Riforma IRPEF 2023: chi ci guadagnerebbe davvero con i 3 scaglioni? (scopri le ultime notizie sul fisco e sulle tasse e poi leggi su Telegram tutte le news sui pagamenti dell’Inps. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp e nel gruppo Facebook. Seguici anche su su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).
Riforma IRPEF 2023: chi ci guadagnerebbe davvero se fossero aggiunti i tre scaglioni proposti per il pagamento dell’IRPEF? Scopriamo le novità apportate dal Governo Meloni.
Indice
- Riforma IRPEF 2023: cosa sono i 3 scaglioni?
- Riforma IRPEF 2023: chi ci guadagnerebbe?
- Riforma IRPEF 2023: quanto costerà allo Stato?
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Riforma IRPEF 2023: cosa sono i 3 scaglioni?
Il Governo Meloni ha l’obiettivo di riformare in gran parte la normativa fiscale:
- flat tax per partite IVA sino alla soglia di 85 mila euro, mentre sinora il limite è stato di 65 mila;
- riforma IRPEF 2023, cambiamenti inerenti all’imposta sul reddito delle persone fisiche.
Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo ha dato qualche anticipazione in un’intervista sul Messaggero.
Queste le parole di Leo: “La flat tax incrementale per gli autonomi e l’elevazione del tetto è il primo passaggio. Poi gradualmente e trovando le necessarie coperture, bisognerà andare verso un sistema a tre aliquote“.
Il Governo, dunque, vuole riformare gli scaglioni dell’IRPEF, riducendoli a tre aliquote, probabilmente 23%, 27% e 43%.
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Attualmente le aliquote sono:
- Fino a 15.000 euro di reddito 23%
- Da 15.000 euro a 28.000 euro di reddito 25%
- Da 28.000 euro a 50.000 euro di reddito 35%
- Oltre 50.000 euro di reddito 43%
Probabilmente verranno confermate l’aliquota attualmente più bassa e quella più alta, e le due centrali (del 25 e del 35%) verrebbero unificate in un’unica aliquota del 27%.
Il sistema a tre aliquote sarebbe solo temporaneo, perché l’obiettivo finale sarebbe portare anche l’IRPEF ad un meccanismo di flat tax, senza contrastare la Costituzione.
L’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) deve essere versata da tutte le persone fisiche, residenti e non residenti in Italia, che possiedono un reddito tra quelli previsti dal TUIR.
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Riforma IRPEF 2023: chi ci guadagnerebbe?
Per il momento niente è ancora certo sulla riforma IRPEF 2023 portata avanti dal Governo Meloni.
Come abbiamo anticipato, gli scaglioni dovrebbero diventare tre: 23%, 27% e 43%. Di conseguenze, le due aliquote centrali verrebbero accorpate in un’unica aliquote: 27%.
Chi ci guadagnerebbe da questa modifica? Coloro che percepiscono redditi più alti, con questo cambiamento, pagherebbero meno tasse e ci guadagnerebbero.
Ma, come abbiamo anticipato, l’obiettivo del nuovo Governo è di estendere la flat tax a più contribuenti possibili, cominciando con le Partite Iva e finendo anche all’IRPEF.
Riforma IRPEF 2023: taglio del cuneo fiscale
Il taglio del cuneo fiscale è tra le misure annunciate dal Governo. Secondo quanto anticipato dagli esponenti della maggioranza, dovrebbe essere mantenuto il taglio del 2% già effettuato dal governo Draghi, con l’aggiunta di un ulteriore 1%, per i redditi al di sotto dei venti mila euro.
Il cuneo fiscale è la differenza tra quanto il datore di lavoro paga per un dipendente e quanto quest’ultimo riceve in busta paga.
In Italia oggi il cuneo fiscale è tra i più alti a livello internazionale: secondo i dati Ocse, ha raggiunto il 46,5%; la media è del 34,6%.
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Riforma IRPEF 2023: quanto costerà allo Stato?
La riforma Irpef, così come le altre riforme previste a stretto giro di posta, produrrà un costo per le casse dello Stato. Sempre il vice-ministro Leo ha dichiarato che “trovando le necessarie coperture, bisognerà andare verso un sistema a tre aliquote“.
“Nel corso della legislatura vorremmo addolcire le aliquote per poi andare a un meccanismo flat, che però rispetti la progressività con meccanismi di detrazioni e deduzioni, senza metterci in contrasto con la Carta costituzionale”, ha ribadito Leo.
Più complicato arrivare alla tassa piatta “che sia coerente con quanto previsto dalla Costituzione dall’articolo 53, ovvero “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività“, spiega Leo.
Dalla relazione tecnica della legge di bilancio emerge che le nuove decisioni fiscali del Governo, costeranno all’Erario circa 1,6 miliardi nel solo 2023. Il conto sale considerando anche gli anni successivi.
Il buco di 1,6 miliardi di euro è legato alla definizione agevolata delle somme dovute a fronte del controllo automatico delle dichiarazioni del 2020, 2021 e 2022, che riduce dal 30 al 3% le sanzioni e permette di pagare il dovuto in 5 anni.
Secondo il Governo questo è un modo per fornire supporto alle imprese e ai contribuenti in generale. Altro enorme costo per lo Stato sarà la Rottamazione quater, ovvero la nuova definizione agevolata delle cartelle esattoriali, con un incasso inferiore rispetto a quello previsto, di 1,3 miliardi di euro.
Questo perché il Governo abbuonerà tutti gli interessi, le sanzioni e l’aggio per poi consentire il pagamento a rate in cinque anni.
Altri 730 milioni costerà, invece, lo stralcio delle mini cartelle sotto i 1000 euro affidate alla Agenzia Riscossione tra il 2000 e 2015. Il testo smentisce il viceministro dell’Economia Maurizio Leo, che in conferenza stampa aveva detto che “non sono più esigibili” e riscuoterle sarebbe “costato di più” che annullarle.
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