Smart working prorogato con la manovra 2023, ma solo per i lavoratori fragili, vediamo come funziona. (scopri le ultime notizie su bonus, Rem, Rdc e assegno unico. Leggi su Telegram tutte le news su Invalidità e Legge 104. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegram e nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).
INDICE
- Smart working prorogato fino al 31 marzo
- Smart working prorogato: i genitori con figli
- Smart working prorogato: settore pubblico
- Smart working prorogato: settore privato
- Smart working prorogato: l’ombra del Covid
- Smart working prorogato: i numeri
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Il governo ha deciso di escludere dal beneficio i genitori di figli con meno di 14 anni, che lo scorso anno hanno avuto diritto a svolgere il lavoro agile in regime semplificato ma sempre a patto che fosse compatibile con l’organizzazione del lavoro.
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Non significa che non potranno più svolgere lavoro da remoto, ma sono tornate in vigore le norme del periodo precedente alla pandemia. Sarà quindi possibile lo smart working, ma solo dopo la stipula di un accordo individuale.
Su questo argomento puoi leggere un focus che spiega perché con l’aumento delle bollette lo smart working potrebbe non essere così conveniente per i lavoratori; in questo post si spiega invece l’iter che ha portato alla conferma del lavoro agile per i dipendenti fragili.
Smart working prorogato fino al 31 marzo
Per i lavoratori fragili, sia del pubblico, sia del settore privato, sarà invece ancora possibile lavorare da remoto fino al 31 marzo 2023. Potranno farlo anche svolgendo una mansione diversa.
Come funziona invece per tutti gli altri.
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Smart working prorogato: i genitori con figli
Come accennato è finita la possibilità per i genitori con figli che hanno meno di 14 anni di accedere al lavoro agile con un sistema semplificato. Significa questo: il dipendente che avesse intenzione di usufruire di questa rimodulazione del lavoro dovrà obbligatoriamente raggiungere un accordo. L’intesa dovrà riguardare l’azienda, il lavoratore singolo o una rappresentanza sindacale.
L’accesso al lavoro agile sarà quindi molto più difficoltoso.
Smart working prorogato: settore pubblico
Anche per il settore pubblico sarà ancora in vigore il regime semplificato per i lavoratori fragili.
Per tutte le altre categorie la disciplina sarà regolata:
- dagli accordi individuali;
- dai Piao (Piani integrati di attività e organizzazione) delle pubbliche amministrazioni.
È anche vero, per la pubblica amministrazione, che il ministro della Funzione Pubblica, Paolo Zangrillo, punta molto sul lavoro agile, perché “offre delle oggettive opportunità”.
Per Zangrillo lo smart working deve essere adottato nelle pubbliche amministrazioni con determinati presupposti. Ovvero: “Bisognare avere obiettivi quantificabili, misurare la produttività del personale senza far scendere le performance verso il cliente finale, che è il cittadino”.
A questo scopo il ministro ha già avviato un gruppo di lavoro. L’intenzione è quella di raccogliere le migliori idee e poi di attivare delle soluzioni per rendere più fluido, efficace e frequente lo smart working anche per il pubblico impiego.
Smart working prorogato: settore privato
Per il settore privato la questione è semplice: tornano in vigore le stesse regole che c’erano prima della pandemia, con l’esclusione dei lavoratori fragili. Per tutti gli altri sarà necessario un accordo tra azienda e dipendenti per definire nei dettagli le modalità di svolgimento dello smart working.
L’intesa, come accennato, può essere anche firmata da una rappresentanza sindacale.
Il documento deve contenere:
- la durata del lavoro agile;
- l’alternanza ai periodi di presenza in sede;
- i luoghi da escludere per la prestazione professionale.
Smart working prorogato: l’ombra del Covid
La situazione sullo smart working è comunque in costante divenire. L’aumento dei contagi in Cina ha spinto il ministero della Salute a emanare una circolare il 30 dicembre (elaborata con l’Istituto Superiore di Sanità).
Sono state disposte delle misure da adottare nel caso peggiorasse anche in Italia la situazione epidemiologica.
Potrebbero essere nuovamente introdotte queste misure di prevenzione:
- il ritorno delle mascherine al chiuso;
- la riduzione degli assembramenti;
- il proseguimento della campagna vaccinale;
- l’adesione di nuovo allo smart working semplificato (per le categorie che ne avevano diritto anche in precedenza) per garantire una minore presenza e una riduzione dei rischi in ufficio;
- una adeguata ventilazione degli ambienti chiusi.
Insomma, si potrebbe fare anche marcia indietro. Ma tutto dipende dalla situazione epidemiologica. Al momento non si registrano particolari emergenze. Il numero dei ricoveri, anche in terapia intensiva, non è preoccupante e dalla Cina non si ha notizia dello sviluppo di varianti particolarmente pericolose.

Smart working prorogato: i numeri
Comunque sia, la pandemia ha dato una spinta notevole allo sviluppo della modalità di lavoro da remoto. Una crescita che non sarebbe stata possibile in condizioni normali, o sarebbe stata molto più graduale.
In Italia lo smart working riguarda un numero importante di lavoratori: 3,6 milioni (dati dell’Osservatorio sullo smart working del Politecnico di Milano).
Il lavoro da remoto è ormai una prassi consolidata nel 91 per cento delle aziende italiane. Con un incremento del 10 per cento rispetto al 2021.
Questo nel settore privato.
Il pubblico è più indietro: nel 2022 gli enti coinvolti sono il 57 per cento, l’8 per cento in meno rispetto al 2021. Sono proprio questi numeri che hanno convinto il ministro Zangrillo ad accelerare. Anche perché, come hanno dimostrato i dati, l’efficienza dei lavoratori da remoto non è certo diminuita, anzi. Si sono invece ridotte le spese per la stessa azienda.
Del resto, se così non fosse, se cioè lo smart working non avesse concretizzato anche una migliore performance dei dipendenti, i privati non avrebbero avuto alcun motivo per usare questo metodo in una maniera così massiccia anche dopo la fine dell’emergenza pandemica.
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