Riforma delle pensioni subito o si esce a 67 anni

Riforma delle pensioni subito o si esce a 67 anni con l'inevitabile ritorno alla legge Fornero. L'intesa sembrava vicina per una maggiore flessibilità in uscita (64 o 63 anni), ma la guerra prima e la crisi politico ora hanno impedito l'approvazione della riforma previdenziale. Cosa può accadere ora e quali sono le ipotesi più probabili.

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6' di lettura

Riforma delle pensioni subito o si esce a 67 anni con il ritorno nel 2023 della legge Fornero. (scopri le ultime notizie su bonus, Rem, Rdc e assegno unico. Leggi su Telegram tutte le news su Invalidità e Legge 104. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegram e nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).

Cosa succederà ora con la caduta del governo Draghi? Su TheWam.net abbiamo descritto gli scenari possibili per reddito di cittadinanza, bonus e pensioni, abbiamo parlato dei pagamenti dell’assegno unico sull’Rdc e dell’assegno universale dal 25 al 30 luglio 2022.

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L’impresa però è ai limiti del possibile dopo la caduta del governo Draghi. Ma quella del sistema previdenziale è una riforma indispensabile per il Paese e par i tanti cittadini che chiedono una maggiore flessibilità in uscita.

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Riforma delle pensioni: il quasi accordo

L’esecutivo, insieme ai partiti e alle parte sociali, ha portato avanti in questi mesi un lavoro importante. La guerra in Ucraina, l’inflazione e l’emergenza energetica (ma anche la dibattuta riforma del catasto e le concessioni balneari) hanno rallentato la ridefinizione dell’intero sistema, che avrebbe dovuto essere approvato, nei programmi, entro la primavera.

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Anche dopo la dimissioni, il presidente del Consiglio uscente ha ribadito la necessità di un «meccanismo che garantisca la flessibilità in uscita e un impianto sostenibile ancorato al sistema contributivo».

Riforma delle pensioni: scelta contributiva

La grande questione nei mesi scorsi ha riguardato il sistema contributivo. Che rispetto al retributivo penalizza i pensionati. Ma s’è capito che indietro non è possibile tornare. Del resto con il retributivo (la pensione si basa sulla retribuzione e non sui contributi) i conti non tornano: la previdenza non potrebbe essere assicurata per chi andrà in pensione nei prossimi anni. La sostenibilità, appunto.

Riforma delle pensioni in sospeso

La riforma al momento resta in sospeso. Difficile che un governo chiamato a dirimere solo le questioni ordinarie (o urgenti, come il Pnrr), possa approvare una riforma strutturale così complessa. (Riforma delle pensioni 2022: ecco tutte le possibilità)

Probabilmente per scongiurare dal 2023 un ritorno alla legge Fornero sarà prorogata Quota 102, oltre all’Ape Sociale e a Opzione Donna, che hanno comunque garantito per una fascia di popolazione la possibilità di uscire prima dei 67 anni (e che sono caratterizzate dal calcolo contributivo per la quantificazione degli importi).

A metà febbraio l’intesa tra governo, partiti e parti sociali non era lontana. La prospettiva di una approvazione della Riforma entro la primavera sembrava a un passo. Poi, come detto, la guerra e tutte le conseguenze successive hanno impedito alla discussione di concludersi un accordo definitivo.

Riforma delle pensioni: flop Quota 100

Sul tavolo ci sono ipotesi precise e dalle quali difficilmente si discosterà anche il prossimo governo. Si punta a evitare una nuova debacle come quella di Quota 100 (una misura bandiera della Lega), che alla fine non è stata utilizzata per uscire dal lavoro da un numero così alto di italiani e si è dimostrata così costosa da essere del tutto insostenibile per gli equilibri finanziari della previdenza.

Con quota 100, lo ricordiamo, si poteva andare in pensione a 42 anni con 38 di contributi.

Nelle intenzioni dei promotori avrebbe dovuto sollecitare quel ricambio generazionale nelle aziende che non c’è stato.

Riforma delle pensioni: 64 anni e 20 di contributi

Ma torniamo a ora, a quello che potrebbe essere il futuro del sistema pensionistico italiano (se non subito almeno, si spera, nei primi mesi del prossimo anno).

L’uscita è stata prevista a 64 anni con almeno 20 anni di contribuzione. Questa possibilità già esiste (solo con il contributivo), ma è riservata a chi ha avuto stipendi molto alti. Infatti il limite minimo dell’importo maturato doveva essere 2,8 volte la pensione sociale (più di 1.300 euro al mese, obiettivo difficile con 20 anni di contributi). Si pensa di ridurre quel limite e aprire questa possibilità anche a chi rientra nel sistema misto (retributivo, contributivo, perché ha iniziato a lavorare prima del 1996).

Questa uscita anticipata a 64 anni (e almeno 20 di contributi), comporterebbe una penalizzazione del 3% su ogni anno di anticipo. I tre anni di anticipo peserebbero quindi un po’ meno del 10% sull’importo del trattamento pensionistico. Il presidente del Consiglio ha anche aperto alla possibilità di aprire al sistema misto (quindi anche retributivo), che riduce la penalizzazione.

La scelta è stata fatta dopo che uno studio ha valutato un aumento dei costi non superiore al 30% e in diminuzione costante con il passare degli anni.

Riforma delle pensioni: uscita a 63 anni

Tra le proposte più accreditate c’è anche quella avanzata dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico.

Uscita a 63 anni con il sistema misto. In quel momento si avrà diritto alla pensione che è stata maturata con il calcolo contributivo, al raggiungimento della pensione di vecchiaia (67 anni) riceverà la pensione completa.

Questa ipotesi è convincente perché non penalizza molto il lavoratore ed è sostenibile. L’aggravio finanziario sarebbe di 2,5 miliardi per i primi 3 anni e di un risparmio negli anni successivi (mettendo in sicurezza anche la pensione di chi oggi è giovane).

I requisiti della proposta Tridico sono questi:

  • almeno 63 o 64 anni di età;
  • possesso di almeno 20 anni di contribuzione;
  • aver maturato, alla data di accesso alla prestazione, una quota contributiva di pensione di importo pari o superiore a 1,2 volte l’assegno sociale. La prestazione completa spetterebbe, come detto, fino al raggiungimento del diritto per la pensione di vecchiaia.

Riforma delle pensioni: Quota 103

La Lega ha invece proposto quota 41. Ovvero 41 anni di contributi e 62 di età. Sarebbe in pratica una Quota 103. Ma questa riforma rischia di non essere sostenibile. Costa infatti 18 miliardi in 3 anni.

Riforma delle pensioni: riscatto laurea gratis

Resta in discussione anche la possibilità di riscattare gratis la laurea. Anche in questo caso la proposta è stata avanzata dal presidente dell’Inps. E ha come riferimento la Germania (dove si possono riscattare gratuitamente anche gli ultimi due anni delle superiori). Sarebbe anche un modo per invogliare più ragazzi a iscriversi all’università e a completare il percorso di studi. L’Italia infatti ha tre le percentuali più basse dell’Ue di laureati.

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