Riforma pensioni, tutto rimandato al 2023? Cosa aspettarsi e cosa no (o almeno non nell’immediato), dal nuovo Governo? Ne parliamo in questo approfondimento (scopri le ultime notizie e poi leggi su Telegram tutte le news sulle pensioni e sulla previdenza. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegram e nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).
Indice
- Riforma pensioni: premessa
- Riforma pensioni: cosa aspettarsi entro fine 2022
- Riforma pensioni: cosa attendersi dal 2023
- Riforma pensioni: idee e speranze
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Riforma pensioni: premessa
C’è attesa per la Legge di Bilancio che il Governo Meloni s’appresta a presentare in Parlamento, soprattutto per ciò che concerne la riforma pensioni.
Secondo indiscrezioni la nuova struttura previdenziale verrà affrontata solo marginalmente, considerato il poco tempo a disposizione del nuovo esecutivo e le scarse risorse economiche da investire, destinate a limitare i danni del caro energia per famiglie e imprese.
La riforma pensioni, dunque, entrerà nel vivo soltanto nel 2023. Entro fine anno ci si limiterà a ufficializzare la proroga di due misure anticipate: Opzione Donna e l’Ape Sociale, entrambe “in scadenza” al 31 dicembre 2022.
L’altra novità dovrebbe essere rappresentata dalla conferma di Quota 102, ma rivisitata e accessibile a una platea più ampia di beneficiari, con limiti anagrafici e contributivi flessibili e non più fissi.
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Di questo, di ciò che accadrà nel 2023 e di quello che, invece, difficilmente potrà accadere ne parliamo nei prossimi paragrafi.
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Riforma pensioni: cosa aspettarsi entro fine 2022
Vi abbiamo anticipato che entro il 31 dicembre 2022 il nuovo Governo si limiterà a prorogare Opzione Donna e l’Ape Sociale e, probabilmente, a dare nuova linfa a Quota 102, per poi intervenire concretamente sulla riforma pensioni nel 2023.
Anche il prossimo anno per le donne lavoratrici, dipendenti e autonome, sarà possibile accedere alla pensione con Opzione Donna, al compimento dei 58 anni di età (59 anni per le autonome) e alla maturazione di 35 anni di contributi.
Verrà confermato (purtroppo) il parametro del calcolo dell’assegno previdenziale col sistema contributivo puro, penalizzante e non poco per le lavoratrici (previsti tagli fino al 30-35%).
Rimarrà in vita anche l’Ape Sociale. Riconfermati i requisiti: 63 anni di età e almeno 30 anni di contributi per i disoccupati senza ammortizzatori sociali, i lavoratori caregiver che da almeno 6 mesi assistono il coniuge o un familiare entro il secondo grado di parentela con disabilità grave e per i lavoratori invalidi con una percentuale pari o superiore al 74%.
Ai lavoratori impiegati in mansioni gravose sarà necessario maturare almeno 36 anni di contributi (32 anni di contributi per i lavoratori edili) associati a 63 anni di età.
Ma è soprattutto a Quota 102 che si presta più attenzione. La volontà del Governo Meloni, in attesa di una riforma pensioni più elaborata, è dare ancora fiducia alla misura introdotta dal Governo Draghi, ma con una maggiore flessibilità in uscita.
Attualmente è possibile accedere a Quota 102 soltanto con 64 anni di età e 38 di contributi. Dal 2023 anche altri lavoratori che rispettano la quota 102 combinando età e contributi potrebbero accedervi.
Sarebbe possibile andare in pensione con diverse combinazioni possibili comprese tra i 61 e i 66 anni di età e tra i 36 e 41 anni di contributi. Ad esempio: 61 anni e 41 anni di contributi, oppure 62 anni e 40 di contributi o ancora 66 anni e 36 di contributi.
L’alternativa è Quota 103, che entrerebbe in vigore a partire dal 1° gennaio 2023, permettendo ai lavoratori dipendenti pubblici o privati di andare in pensione con 41 anni di contributi e 62 anni di età, oppure con 61 anni di età e 42 di contributi.
In questa tabella riepilogativa osserviamo quali potrebbero essere le novità introdotte con la riforma pensioni attesa entro fine anno:
MISURE PREVIDENZIALI | DESCRIZIONE |
Proroga di Opzione Donna | In pensione con 58 anni di età (lavoratrici dipendenti) o 59 anni di età (lavoratrici autonome) e 35 anni di contributi. Assegno calcolato col sistema contributivo puro. |
Proroga dell’Ape Sociale | In pensione a 63 anni e con 30 anni di contributi per disoccupati, caregiver, invalidi al 74%; con 36 anni di contributi per i lavoratori impiegati in mansioni gravose (32 anni di contributi per i lavoratori edili). |
Quota 102 con parametri variabili | In pensione con un’età compresa tra i 61 anni e i 66 anni e un’anzianità contributiva compresa tra i 36 anni e 41 anni. La somma di età e contributi deve dare come risultato 102. |
Introduzione di Quota 103 | In pensione con 61-62 anni di età e con 41-42 anni di contributi. La somma di età e contributi deve dare come risultato 103. |
Riforma pensioni: cosa attendersi dal 2023
Abbiamo visto, dunque, cosa potrebbe riservare la mini riforma pensioni prevista dal Governo Meloni entro la fine del 2022.
Vediamo ora cosa potrebbe riservarci il futuro e quali sono le proposte valutate e quali quelle inaccessibili, almeno per il momento.
È noto che la Lega e Matteo Salvini spingano forte su Quota 41 per tutti. Nelle intenzioni del leader del Carroccio, punto di forza dell’ultima campagna elettorale, c’è l’introduzione di una misura anticipata accessibile, a tutti, con 41 anni di contributi, a prescindere dall’età anagrafica.
La soluzione, che ad oggi con parametri diversi viene riservata soltanto ai lavoratori precoci (che hanno versato un anno di contributi entro i 19 anni di età e appartengono a determinate categorie), piace ai sindacati e anche a una grossa fetta di pensionati (almeno 200.000 quelli che vi accederebbero), ma costa troppo per le casse dello Stato: circa 5 miliardi di euro l’anno.
Almeno per il momento, dunque, non verrà introdotta nel sistema previdenziale. L’obiettivo di Salvini è riuscirci entro la fine di questa legislatura.
L’alternativa è un Quota 41, ma con vincoli di età: una sorta di Quota 102 rivisitata, se pensiamo che si potrebbe accedere alla misura con 41 anni di contributi e non meno di 61 anni di età.
Una delle idee di Fratelli d’Italia e del suo leader, nonché premier, Giorgia Meloni è stata andare in pensione con 62 anni di età e 35 di contributi, con un premio a chi continua a lavorare almeno fino a 66 anni e una penalizzazione sull’importo dell’assegno per chi vi accede a 62 anni. La proposta pare essere finita nel dimenticatoio.
Senza dimenticare Opzione Uomo, che seguirebbe la scia poco fortunata di Opzione Donna e permetterebbe anche agli uomini con 58 e 59 anni di età di andare in pensione con 35 anni di contributi. L’assegno verrebbe calcolato col sistema contributivo puro e penalizzerebbe non poco il lavoratore.
In questa tabella, invece, vediamo insieme cosa non aspettarsi nell’immediato con la riforma pensioni.
PROPOSTE | DESCRIZIONE |
Quota 41 per tutti | In pensione con 41 anni di contributi, a prescindere dall’età anagrafica (costi elevati, si punta a introdurla entro la fine di questa legislatura). |
In pensione a 62 anni e con 35 di contributi | Previsti premi a chi prosegue l’attività lavorativa almeno fino ai 66 anni di età e penalizzazioni sull’importo della pensione per chi vi accede sotto i 66 anni di età. |
Opzione Uomo | In pensione a 58 anni (dipendenti) o 59 anni (autonomi) e 35 anni di contributi. Calcolo dell’assegno col sistema contributivo puro. |
Riforma pensioni: idee e speranze
Proprio sulla modifica del sistema contributivo per il calcolo delle pensioni potrebbe concentrarsi il nuovo Governo. Ogni anno, calcoli alla mano, le pensioni diminuiscono di circa 30 euro e oltre un terzo degli assegni previdenziali è inferiore a 1.000 euro lordi.
Tra qualche anno i pensionati, con alle spalle carriere lavorative lunghe e faticose, potrebbero essere considerati i nuovi poveri, senza un intervento immediato e concreto della politica.
È fondamentale, dunque, a partire dal 2023 adottare una riforma pensioni che permetta una tutela per i lavoratori precoci e per le donne mamme lavoratrici (un bonus di almeno 9 mesi per ogni figlio), oltre a una pensione di garanzia per giovani, donne e lavoratori/lavoratrici domestici/domestiche.
E poi ancora: una maggiore flessibilità in uscita, anche introducendo penalizzazioni o premi al lavoratore; una implementazione della previdenza complementare portando a detrazione il 50% di quanto versato nel fondo e una riduzione dei costi di riscatto della laurea, ad oggi piuttosto alti.
Infine, l’introduzione di una tax area dedicata ai pensionati fino a 10.000 euro e tasse al minimo per le pensioni fino a 35.000 euro.
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