La discussione sulla riforma delle pensioni non si è mai fermata, la pandemia e la guerra in Ucraina hanno solo rallentato il dibattito, vediamo a che punto è. (scopri le ultime notizie e poi leggi su Telegram tutte le news sulle pensioni e sulla previdenza. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegram e nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).
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L’obiettivo del governo e della parti sociali è quello di chiudere la riforma delle pensioni entro l’anno. Su molti punti c’è già un accordo di massima, su altri il dialogo è aperto, ma la contrapposizione non è così frontale. Non come prima.
Le parole chiave sono flessibilità, sostenibilità, giovani e donne.
Su tre di queste priorità sono tutti sulla stessa linea. Le divergenze arrivano sulla sostenibilità.
E lì c’è da fare qualche conto: non è semplice. Come vedremo è bastato qualche anno di quota 100 per incidere sui conti per oltre 50 miliardi.
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Riforma delle pensioni: invecchiamento della popolazione
L’altro aspetto chiave (e delicato) è l’invecchiamento costante della popolazione. Basta un dato: l’età media in tanti uffici pubblici viaggia oltre i 50 anni. Una forza lavoro che è già molto vicina all’età della pensione.
Contributi pensione minima, qual è il minimo da versare?
Lo stesso presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, autore di una proposta di riforma delle pensioni che ha raccolto diversi consensi, ha dichiarato che nel ministero si lavora con intensità a una ristrutturazione della previdenza che metta insieme la sostenibilità con la flessibilità.
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Riforma delle pensioni: la proposta
Al momento la proposta sul tavolo è questa:
- 62 o 64 di età anagrafica;
- almeno 20 anni di contribuzione;
- calcolo dell’importo con il sistema contributivo;
- dopo i 67 anni verranno calcolati anche i contributi che ricadono nel sistema retributivo (i periodi lavorati fino al 31 dicembre del 1995).
Riforma delle pensioni: retributivo o contributivo
Per mesi lo scontro tra le parti sociali e il governo è stato tutto puntato proprio sui contributi:
- il governo chiedeva venissero calcolati per le uscite anticipate solo con il contributivo (come l’Ape Sociale e Opzione Donna);
- i sindacati volevano salvaguardare anche la quota retributiva;
- la proposta di Tridico metteva insieme le due possibilità: se esce in anticipo solo con il contributivo e a 67 anni si riceve anche la quota retributiva.
In pensione a 63 anni, vediamo con quali contributi
Per intenderci chiariamo due cose:
- con il calcolo contributivo il lavoratore viene un po’ penalizzato perché si basa sui contributi effettivamente versati;
- il calcolo retributivo ha come riferimento la retribuzione.
Si tratta comunque di una questione che è destinata a sfumare nel tempo.
E spieghiamo perché: oggi chi ha versato 30 anni di contributi, ne ha solo 3 da calcolare con il retributivo (dal primo gennaio 1996 è tutto contributivo). La penalizzazione sarebbe dunque minima.
In pensione con 15 anni di contributi, ecco come
Con il trascorrere degli anni l’incidenza delle pensioni che sono maturate nel periodo retributivo (fino al 31 dicembre 1995) sarà sempre minore.
Per cui bisogna trovare una soluzione che risponda a queste due esigenze:
- non penalizzare troppo chi ha maturato anni di pensione nel sistema retributivo;
- non mettere a rischio il sistema e di conseguenza le pensioni di chi è giovane adesso.
Non ci sembra un’equazione così difficile.
Riforma delle pensioni: 62 o 64 anni
E infatti governo e sindacati negli ultimi mesi sembrano aver trovato un percorso comune.
Resta la differenza sull’età anagrafica per andare in pensione:
- i sindacati spingono per i 62 anni;
- il governo non vuole scendere sotto i 64.
Ma c’è anche un’altra ipotesi che si fa strada rispetto all’età per andare in pensione:
si esce quando si vuole, ma con la consapevolezza che più si anticipa e più si riduce l’assegno.
Quest’ultima proposta garantirebbe flessibilità massima e sostenibilità dei conti.

Riforma delle pensioni: quanto pesano i dipendenti pubblici
E a proposito di sostenibilità dei conti i numeri al momento non suscitano ottimismo. La corsa verso l’alto sembra inarrestabile, in particolare per i dipendenti pubblici.
Lo conferma un recentissimo report dell’Inps. All’inizio dell’anno risultavano in pensione 3,08 milioni di statali. L’aumento della spesa tra il 2021 e il 2022 è stato del 3%.
Ma un quadro più preciso (e preoccupante) arriva dalla «Relazione sugli andamenti della spesa e delle entrate contributive», pubblicata dal ministero dell’Economia, che contiene tutti i dati riferiti ai dipendenti pubblici.
Vediamo:
nel 2000 la spesa pensionistica dei dipendenti pubblici era di 38 miliardi di euro;
nel 2010 è arrivata a 58 miliardi;
nel 2021 è salita a 79 miliardi.
Una crescita importante, soprattutto se si pensa che l’età media dei dipendenti pubblici è di circa 50 anni. In alcuni ministeri 40mila dipendenti su 130mila hanno superato i 60 anni: sono a un passo dal pensionamento.
Su questi numeri ha inciso anche Quota 100, la riforma approvata qualche anno fa e poi eliminata perché troppo costosa. Proprio per questo prima di approvare la prossima riforma delle pensioni sarà necessario pensare bene alle conseguenze. Ovvero, alla sostenibilità.
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