Reddito di cittadinanza e truffe non più punite. Il governo Meloni cancella le norme che puniscono i furbetti del Reddito di cittadinanza. Anche chi è stato condannato con sentenza definitiva (scopri le ultime notizie e poi leggi su Telegram tutte le news sul Reddito di Cittadinanza. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegrame nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).
Intanto il Partito Democratico presenta un’interpellanza al ministro della Giustizia Carlo Nordio. Più autonomia e discrezionalità al giudice nel revocare le sentenze.
Indice
- Reddito di cittadinanza e truffe non più punite: l’interpellanza dem
- Reddito di cittadinanza e truffe non più punite: il colpo di spugna
- Reddito di cittadinanza e truffe non più punite: gli effetti sulla legislazione
- Reddito di cittadinanza e truffe non più punite: l’effetto su condanne e processi in corso
- Reddito di cittadinanza e truffe non più punite: cosa rischiano i furbetti e le sanzioni
- Reddito di cittadinanza e truffe non più punite: altre conseguenze
- Fonti e materiale di approfondimento
- Ricevi tutte le news sempre aggiornate su bonus e lavoro
Reddito di cittadinanza e truffe non più punite: l’interpellanza dem
Il governo Meloni cancella le norme che puniscono i furbetti del Reddito di cittadinanza. Anche chi è stato condannato con sentenza definitiva. Lo sostiene il Partito Democratico, che ha presentato un’interpellanza al ministro della Giustizia Carlo Nordio.
Nella quale ricorda che con la Legge di Bilancio 2023 si cancellano i primi 13 articoli del decreto legge 4/2019. E tra questi c’è anche il numero 7. Ovvero quello che definisce il reato di appropriazione indebita del reddito.
Con le relative pene. Chi incassa il sussidio grazie a documenti falsi può finire in carcere per 2-6 anni. Chi “dimentica” di comunicare i miglioramenti patrimoniali o reddituali ne rischia da uno a 3. E tutti devono restituire le somme percepite se in torto.
Adesso, sostiene il Pd, la Giorgia Meloni denunciava le «migliaia e migliaia di truffe» sul reddito che favorivano «mafiosi e spacciatori» ha deciso un colpo di spugna.
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Reddito di cittadinanza e truffe non più punite: il colpo di spugna
L’interrogazione del Pd, oggi illustrata da Repubblica, elenca le conseguenze dell’abrogazione. Chi ha truffato lo Stato non è più punibile perché la sua azione non è più classificabile come reato.
E, sostiene l’interrogazione, «l’esecuzione della pena non può avere corso».
«Ogni altro effetto penale della condanna decade. Il giudice dell’esecuzione dovrà revocare, infine, la sentenza definitiva di condanna o il decreto penale – si legge nell’interrogazione – «per abolizione del reato».
C’è anche un altro pericolo sottolineato. Il reddito di cittadinanza nel 2023 resta in piedi, anche se limitato a sette mensilità. E oggi chi può chiederlo, nel momento in cui le sanzioni sono state abrogate, non rischia pene dichiarando il falso. Anche se qui la previsione sembra apocalittica. Perché un falso è comunque punibile con l’attuale legislazione.
Reddito di cittadinanza e truffe non più punite: gli effetti sulla legislazione
Il professore di diritto penale all’Università di Milano Gian Luigi Gatta spiega che «la volontà del legislatore era di far venire meno solo il sussidio. Ma è irragionevole abolire, con il Reddito, i reati di chi indebitamente lo ha percepito. E faccio notare che è grave anche aver cancellato il comma 3 dell’articolo 7».
Perché quel comma «revocava il Reddito e ne imponeva la restituzione al beneficiario condannato per gravi reati come l’associazione mafiosa. Quando si interviene sul diritto penale, bisognerebbe farlo con le pinze, non con la mannaia».
La soluzione corretta sarebbe stata quella di «abrogare tutti gli articoli, meno il 7. Oppure dettare un’apposita disciplina transitoria».
Gatta spiega il possibile effetto sulle condanne: «Il primo gennaio 2024, quando la abrogazione si realizzerà, i suoi legali chiederanno al giudice di revocare la sentenza di condanna. E il giudice sarà a un bivio. Se riconosce l’abolizione del reato, dovrà revocarla. L’alternativa, non sempre agevole, è sostenere che la condotta del condannato è riconducibile ad altri reati non abrogati, il falso e la truffa. E per questo non revocare la condanna».
Reddito di cittadinanza e truffe non più punite: l’effetto su condanne e processi in corso
Per quanto riguarda i processi in corso invece «il giudice deciderà, anche in questo caso, se chiudere il processo per intervenuta abolizione del reato o invocare, se possibile, altre norme del Codice penale come quelle sul falso e la truffa. Certo, l’abrogazione del decreto sul Reddito e del suo articolo 7 ampliano a dismisura i margini di manovra degli imputati, dei condannati e dei loro avvocati».
Dal primo gennaio 2024 potranno invocare l’applicazione di questa norma di maggior favore. Perché a loro darebbe ragione il principio costituzionale di retroattività della legge penale più favorevole. Ora il governo, spiega Gatta, può fare un decreto per rimediare. Il quotidiano riporta anche il commento di Debora Serracchiani, capogruppo Pd alla Camera: «Nella furia di colpire i poveri hanno finito per premiare i truffatori».
Reddito di cittadinanza e truffe non più punite: cosa rischiano i furbetti e le sanzioni
Reddito di cittadinanza e truffe non più punite. E’ evidente che può ben verificarsi l’ipotesi in cui il percettore del RdC non dichiari a INPS quanto sopra, come è facile che avvenga in caso di assunzione in “in nero” ovvero in caso di c.d. “lavoro sommerso”. Può anche verificarsi l’ipotesi di chi, in sede di richiesta del sussidio, nasconda alcuni redditi o patrimoni al fine di ottenere il sussidio.
Ciò premesso, specifichiamo che i percettori abusivi di Rdc possono incorrere nella reclusione da due a sei anni se, al fine di ottenere il sussidio, rendono dichiarazioni false, forniscono documenti attestanti informazioni non vere o omettono notizie dovute.
E’, invece, prevista la reclusione da uno a tre anni per chi non comunica variazioni del reddito o altri aspetti rilevanti per la revoca o la riduzione del RdC, entro le seguenti scadenze:
- 30 giorni in caso di instaurazione di un rapporto come lavoratore dipendente o di avvio di attività d’impresa;
- 15 giorni in caso di modifica della situazione patrimoniale che comporti la perdita dei requisiti per il sussidio.

Reddito di cittadinanza e truffe non più punite: altre conseguenze
Di seguito elenchiamo altri reati in vigore per i furbetti Rdc:
- Il riconoscimento del reato di truffa aggravata finalizzata al conseguimento di erogazioni pubbliche, previsto dall’art. 640 bis del Codice penale;
- La revoca del Reddito di cittadinanza e la restituzione delle somme già percepite;
Inoltre, in caso di condanna per una della due fattispecie sopra indicate è – altresì – previsto il divieto di presentare una nuova richiesta di Rdc prima che siano trascorsi dieci anni dalla condanna. Sanzioni più lievi per i c.d. “i furbetti” del Rdc sono la revoca e la decadenza:
- Incorrono nella revoca del sussidio e nella restituzione delle somme già percepite, coloro che forniscono informazioni non corrispondenti al vero ovvero omettono di comunicare qualsiasi variazione del reddito;
- La decadenza dal Reddito (senza la restituzione delle somme già percepite) è prevista invece se uno o più componenti del nucleo familiare vengono sorpresi a svolgere attività di lavoro dipendente o collaborazione coordinata e continuativa in nero.
Incorre in decadenza dall’erogazione della misura anche colui che percepisce un reddito maggiore di quello effettivamente spettante grazie a dichiarazioni mendaci rese nella Dichiarazione dei Redditi ovvero in qualsiasi altra documentazione fiscale necessaria per ricevere l’erogazione del Reddito.
In questi casi è prevista anche la restituzione di quanto indebitamente percepito. Sono previste anche sanzioni per le aziende che collaborano con i “furbetti” del Reddito ovvero, in primo luogo, per quelle che occupano lavoratori in nero destinatari della misura alle quali vengono applicate, in linea di principio, le stesse misure previste in caso di c.d. “lavoro sommerso”.
Ciò, oltre alla sanzione aggiuntiva della sospensione dell’attività produttiva nei casi in cui siano irregolari almeno il 20% dei dipendenti. Ulteriori sanzioni per l’azienda sono:
- Sanzioni INAIL per omesso versamento dei premi assicurativi;
- Sanzioni INPS per omesso versamento dei contributi previdenziali;
- Sanzioni legate all’erogazione dei compensi in contanti, senza l’utilizzo di metodi di pagamento tracciabili.
Fonti e materiale di approfondimento
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