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Salario minimo, primo scontro Schlein-Meloni: cosa succede

Irrompe nella dialettica politica il salario minimo fra Schlein e Meloni, che dice: «Il salario minimo non è la soluzione».

Valerio Pisaniello è un saggista esperto di welfare.
Conoscilo meglio

10' di lettura

Scontro tra leader. Scontro tra donne. La sinistra da una parte e la destra dall’altra. Irrompe nel dibattito politico il salario minimo fra Schlein e Meloni, tema attuale e necessario ma anche – se vogliamo – il capro espiatorio per un braccio di ferro di contrapposizione ideologica e culturale (scopri le ultime notizie su bonus, Rem, Rdc e assegno unicoLeggi su Telegram tutte le news su Invalidità e Legge 104. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegram e nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).

Indice

Salario minimo fra Schlein e Meloni: il question time 

Salario minimo fra Schlein e Meloni. Il tema selezionato dalla leader dem Elly Schlein, dopo la battaglia in Parlamento con il ministro Piantedosi, è il salario minimo: una scelta dettata anche dalla volontà di compattare le opposizioni che, sull’argomento, sembrano essere in sintonia.

Infatti l’obiettivo del Pd è offrire un punto di incontro con le altre forze politiche e i loro rappresentanti, da Carlo Calenda a  Matteo Renzi fino a Giuseppe Conte, che hanno mostrato apertura rispetto a una legge per il salario minimo.

Schlein quindi mette al centro il lavoro, uno dei tre temi cruciali portati avanti nel corso della campagna elettorale, e lo fa alla vigilia del Congresso della Cgil, dove sarà presente anche Meloni.

Le due leader della politica italiana torneranno quindi a confrontarsi, seppure a distanza, a Rimini. Un passaggio storico importante: è la prima volta che una leader di destra si presenta sul palco ed è inoltre il primo Presidente del Consiglio – dai tempi di Romano Prodi, nel 1996 – a intervenire a un congresso della Cgil.

Una partecipazione che Landini considera «un segno di rispetto e riconoscimento del ruolo di una organizzazione che rappresenta 5 milioni di persone».

Nell’interrogazione parlamentare – a prima firma Elly Schlein – si chiede «quali siano le ragioni della contrarietà alla sperimentazione del salario minimo legale, tenuto conto della mancata adozione di misure alternative, nonché di interventi volti a migliorare realmente la condizione delle lavoratrici e dei giovani lavoratori, quali un significativo ampliamento del congedo paritario, coerentemente con le migliori prassi europee».

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Salario minimo fra Schlein e Meloni: la schermaglia 

Salario minimo fra Schlein e Meloni. Schlein recupera una dichiarazione passata di Meloni per introdurre la sua interrogazione: «Lei qualche tempo fa ha definito il salario minimo uno specchietto per le allodole. Vada a dirlo a chi ha uno stipendio da fame. Mi stupisce che non vediate il nesso tra la denatalità e la condizione precaria delle donne. Perché non approviamo subito salario minimo e congedo paritario di almeno tre mesi? Aiuterebbe anche il lavoro delle donne, noi ci siamo».

Meloni, rispondendo a Schlein, ribadisce il suo giudizio negativo sull’introduzione del salario minimo: ritiene la misura ininfluente per risolvere il problema dei cosiddetti lavoratori poveri.

«Chi ha governato fino ad ora ha reso più poveri i lavoratori italiani – afferma Meloni -. Questo governo deve fare quello che può per invertire la rotta. Abbiamo dato segnali in questo senso, dei primi passi verso l’obiettivo. Però, per raggiungerlo, in un contesto come quello italiano caratterizzato da una alta copertura della contrattazione collettiva e da molto lavoro irregolare, il governo non è convinto che il salario minimo sia la soluzione. Su questa materia, non ho un approccio ideologico.

Ma il salario minimo rischia di fare un favore alle grandi concentrazioni economiche per rivedere a ribasso i diritti dei lavoratori. Io credo sia più efficace estendere la contrattazione collettiva a quei lavoratori per cui oggi non è prevista. Sui congedi parentali – conclude Meloni, dando un segnale di apertura -, sono sempre disponibile a confrontarmi».

Salario minimo fra Schlein e Meloni, la premier: «Salario minimo non è la soluzione»

Salario minimo fra Schlein e Meloni. La replica di Schlein: «Le emergenze per voi sono i rave, i condoni e colpire i figli delle famiglie lgbt». Partendo dalle conclusioni della replica di Schlein, la segretaria del Pd attacca Meloni con tre dichiarazioni forti.

La prima: «Rappresentate una destra ossessionata dall’immigrazione, ma che non vede l’emigrazione dei giovani italiani». La seconda: «Le emergenze per voi sono i rave, i condoni e colpire i figli delle famiglie lgbt». E infine: «Sul piano sociale dimostrate incapacità, approssimazione e insensibilità».

Ecco la replica integrale della segretaria Dem: «Le sue risposte non ci soddisfano, signora presidente. Non è più il tempo di dare le responsabilità ad altri, adesso spetta a voi dare queste risposte agli italiani ed alle italiane. Non si nasconda dietro ad un dito, presidente. È vero, lei è in carica da soli cinque mesi, ma sta andando in direzione opposta e sbagliata.

Siete la destra che è ossessionata dall’immigrazione, ma che non vede l’emigrazione di tanti giovani che sono costretti dai salari così bassi e dai contratti così precari a costruirsi un futuro altrove. Avete colpito e quasi cancellato Opzione donna.

I vostri veri punti di emergenza sono i rave, i condoni, la guerra alle ong, e da ieri colpite ideologicamente i diritti dei figli e delle figlie delle famiglie omogenitoriali, che hanno diritti come tutti i bambini e tutte le bambine che fanno parte della nostra comunità. Sul piano sociale, la vostra azione si definisce con tre parole: incapacità, approssimazione ed insensibilità, ma la vostra propaganda sta sfumando».

Salario minimo fra Schlein e Meloni: i numeri in Parlamento

Salario minimo fra Schlein e Meloni. La contrapposizione sul salario minimo oltre a essere di attualità politica diventa anche un capro espiatorio di contrapposizione culturale e politica. Da un lato troviamo un Pd (che diventa laburista) guidato dalla segretaria Elly Schlein e dall’altro una destra dell’austerity (contrariamente all’orientamento di destra sociale di cui la stessa premier vantava una provenienza).

E se per la leader dem il salario minimo può essere un tema utile in grado di unire le opposizioni della sinistra e del M5S, dall’altro l’intenzione di voler agire «sull’ampliamento della contrattazione collettiva a quelle categorie non ancora coperte» – in poche parole autonomi e atipici -, potrebbe stuzzicare l’interesse dei centristi Renzi e Calenda. D’altro canto, tale proposta fu proprio introdotta dallo stesso Renzi nel Jobs Act quando era Presidente del Consiglio e a capo del Pd.

Ora in un’ottica di discussione parlamentare, di dialettica e di forzature, si dovrebbe arrivare – in extrema ratio – alla conta. Probabilmente i numeri giocheranno a favore del governo in carica – a maggior ragione se incassasse anche l’appoggio moderato -, ma la presenza della premier al congresso Cgil di questi giorni potrebbe rivelarsi di vitale importanza. 

Salario minimo fra Schlein e Meloni: salari invariati da decenni 

Che l’Italia sia l’unico Paese a non avere un aumento dei salari da più di dieci anni è un dato di fatto. Se aggiungiamo l’inflazione post-pandemia e l’aumento storico generale dei prezzi – sicuramente dettato anche da una malagestione dell’entrata in vigore della moneta unica -, possiamo giungere alla conclusione e con semplice logica dell’avvento di un impoverimento complessivo della popolazione.

Oltre al precariato incessante che ha colpito prevalentemente i Millennials e Gen Z, assistiamo anche a una retrocessione in termini di potere di acquisto dei tanti lavoratori subordinati. In poche parole i cosiddetti “posti fissi”, sia pubblici sia privati, vedono decurtarsi drasticamente il proprio potere d’acquisto sul proprio stipendio.

Con l’introduzione di un salario minimo, a questo punto, si potrebbe tentare di rapportare di nuovo – seppur non in maniera strutturale – il proprio stipendio al costo della vita, in quanto i calcoli dello stesso “minimo consentito” sarebbero calcolati e aggiornati alla contingenza attuale. Altro punto interessante sarebbe quello di metter fine alle speculazioni imprenditoriali grazie alla libertà di ogni datore di lavoro di poter decidere in proprio il costo del lavoro.

Ma questo, chiaramente, al netto dell’applicazione delle contrattazioni collettive. In ultimo, proprio riprendendo quest’ultimo concetto, un “costo del lavoro minimo” riguarderebbe anche quelle contrattazioni atipiche o quanto meno non rientranti nelle contrattazioni collettive. Proprio come palesato dalla Premier replicando alla Schlein. Insomma, quando si dice “unire l’utile al dilettevole”.  

Salario minimo fra Schlein e Meloni: nella foto la segretaria Pd Elly Schlein.

Salario minimo fra Schlein e Meloni: il testo dell’interrogazione

Salario minimo fra Schlein e Meloni. Ecco il testo dell’interrogazione: Sono tanti i lavoratori in Italia annoverabili tra i cosiddetti ‘lavoratori poveri’, in contrasto con il principio sancito dall’articolo 36 della nostra Costituzione.

Il Fondo monetario internazionale ha calcolato che dal 1980 al 2017 la quota del PIL destinata ai salari e stipendi è diminuita ni 26 Paesi industrializzati, passando dal 66,1 al 61,7 % e, nel caso italiano, si è passati dal 86 al 59%.

L’Italia è l’unico Paese dell’area Ocse nel quale, dal 1990 al 2020, li salario medio annuale è diminuito (-2,9 %) nonostante l’aumento della produttività, sebbene meno significativa rispetto a quella degli altri Paesi dell’area; puntando sui bassi salari, il nostro sistema economico ha finito per attestarsi, salvo alcune lodevoli eccezioni, su modelli produttivi a basso tasso di innovazione e scarsa concorrenzialità sui mercati internazionali.

Lo scorso 30 novembre, l’attuale maggioranza ha bocciato la mozione del Pd finalizzata ad introdurre anche in Italia il salario minimo legale.

A tutt’oggi, non risulta assunta nessuna delle misure indicate nella mozione approvata nella medesima seduta, quali l’estensione dell’efficacia dei contratti nazionali comparativamente più rappresentativi, il contrasto alla contrattazione pirata o, assicurare retribuzioni dignitose anche nelle gare indette dalle  pubbliche amministrazioni.

Lo stesso intervento di riduzione del cuneo fiscale si è rivelato del tutto inadeguato a migliorare significativamente le retribuzioni di milioni di lavoratori, con benefici dai 19 ai 32 euro lordi al mese, ampiamente insufficienti a contrastare il solo tasso di inflazione.

Una famiglia di due adulti e un minore di età compresa tra i 4 e i 10 anni viene considerata ‘assolutamente povera’ dall’Istat se sostiene una spesa mensile per consumi inferiore a 1.434 euro, un importo spesso superiore alla retribuzione di troppi lavoratori.

In tale contesto, riveste una speciale gravità la condizione delle lavoratrici e dei giovani che, senza i dovuti servizi di sostegno alla genitorialità – basti pensare che il congedo paritario è ancora fermo a soli 10 giorni, contro i tre mesi della Spagna – o con inquadramenti contrattuali penalizzanti o l’applicazione indebita di forme contrattuali fintamente autonome, si vedono pregiudicata ogni possibilità di una vita indipendente ed economicamente dignitosa.

Fonti e materiale di approfondimento

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