per sostituire l’Rdc. Saranno due le categorie che potranno ricevere la Misura di inclusione attiva: le famiglie in difficoltà economica senza persone occupabili – ovvero quelle in cui c’è un minorenne, un over 60 o una persona disabile – e quelle che comprendono invece soggetti occupabili, ossia hanno al loro interno almeno un componente fra i 18 e i 60 anni di età.
Gli occupabili che ora percepiscono in Reddito di cittadinanza, spiega Il Corriere della Sera, scaduta questa misura potranno presentare domanda per la Mia. Per loro, però, l’agevolazione sarà inferiore sia come importo che come durata rispetto a quella ricevuta dalle famiglie senza soggetti occupabili
Secondo il quotidiano di via Solferino, per le famiglie senza componenti occupabili l’importo della Mia dovrebbe rimanere di 500 euro al mese. L’attuale durata di 18 mesi del Reddito di cittadinanza dovrebbero essere mantenuta ma solo per la prima domanda, per poi scendere a 12 mesi dalla seconda
Per gli occupabili invece si parla di una stretta, con l’assegno che scende a 375 euro e la misura che non potrà durare più di un anno. Dopo la seconda domanda la scadenza scende a sei mesi e una eventuale terza domanda si potrà avanzare solo dopo una pausa di un anno e mezzo.
Misura di inclusione attiva per sostituire l’Rdc: in arrivo da settembre
Il quotidiano spiega che la Mia (Misura di Inclusione Attiva) si potrà chiedere realisticamente dal primo settembre 2023. Quindi ricapitolando i beneficiari verranno divisi in due platee:
- le famiglie povere senza persone occupabili, ovvero quelle dove c’è almeno un minorenne o un anziano over 60 o un disabile;
- le famiglie povere con persone occupabili, dove non ci sono queste situazioni ma almeno una persona tra i 18 e i 60 anni di età.
Gli occupabili che oggi beneficiano del reddito per sette mesi nel 2023 potranno presentare domanda per la Mia. Che però avrà durata inferiore rispetto al reddito e sarà meno generosa. C’è discussione riguardo i 280 euro attualmente previsti come quota per l’affitto. Potrebbe essere tagliata, alleggerita o rimodulata in base ai componenti del nucleo familiare.

Misura di inclusione attiva per sostituire l’Rdc: la durata
Per i nuclei senza persone occupabili, dalla seconda domanda in poi, la durata massima della Mia si ridurrà a 12 mesi. Prima di chiedere una nuova prestazione dovrà passare un mese.
Per i nuclei con persone occupabili la Mia scadrà al massimo dopo un anno la prima volta e dopo sei mesi la seconda. Una eventuale terza domanda si potrà presentare dopo una pausa di un anno e mezzo. I requisiti Isee subiranno una stretta rispetto al reddito.
Il tetto dovrebbe scendere da 9360 euro a 7200 euro. Il taglio di 2 mila euro farà fuori molti potenziali beneficiari. La residenza in Italia invece scenderà da dieci a cinque anni. Una piattaforma nazionale online consentirà ai percettori di ricevere le offerte di lavoro. L’offerta sarà ritenuta congrua se in linea con la profilazione della persona occupabile.
La sede di lavoro dovrà essere nell’ambito della provincia di residenza. Saranno ritenute congrue anche le offerte di lavoro con contratti di 30 giorni. Il risparmio complessivo dovrebbe ammontare a 3 miliardi di euro sugli 8 di costo attuale.
Misura di inclusione attiva per sostituire l’Rdc: offerta congrua nella provincia di residenza e costi
Misura di inclusione attiva per sostituire l’Rdc. Sarà estesa a tutti i tipi di lavoro dipendente la norma che consente a chi percepisce il sostegno di cumularlo con altri redditi fino a 3mila euro. Nel caso questa soglia venisse superata ma alla luce di un contratto a termine che dura meno della Mia, la prestazione sarà sospesa e poi riattivata
L’offerta, spiega Il Corriere, “verrà ritenuta congrua se in linea con la profilazione della persona occupabile e se la sede di lavoro sarà nell’ambito della provincia di residenza del beneficiario o delle province confinanti”.
Con la riforma del reddito, il governo punterebbe a risparmiare complessivamente almeno 2-3 miliardi l’anno rispetto ai 7-8 spesi annualmente per il reddito.
Misura di inclusione attiva per sostituire l’Rdc: la storia del sussidio
Misura di inclusione attiva per sostituire l’Rdc. Solo a partire dal 2018, con l’introduzione del Reddito di inclusione (Rei) prima e del Reddito di cittadinanza (Rdc) poi, l’Italia si è avvicinata agli altri Paesi europei che possiedono un “Reddito minimo di inserimento”, ovvero una misura nazionale a sostegno di tutte le persone in povertà.
Il Rei e il Rdc hanno innovato le politiche di contrasto alla povertà sotto due principali aspetti. In primo luogo, in un contesto in cui la lotta alla povertà ha tradizionalmente giocato un ruolo residuale, l’introduzione di queste misure muove nella direzione di una ricalibratura del sistema di welfare intervenendo sulla distorsione funzionale (Ferrera 2012).
Con quest’ultima espressione si intende la distribuzione diseguale di protezione dei diversi rischi sociali. Molte risorse sono tradizionalmente destinate ad alcuni rischi (in primis la vecchiaia, attraverso un sistema pensionistico ipertrofico), mentre altri rischi (tra cui la povertà) sono poco considerati e ricevono poche risorse pubbliche attraverso programmi ancora rudimentali.
In secondo luogo, il Rei e il Rdc hanno posto fine all’epoca delle sperimentazioni. In Italia, schemi di reddito minimo sono stati sperimentati in alcune città fin dalla fine degli anni settanta (Torino 1978, Ancona 1981, Catania 1983, Milano 1989). Successivamente, a partire dal 1998 e su impulso della normativa nazionale, il reddito minimo è stato sperimentato in alcune città (39 nel corso del primo biennio di sperimentazione e 306 nei due anni successivi) (Matsaganis et al 2003).
Prima del Reddito di Inclusione, la Carta acquisti ordinaria e la Nuova carta acquisti
Nel 2008, per combattere la povertà fu introdotta, dall’allora Governo Berlusconi, la Carta Acquisti: una carta di debito, dell’importo di 40 euro mensili, pensata principalmente per i pensionati e finalizzata all’acquisto di generi di prima necessità presso punti vendita convenzionati.
Nel 2011, fu prevista una riforma di questa carta e una sperimentazione (del valore di 50 milioni di euro) da realizzare in 12 Comuni con più di 250.000 abitanti. La caduta del Governo Berlusconi nel novembre 2011 portò al rinvio del provvedimento, che fu però “ereditato” dal Governo Monti che, con il DL 5/2012, diede vita alla Nuova Carta Acquisti (NCA) rivolta alle famiglie in povertà con almeno un minore e condizionata alla sottoscrizione, da parte del beneficiario, di un percorso di inclusione sociale di competenza dei servizi sociali comunali.
Il Sostegno all’Inclusione Attiva
A giugno del 2013, il Governo Letta istituì un “gruppo di lavoro sul reddito minimo”. A settembre dello stesso anno, il gruppo presentò la proposta per l’introduzione del Sostegno all’Inclusione Attiva – Sia, una misura universalistica (ovvero che non condiziona l’intervento alla presenza di una qualche caratteristica individuale o familiare ma tiene conto solo dell’insufficienza delle risorse economiche). Anche in questo caso, l’erogazione del sussidio avrebbe dovuto accompagnarsi alla sottoscrizione di un percorso di inclusione.
Misura di inclusione attiva per sostituire l’Rdc: considerazioni conclusive
Negli ultimi anni, l’impegno dei governi sul fronte del contrasto alla povertà è cresciuto notevolmente favorendo la ricalibratura di un sistema di welfare in cui la lotta alla povertà è stata tradizionalmente residuale.
Il percorso del Rei è stato caratterizzato da una certa gradualità nell’incremento delle risorse e della platea dei beneficiari e il disegno della misura è stato lungamente sperimentato prima di diventare definitivo. Al contrario, l’introduzione del Rdc è stata invece repentina e le scelte compiute in merito al disegno della misura sembrano scontare l’eccessiva fretta con cui il Governo ha voluto introdurlo.
Senza dubbio, molti aspetti del Rdc sono stati migliorati nel corso del tempo. Questo è vero, in particolare, se pensiamo alla prima formulazione della misura (proposta di legge avanzata nel 2013 dal Movimento 5 Stelle) o al dibattito politico delle settimane immediatamente successive all’insediamento del Governo Conte.
In quella fase, il Rdc somigliava più a una politica del lavoro che a una politica di contrasto alla povertà. Il Rdc infatti appiattiva il concetto di povertà esclusivamente sull’assenza di lavoro e, di conseguenza, attribuiva tutte le competenze ai CPI a scapito dei servizi sociali comunali che erano invece i protagonisti del Rei.
Tuttavia il Rdc ha presentato evidenti limiti. Due sono in particolare le criticità che emergono dalla riflessione fin qui condotta. La prima emerge se si considera la questione dei minori che sono i grandi perdenti del Rdc: le risorse destinate ai nuclei singoli sono superiori rispetto a quelle destinate ai nuclei in cui sono presenti minori.
Inoltre, i nuclei con minori riceveranno trasferimenti economici meno generosi rispetto a quelli destinati ai nuclei composti da soli adulti. Si tratta di un paradosso se consideriamo che la povertà per questa fascia d’età è letteralmente esplosa negli anni della crisi e che in Italia la povertà assoluta è inversamente proporzionale alle classi d’età .
La seconda criticità riguarda la debolezza propria dei CPI e il fatto che il rafforzamento di queste strutture (pur previsto dalla normativa) difficilmente potrà essere realizzato in tempi brevi. Ne consegue che i percorsi di inserimento lavorativo hanno coinvolto un numero esiguo di utenti e l’Rdc si è concretizzato di fatto in una misura passiva piuttosto che in una misura attiva.
In sostanza, da un lato, sembra che la misura sia stata disegnata senza tener conto delle caratteristiche che il fenomeno della povertà assume nel nostro paese. Dall’altro, il ritorno in termini di consenso elettorale – derivante dalla messa in campo di una misura erogata in tempi brevi e che può vantare un trasferimento economico per singolo pari a 780 euro mensili – ha assunto maggiore peso rispetto alle implicazioni in termini di equità ed efficacia della misura.
Questo la dice lunga anche sulla retromarcia che, di fatto, il governo in carica ha attuato. Dall’abolizione si è passati alla sostituzione perfettamente in linea con una certa tradizione italiana – e che noi più volte attraverso il nostro sito abbiamo palesato -. Mai storicamente in questo Paese si è abolito un diritto acquisito. Nonostante ciò, la Mia sarà una misura specchio di una cultura di austerità e sicuramente di una scelta politica. E volente o nolente una fetta consistente di cittadini resterà priva di protezione sociale.
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