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Riforma pensioni 2023 e invalidità: cosa ci aspetta

Riforma pensioni 2023 e invalidità: cosa ci aspetta, quali sono le riforme, cosa potrebbe cambiare.

di The Wam

Dicembre 2022

Riforma pensioni 2023 e invalidità, il governo al momento ha poche idee e confuse. (scopri le ultime notizie e poi leggi su Telegram tutte le news sulle pensioni e sulla previdenza. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegram e nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).

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Dopo aver annunciato che sarebbero state confermate le misure in scadenza (Ape sociale, Opzione donna e Quota 102) per poi preparare una riforma strutturale del sistema previdenziale nei prossimi mesi ha più volte cambiato idea, generando grande confusione tra i cittadini.

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Oltre a far crescere dubbi sulla riforma che verrà, questo caos ha imposto una inevitabile domanda: se questi sono i primi passi, cosa accadrà quando il governo dovrà rimodulare l’intero sistema previdenziale? E come si comporterà quando si tratterà di modificare il delicato settore che riguarda le persone con una invalidità?

Dubbi leciti, soprattutto alla luce di quello che è stato fatto in queste settimane. Vediamo insieme come sono peggiorate le condizioni per chi aveva deciso di andare in pensione nel 2023 con gli strumenti che sono a disposizione fino al 31 dicembre.

Su questo argomento puoi leggere un post che sulla riforma pensioni spiega perché e tutto rimandato al 2023; in un focus si analizzano le proposte che aveva formulato Meloni qualche mese fa;  mentre in un articolo si raccontano i continui dietrofront del governo sui Opzione donna.

Riforma pensioni 2023 e invalidità: situazione peggiorata

Il buon senso e anche le parole degli stessi esponenti dell’esecutivo lasciavano intendere che la soluzione migliore era appunto quella di prorogare per un anno le prestazioni in scadenza così da avere il tempo di apportare quelle modifiche necessarie per una riforma capace di coniugare flessibilità e sostenibilità nel medio/lungo periodo.

Invece, si è deciso di intervenire: ne è venuto fuori un pasticcio che ha solo reso meno accessibile per i lavoratori l’accesso a delle pensioni anticipate.

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Riforma pensioni 2023 e invalidità: da Quota 102 a Quota 103

Il caso emblematico è il passaggio da Quota 102 a Quota 103. La misura bandiera della Lega (Quota 103, appunto) è stata agitata in campagna elettorale come il toccasana per consentire ai lavoratori una maggiore flessibilità in uscita.

E invece, dopo aver approvato una Quota 103 piena di “paletti” l’esecutivo si è accorto che potranno accedere (potenzialmente) a quella misura non più di 48mila lavoratori (con un esborso neppure da poco per la casse dello Stato).

Insomma, siamo passati da;

Non si è trattato di un passo avanti: si è solo ridotto il numero dei potenziali lavoratori che avrebbero potuto accedere alla pensione anticipata.

Era meglio lasciare Quota 102. Aveva un costo più alto? Forse è vero, ma prorogare la misura per sei mesi in attesa di trovare una soluzione meno raffazzonata di Quota 103 sarebbe stato certamente meglio.

Anche perché la prestazione previdenziale proposta in campagna elettorale era molto diversa: in pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età (e senza soglie e limiti).

Riforma pensioni 2023 e invalidità: pasticcio Opzione donna

Ma dove il governo si è superato è nell’operazione Opzione donna. Siamo passati dalla possibilità di estendere la misura anche ai lavoratori, con Opzione uomo, a quella che di fatto era diventata Opzione zero: sono stati imposti così tanti paletti che di fatto a poter accedere a questa uscita anticipata nel 2023 sarebbero state tra 900 e 2.900 donne. Praticamente nessuna.

Il balletto su Opzione donna è stato ancora più imbarazzante. La confusione rispetto a questa prestazione è iniziata subito. Già nelle prime bozze del disegno di legge per il bilancio, alla voce Opzione donna non c’era scritto nulla. Una pagina in bianco.

Significava una cosa molto chiara: il governo non aveva nessuna idea su cosa fare: lasciarla così com’era, modificarla un po’, modificarla radicalmente.

Riforma pensioni 2023 e invalidità: Opzione donna, tre modifiche

L’esecutivo ha prima pensato di modificarla un po’: lavoratrici in pensione a 60 anni, con 35 di contributi e uno sconto di un anno o due per chi aveva avuto figli.

Il governo ha fatto due conti e concluso: non va bene, bisogna cambiarla ancora.

E quindi si è passati alla modifica radicale, restringendo la platea delle possibili beneficiarie: in pensione a 60 anni (sempre con lo sconto in caso di figli), 35 di contributi,  ma solo per le caregiver, le invalide e le disoccupate o impegnate in aziende in stato di crisi.

Oltre a non accorgersi di accavallarsi a una misura che già esiste (l’Ape sociale) e che è stata confermata, l’esecutivo non ha notato che così facendo quasi nessuna donna avrebbe potuto accedere alla misura. E quindi nuova retromarcia: a meno di cambiamenti dell’ultima ora Opzione donna resterà così come negli anni scorsi, per altri sei, otto mesi.

Riforma pensioni 2023 e invalidità: ma Opzione donna costa?

Tutta questa frenesia di cambiare Opzione donna è oltretutto ingiustificata. Se è vero che la misura nei primi anni ha un costo per la previdenza, è anche vero che a lungo andare si traduce in un consistente risparmio per lo Stato.

Per accedere a Opzione donna, le lavoratrici effettuano un calcolo solo contributivo per determinare l’importo del trattamento, e questo riduce l’assegno di circa il 25% (per sempre). 

È dunque ovvio che nel medio termine tutto questo si traduce in un risparmio rilevante. E allora? Perché questa fregola di cambiare Opzione donna e di renderla di fatto quasi irraggiungibile?

Riforma pensioni 2023 e invalidità: persone fragili

A questo punto è stato meglio che il governo non abbia provato a mettere mano all’incandescente situazione che riguarda le pensioni di invalidità. Le prestazioni sociali sono quasi tutte la metà del minimo, praticamente molto al di sotto della soglia di povertà: ci chiediamo se e come il governo intende aumentarle.

Temiamo si vada verso il consueto gioco delle tre carte: si toglie il reddito (che al 50/60% va anche a persone con invalidità) per aumentare le rendite alle persone fragili. Ovvero: per una buona fetta di invalidi le condizioni economiche rischiano di peggiorare.

Per ora sui trattamenti per l’invalidità siamo alle vaghe promesse (saranno aumentate). Speriamo non accada come con Quota 103 (peggiore di Quota 102) o Opzione donna (che hanno di fatto tentato di azzerare).

Riforma pensioni 2023 e invalidità: cosa ci aspetta

Riforma pensioni 2023 e invalidità: oltre la Fornero

Il governo Meloni ha dichiarato che si vuole andare oltre la Fornero. Quello che bisogna chiedersi è “come”. Sul punto c’è ancora vaghezza. I primi passi sulla riforma delle pensioni non sono stati convincenti. Hanno lasciato nei cittadini più dubbi che certezze. Vogliamo sperare che nelle gaffe previdenziali abbia inciso la fretta (poco tempo per la manovra di Bilancio) e le ristrettezze economiche (fondi dirottati sul caro bollette). Nei prossimi mesi, anche prima, sapremo meglio la direzione che intende seguire l’esecutivo. Per ora ci resta una delle critiche formulate dai sindacati: questo governo ha deciso di usare i pensionati per fare cassa. Speriamo sia una accusa esagerata e che nella sostanza si vada verso la direzione che è stata tracciata nei mesi scorsi: un sistema previdenziale più flessibile, non così penalizzante e che riesca a dare garanzie anche ai pensionati di domani.

Non è un’impresa semplice. Ma chi è chiamato a governare ha proprio il compito di affrontare e risolvere situazioni complesse.

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