Con la riforma del catasto, che ha acceso il dibattito politico in Italia, rischia di concretizzarsi anche un notevole incremento della tassazione sulle case.
La riforma del catasto prevede infatti un allineamento del valore degli immobili a fini fiscali al mercato reale.
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Perché potrebbe tramutarsi in una stangata per chi è proprietario di immobili? Molto semplice, i valori catastali sono fermi alla fine degli anni ’80. In quel periodo sono stati aggiornati per l’ultima volta, erano i tempi dell’introduzione dell’Ici.
Riforma del catasto e reddito Isee
Il valore catastale è fondamentale per calcolare:
- l’Imu;
- le imposte di registro;
- le imposte per eredità o donazione;
- per l’Irpef.
Ma non solo. La rendita catastale è determinante per calcolare il reddito Isee.
Come è facilmente intuibile aumentare le rendite catastali significa di fatto far lievitare anche tutta questa tassazione legata alla proprietà immobiliare.
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Riforma del catasto: diversità territoriali
Eppure una riconsiderazione dei valori catastali deve essere affrontata. Non solo perché i vecchi estimi sono del tutto sganciati dal valore di mercato. Ma anche perché non si tiene conto delle diversità territoriali e nelle grandi città non c’è grande differenza tra zone periferiche e centro (anche se le case non hanno certo lo stesso valore).
Per gli appartamenti inoltre, non vengono conteggiati i metri quadrati (come invece accade sul mercato reale), ma i vani catastali. Cosa che crea ulteriori disparità (si potrebbero anche avere 4 stanze molto piccole).
Riforma del catasto: fotografia realistica
L’obiettivo della riforma catastale è quello di avere una fotografia realistica del patrimonio immobiliare. Più vicina quindi al valore di mercato.
E allora:
- suddividere in aree più ridotte le diverse zone della città (con valori che cambiano);
- misurare le abitazioni in metri quadri e non in vani.
Si semplificherà anche il sistema, oggi inutilmente complesso, per la classificazione in classi e categorie.
Senza contare che con gli strumenti oggi a disposizione anche l’Agenzia delle Entrate può offrire una valutazione degli immobili molto più veritiera rispetto agli attuali estimi catastali.

Riforma del catasto: aumenti fino al 300%
Chiaro che con le stesse aliquote un immobile valutato a prezzo di mercato comporterebbe un importante aumento della tassazione. In alcuni Comuni fino al 300% e comunque raramente al di sotto del 100%.
Ma del resto è proprio la consapevolezza che rivedere gli estimi comporti anche un aumento considerevole delle imposte ha impedito alla politica di mettere mano fino alla riforma.
Di rivedere gli estimi si discute dagli anni ’90, anche per una questione di equità.
Riforma del catasto: super tassazione sulla casa
Il punto è che sulla casa la tassazione italiana è già decisamente alta (ha un po’ migliorato le cose la cancellazione dell’Imu dalla prima casa).
Ma resta comunque il bene, molto probabilmente, più “tartassato”. Assai più di altri investimenti. E anche questo, tra l’altro, ha allontanato molti italiani dal “mattone”. Con la conseguenza crisi del settore immobiliare e a catena dell’edilizia.

Riforma del catasto: un settore penalizzato
Il Corriere Economia ha effettuato dei calcoli. Le tasse che è costretto a pagare chi investe in proprietà immobiliari sono il 108% più alte rispetto a chi ha i soldi in un deposito regolamentato.
E questa non è una penalizzazione?
Gli immobili pagano di più perché non possono sfuggire né al controllo né al pagamento delle imposte. Non si possono nascondere. Certo non come i capitali.
In questo caso la riforma del catasto, se da un lato vuole sanare una situazione (equità del valore catastale rispetto al reale valore di mercato), dall’altro però rischia di rendere ancora meno conveniente investire in immobili. Con la conseguenza di mandare di nuovo in difficoltà, dopo anni di grave crisi, un settore che stava finalmente riprendendo vigore.
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