Opzione donna, novità in arrivo? Le ipotesi del governo

Ultime notizie su Opzione Donna: il governo pensa a nuove modifiche, ma quando entrerebbero in vigore? Ecco cosa potrebbe cambiare.

Carmine Roca è un giornalista esperto in pensioni e fisco.
Conoscilo meglio

4' di lettura

Quali sono le ultime notizie su Opzione Donna? Vediamole insieme in questo approfondimento (scopri le ultime notizie e poi leggi su Telegram tutte le news sulle pensioni e sulla previdenza. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegram e nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).

Indice

Ultime notizie su Opzione Donna: il governo fa un passo indietro?

Opzione Donna, nella versione del governo Maroni, non è mai piaciuta e ha incontrato pareri negativi fin dalle prime indiscrezioni. Figurarsi dopo l’entrata in vigore avvenuta il 1° gennaio 2023.

Le ultime notizie su Opzione Donna vorrebbero un passo indietro dell’esecutivo, l’eliminazione del criterio “figli” e un abbassamento dell’età minima necessaria per accedere alla formula previdenziale anticipata.

L’introduzione dei paletti figli e categorie fragili ha provocato una sensibile riduzione della platea delle potenziali beneficiarie: dalle possibili 13.200 alle 2.900 fortunate.

Un mezzo ritorno al passato allargherebbe la platea di beneficiarie, oltre 4 volte quella attuale (circa 12.000 donne): ma le modifiche entreranno in vigore subito o soltanto nel 2024? Quel che è certo è che per intervenire nuovamente sulla misura occorrono 80 milioni di euro e che la spesa è destinata ad aumentare l’anno prossimo.

La domanda è d’obbligo a circa un mese dall’avvio delle domande per Opzione Donna: fondamentale sarà il prossimo decreto del ministero del Lavoro, chiamato a modificare anche le linee guida del Reddito di cittadinanza.

Scopri la pagina dedicata all’opportunità di Opzione Donna per andare in pensione anticipata.

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Ultime notizie su Opzione Donna: cosa è cambiato nel 2023

Fino al 2022 si è potuto accedere a Opzione Donna con 35 anni di contributi versati, al compimento dei 58 anni di età (per le lavoratrici dipendenti) o dei 59 anni di età (per le lavoratrici autonome).

Erano questi gli unici requisiti da possedere per beneficiare di questa misura anticipata, piuttosto penalizzante in termini economici, dal momento che il calcolo dell’assegno avviene esclusivamente con il sistema contributivo, anche per gli anni di contributi versati prima del 1996.

Dal 1° gennaio 2023, Opzione Donna è diventata molto meno accessibile. Sono rimasti in vigore soltanto il requisito contributivo (35 anni) e il ricalcolo dell’assegno con il metodo contributivo, mentre è cambiato tutto il resto.

Non esiste più la differenza tra dipendenti e autonome, ma tra donne con figli e senza figli. Chi non ha figli può andare in pensione soltanto a 60 anni, chi ha un figlio a 59 anni, chi ha due o più figli a 58 anni.

Ma per accedere a Opzione Donna è necessario rientrare nelle categorie fragili individuate dal governo:

  • licenziate o dipendenti di aziende in crisi;
  • caregiver che assistono da almeno 6 mesi il coniuge o un familiare entro il secondo grado di parentela;
  • invalide con una percentuale di invalidità pari o superiore al 74%.
Ultime notizie su Opzione Donna
Ultime notizie su Opzione Donna: in foto una donna al computer.

Ultime notizie su Opzione Donna: cosa cambierà nel 2024?

Ma cosa prevede la riforma del ministero del Lavoro per Opzione Donna?

In primo luogo un abbassamento dell’età minima per accedervi: da 60 anni a 59 anni, con la possibilità di un ulteriore anno di sconto per le donne che rientrano nelle categorie fragili (licenziate, dipendenti di aziende in crisi, caregiver e invalide).

Conferme in vista per il requisito contributivo (non si scappa dai 35 anni di contributi) e per il ricalcolo dell’assegno con il sistema contributivo, con tagli sull’importo fino al 30% rispetto a una pensione calcolata col sistema misto.

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