Riforma delle pensioni: in Italia importi troppo bassi

Riforma delle pensioni: in Italia importi troppo bassi, la metà dei trattamenti è inferiore a 750 euro. Situazione ancora più difficile per le donne. I dati dell’Osservatorio INPS. Un quadro preoccupante del nostro sistema previdenziale.

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Riforma delle pensioni: in Italia gli importi sono troppo bassi, più del 50 per cento dei trattamento non va oltre i 750 euro. (scopri le ultime notizie e poi leggi su Telegram tutte le news sulle pensioni e sulla previdenza. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegram e nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).

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Ma sotto i mille euro sono il 65 per cento (11,5 milioni di pensionati). Per le donne va decisamente peggio: il 78,7 per cento non arriva a ricevere un trattamento superiore a 1000 euro.

I dati sono ricavati dall’analisi dell’Osservatorio INPS. Bisogna precisare, comunque, che dalla ricerca sono stati esclusi i trattamenti previdenziali dei dipendenti pubblici.

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C’è da aggiungere che il 21,2 per cento degli importi non arriva a 500 euro. Sono numeri che dovrebbero imporre una riflessione al governo, impegnato nella riforma delle pensioni.

Insomma: non solo i criteri di uscita della Fornero sono rigidi, ma il passaggio dal sistema di calcolo retributivo a quello contributivo ha comportato una riduzione degli assegni che ridisegna la geografia economica del Paese: le condizioni di vita degli anziani rischiano di essere sempre più difficili. A soffrire ancora di più per gli importi bassi sono soprattutto le donne.

Su questo argomento puoi leggere un post che spiega come l’età media per andare in pensione in Italia sia di 61 anni (nonostante la Fornero); abbiamo anche verificato di quanto potrebbero aumentare per l’inflazione le pensioni nel 2024; c’è infine un articolo che spiega cosa serve per avere l’assegno sociale.

Riforma delle pensioni: classi più basse

E dunque, quasi 10 milioni di trattamenti pensionistici (55,8 per cento complessivamente, il 67,6 per cento tra le donne) non raggiungono i 750 euro.

Bisogna però analizzare meglio alcuni dati, ci aiutano a definire nel dettaglio la situazione ed è doveroso ricordare che una percentuale di anziani è anche titolare di altri redditi o prestazioni.

Proprio per questo un’altra percentuale inquadra meglio la condizione di disagio degli anziani: tra le pensioni al di sotto dei 750 euro, il 43,1 per cento (4.272,173, il 25 per cento del totale), beneficia di prestazioni che sono concesse solo a redditi bassi (integrazioni al minimo, maggiorazioni sociali, pensioni e assegni sociali e pensioni di invalidità civile).

Quei 4 milioni e oltre di anziani vivono quindi in una effettiva situazione di disagio economico. Molti altri sono leggermente al di sopra di quella soglia, ma non abbastanza da potersi definire “tranquilli”.

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Riforma delle pensioni: divario di genere

Come accennato la situazione è decisamente peggiore tra le donne.

Qualche numero per capirci, il riferimento è alle pensioni di vecchiaia (67 anni, almeno 20 di contribuzione):

  • donne: percentuale di importi al di sotto dei 750 euro, 40,9 per cento;
  • uomini: percentuale di importi al di sotto dei 750 euro, 18,4 per cento.

E parliamo di pensioni di vecchiaia, complessivamente più “ricche”. Infatti per questi trattamenti il 19,8 per cento ha i requisiti per accedere a un sostegno al reddito.

Tra gli uomini, il 44,8 per cento delle pensioni di vecchiaia ha un importo che oscilla tra 1500 e 3000 euro.

Le donne che ricevono la pensione di vecchiaia sono 3,9 milioni. Gli uomini sono 5,3 milioni.

Le donne sono invece in numero superiore agli uomini per quanto riguarda le pensioni erogate ai superstiti, 3,02 milioni contro 437.000 e per quelle agli invalidi civili (1,88 milioni contro 1,34).

Sono di più anche le donne, rispetto agli uomini, che ricevono l’assegno sociale.

Riforma delle pensioni: 231 miliardi di euro

I trattamenti pensionistici attivi nel 2023 (con l’esclusione dei dipendenti pubblici) sono 17.718.685. Così suddivise:

  • di natura previdenziale: 77,2 per cento;
  • di natura assistenziale: 22,8 per cento.

La spesa complessiva è di 231 miliardi di euro l’anno.

Nel 2022 l’INPS ha liquidato 1.350.222 nuove pensioni.

Riforma delle pensioni: prevalenza pensioni basse

Il 55,8 per cento dei pensionati riceve importi inferiori a 750 euro (è la prestazione, non il reddito del pensionato). Sono così suddivise tra le varie gestioni:

  • gestione dipendenti privati: 47,9 per cento;
  • fondo pensioni lavoratori dipendenti: 45,2 per cento;
  • gestione lavoratori autonomi:  28,3 per cento;
  • gestioni assistenziali: 22,8 per cento.

Queste sono invece le tipologie di pensioni erogate:

  • pensioni di vecchiaia: 68,7 per cento;
  • pensioni di invalidità previdenziale: 5,2 per cento;
  • pensioni ai superstiti: 26,1 per cento.

Le pensioni di tipo assistenziale sono ripartite in questo modo:

  • pensioni e assegno sociali: 20,3 per cento;
  • pensione agli invalidi civili: 74,3 per cento.
Riforma delle pensioni: in Italia importi troppo bassi
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Tipologie e distribuzione territoriale

Vediamo com’è la distribuzione territoriale delle pensioni e se ci sono delle differenze evidenti negli importi tra le diverse aree della Penisola:

  • il 55,3 per cento delle somme erogate viene distribuito a pensionati che abitano nell’Italia del Nord (per le sole pensioni di vecchiaia il dato sale al 60,2 per cento);
  • il 24,3 per cento delle somme erogate viene distribuito al Sud e nelle Isole;
  • il 19,7 per cento delle somme erogate viene distribuito nelle regioni del Centro;
  • lo 0,7 per cento delle somme erogate viene distribuito a cittadini residenti all’estero.

L’importo medio mensile della pensione di vecchiaia è di 1.359,53 euro (nel Nord questa cifra sale a 1.456,712 euro).

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