Scuola, tra 10 anni 125 mila cattedre in meno: è la conseguenza del costante calo delle nascite. (scopri le ultime notizie su bonus, Rem, Rdc e assegno unico. Leggi su Telegram tutte le news su Invalidità e Legge 104. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegram e nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).
INDICE
- Scuola, i numeri
- Scuola, denatalità e conseguenze
- Scuola, riduzione degli attivi
- Scuola, intervenire adesso
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Il calo della popolazione e il numero sempre più ridotto di giovani avrà ripercussioni inevitabili e gravi su tutto il sistema Paese. Ovviamente anche nella scuola.
Non bisogna essere preveggenti per comprendere che senza una inversione di tendenza l’Italia è destinata a fermarsi: se i giovani sono una netta minoranza della popolazione, l’innovazione sarà complicata (se non impossibile) e piuttosto che immaginare il futuro resteremo incagliati in una persistente difesa dell’esistente, pregiudicando in modo serio il sistema produttivo e la sostenibilità dello Stato sociale (a cominciare dalle pensioni).
E quindi, o si riesce a invertire il trend della denatalità (anche con l’aiuto importante di una immigrazione controllata), o le prospettive non sono certo rosee.
In questo articolo verifichiamo in particolare cosa accadrà nelle scuole. Non in un futuro lontano, ma già a cominciare dai prossimi anni. Fino ad arrivare, come accennato, al 2033, quando saranno sparite dalle nostre scuole 125 mila cattedre, con immaginabili conseguenze anche sui posti di lavoro.
Su questo argomento puoi leggere un articolo che spiega cosa si rischia con il decremento costante delle nascite; in un altro post spieghiamo come il governo sta pensando di detassare chi fa figli; mentre sono già previsti sconti sul pagamento delle imposte per le famiglie numerose.
Scuola, i numeri
I dati sulla drammatica riduzione del nostro sistema scolastico sono ufficiali. Li ha forniti qualche giorno fa il ministro Valditara.
In soli dieci anni il numero degli studenti si ridurrà di 1,4 milioni. Passando dagli attuali 7,4 milioni a poco più di 6.
Il calo dovrebbe essere così ripartito:
- scuole superiori: 500 mila studenti in meno;
- scuole elementari: 400 mila studenti in meno;
- scuole medie: 300 mila studenti in meno;
- scuola materna: 156 mila bambini in meno.
Un calo enorme, che provocherà l’inevitabile contrazione delle cattedre, passeranno dalle attuali 684 mila e 558 mila: 126 mila in meno.
Non saranno tutti posti di lavoro persi. Almeno così ha spiegato il ministro Valditara, che ha dichiarato l’intenzione di voler utilizzare parte di quelle risorse (altre andranno in pensione senza essere sostituite) per contrastare la dispersione scolastica e personalizzare l’istruzione (con classi sempre più ridotte).
Ma è inutile negare che l’impatto sarà notevole anche sui posti di lavoro.
Del resto l’operazione “scuola ristretta” è già partita, una norma che è stata introdotta nella legge di Bilancio punta in modo esplicito a ridurre il numero dei presidi.
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Scuola, denatalità e conseguenze
È da tanto che gli esperti lanciano l’allarme sulle conseguenze legate al calo delle nascite in Italia. I primi contraccolpi si sono registrati nel mondo del lavoro (già ora).
Per l’occupazione si è generato un paradosso: nonostante il tasso di disoccupazione continui a restare tra i più alti all’interno dell’Unione Europea, le imprese non riescono a trovare tanti profili professionali, e non solo quelli altamente qualificati (come invece accadeva in un recente passato).
Il motivo lo spiegano i numeri:
- nel 2011 la popolazione compresa in una fascia di età tra i 15 e i 64 anni (età lavorativa) era di 39,3 milioni;
- nel 2023 (12 anni dopo), quella stessa fascia d’età si è ridotta a 37,3 milioni, due milioni in meno.
Ma non solo, se questo trend non venisse invertito, nei prossimi anni si assisterà a una situazione di questo tipo:
- nel 2030 (previsioni Istat) le persone in età da lavoro saranno in Italia 35,6 milioni;
- nel 2050 (sempre previsioni Istat), il calo sarà ancora più marcato: in età da lavoro ci saranno solo 29,8 milioni di persone.
In 40 anni un vero tracollo: o si corre subito ai ripari (e non è semplice), o davvero è a rischio l’esistenza del sistema Paese.
Non immaginate che la denatalità italiana sia una questione recente: la contrazione delle nascite è iniziata negli anni ‘70, dopo il picco che si è registrato nel 1964 (2,7 figli per ogni coppia). Il fenomeno è rimasto a lungo invisibile (rispetto al totale della popolazione) perché nel frattempo è cresciuta l’aspettativa di vita. L’ultimo anno in cui si è registrato un aumento dei nati è stato il 2008. Poi un crollo senza fine.
In Italia il numero medio di figli per ogni donna è al di sotto di 1,24. Il livello di riproduzione di un Paese dovrebbe essere di 2,1.
Scuola, riduzione degli attivi
In realtà le cose potrebbero andare anche peggio. Basta spostare lo sguardo su un altro indicatore, quello della popolazione residente complessiva. Il calo in questo caso è meno marcato entro il 2050: gli abitanti nel nostro Paese caleranno da 58,8 milioni a 54,2.
Cosa significa? Che mentre il numero dei giovani (ne nascono sempre meno) è destinato ad assottigliarsi, sarà in costante aumento la popolazione anziana e molto anziana.
Ed è proprio questo aspetto che rischia di mettere sottosopra il nostro sistema previdenziale (senza dimenticare quello assistenziale).
Con uno scenario di questo tipo (come hanno confermato i calcoli elaborati dalla Ragioneria dello Stato) il massimo della spesa previdenziale sarà raggiunto nel 2044, per poi iniziare a ridursi.
E in questo caso, quale sarà l’unica opzione per scongiurare un default del Paese?
Per il Ministero di Economia e Finanze c’è una sola soluzione (se non si inverte già in questi anni il costante calo delle nascite): le nuove generazioni non potranno più sostenere (come in passato) il peso della spesa pensionistica: dovrà quindi essere allargata la platea della partecipazione al lavoro e bisognerà garantire situazioni lavorative continue e non caratterizzate dalla precarietà.
Il che significa, se non fosse chiaro, che dovrà essere alzata e non di poco l’età pensionabile.

Scuola, intervenire adesso
Per scongiurare questo scenario le nascite dovranno iniziare ad aumentare già nei prossimi anni. Il rischio è altrimenti un inevitabile corto circuito.
Ci spieghiamo: meno nascite significa anche un numero sempre più ridotto di potenziali genitori.
Ma vediamo quali sono le tendenze a livello nazionale, la media, come accennato, è di 1,24 figli per coppia.
Queste sono le province dove la denatalità è meno preoccupante:
- Bolzano: 1.65;
- Gorizia, Crotone, Ragusa, Palermo e Catania superano l’1,4.
La media in Sardegna è invece al di sotto di 1 (solo Sassari e Cagliari sono al di sopra di quella soglia).
Valori molto bassi di nascita si registrano anche:
- Nord: Biella, Verbano-Cusio-Ossola e Rovigo;
- Centro: Terni, Massa-Carrara, Lucca, Viterbo e Prato;
- Sud: Potenza, Matera e Campobasso.
Il governo dovrebbe valutare le soluzioni che sono state adottate (evidentemente con successo) in Alto Adige e verificare se è possibile implementarle anche in altre Regioni della Penisola.
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