Trattamento minimo, spetta a chi risiede all’estero o si rischia di perdere la prestazione assistenziale? (scopri le ultime notizie e poi leggi su Telegram tutte le news sulle pensioni e sulla previdenza. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegram e nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).
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La questione si pone con una certa frequenza: sono poco meno di 400.000 i pensionati italiani che hanno deciso di trasferirsi all’estero. Non certo per piacere, o meglio, in molti casi non solo. La spinta più consistente è il fattore economico: in tanti Paesi il potere di acquisto di una pensione è molto più elevato rispetto all’Italia.
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Senza contare che sono diverse le nazioni che offrono una tassazione agevolata sulla pensione, e quindi il netto risulta più alto.
Ma ci possono essere anche tante altre ragioni per trasferirsi, una tra le tante: restare accanto al figlio che ha trovato una occupazione altrove.
I Paesi vicini dove è più vantaggioso trasferirsi sono la Grecia e il Portogallo. Fuori dall’Ue c’è la Tunisia, che offre un regime tributario particolarmente vantaggioso, soprattutto per i pensionati che hanno ricevuto il trattamento dopo aver lavorato nel pubblico impiego. Chi decide di trasferirsi in Tunisia può beneficiare di una tassazione del solo 20% della pensione lorda italiana.
Altri Paesi interessanti sono: Cipro, Romania, Bulgaria (nessuna imposta) e Spagna (tassazione ridotta, ma non di molto).
Ma rispondiamo subito alla domanda: il trattamento minimo può essere fruito da chi ha deciso di trascorrere lontano dall’Italia gli anni della pensione? Ebbene, non sempre è possibile. Molto dipende dalla collocazione geografica: fuori o dentro l’Unione Europea. Vediamo perché e come funziona.
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Trattamento minimo, Paesi Ue
Partiamo da un messaggio INPS del 2014 (il numero 3770), una nota che arriva proprio per chiarire i quesiti formulati da una serie di uffici periferici. Ebbene, in quel messaggio l’istituto ha precisato che la quota di pensione che consente di raggiungere il livello minimo (567,94 euro nel 2023) non è esportabile da parte dei titolari che trasferiscono la residenza in uno stato dell’Unione Europea.
Ricordiamo, per maggiore chiarezza e per evitare equivoci, che l’integrazione al trattamento minimo spetta solo se il beneficiario ha versato anche una piccola quota di contributi prima del primo gennaio 1996.
Viene inoltre riconosciuta a chi rientra in determinate condizioni di reddito.
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Trattamento minimo, due condizioni
Le condizioni richieste per avere accesso all’integrazione sono dunque due:
- chi la richiede non deve avere altri redditi Irpef di importo superiore al doppio del minimo;
- il reddito complessivo della coppia (pensionato e coniuge) non deve superare l’importo annuo di 4 volte il minimo.
A queste due condizioni preliminari, che servono appunto per il riconoscimento del trattamento aggiuntivo in Italia, bisogna poi aggiungere, per la possibilità di trasferimento all’estero, l’articolo 70 del regolamento (Ce) numero 883 del 2014, che disciplina le «prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo», che hanno caratteristiche delle contribuzioni sia assistenziali, sia previdenziali.
Queste prestazioni «non sono inesportabili negli stati membri». E questo significa che possono essere erogate solo nei Paesi dove le persone beneficiarie risiedono e in base alle leggi di quel determinato Stato.
E questo comporta una conseguenza: non possono essere incassate da residenti all’estero:
- le pensioni sociali;
- le pensioni, gli assegni e le indennità ai mutilati ed invalidi civili;
- le pensioni e le indennità ai sordomuti;
- le pensioni e le indennità ai ciechi civili;
- l’integrazione della pensione minima;
- l’integrazione dell’assegno di invalidità;
- l’assegno sociale;
- la maggiorazione sociale.
Trattamento minimo, fuori dall’Unione Europea
Detto questo appare invece evidente che non esista alcun divieto di esportazione dell’integrazione al trattamento minimo al di fuori del Paesi dell’Ue.
Facciamo un esempio: se un pensionato decide di trasferirsi in Spagna o Portogallo, perderà l’integrazione al minimo, perché quei due Paesi sono nell’Ue. Se invece un pensionato decide di andare a vivere in Brasile, Costarica o Argentina, continuerà a riceverla perché si tratta di nazioni esterne all’Ue.
Trattamento minimo, fuori dall’Unione Europea: quando è impossibile
Ma c’è da precisare che non sempre è possibile esportare fuori dall’Ue il trattamento minimo per la pensione.
Infatti c’è un requisito indispensabile da rispettare: il cittadino italiano deve aver versato almeno 10 anni di contribuzione minima effettiva.
Quando si parla di contribuzione effettiva si escludono dunque:
- i contributi volontari;
- quelli da riscatto della laurea;
- quelli riferiti ad altri periodi non lavorati.
L’integrazione al minimo non spetta anche nei casi in cui un pensionato che si è trasferito in un Paese esterno all’Unione Europea, riceve una pensione estera e la somma di questo importo con la prestazione previdenziale italiana supera quello previsto per il trattamento minimo.

Faq (domande e risposte)
Quanti pensionati italiani vivono all’estero?
Circa 400.000 pensionati italiani vivono all’estero.
Quali sono alcuni paesi popolari per i pensionati italiani?
Paesi popolari per i pensionati italiani includono Grecia, Portogallo, Tunisia, Cipro, Romania, Bulgaria e Spagna.
I pensionati possono perdere il trattamento minimo se si trasferiscono all’estero?
Sì, in alcuni casi i pensionati possono perdere il trattamento minimo se si trasferiscono all’estero.
Che cos’è il “trattamento minimo”?
Il trattamento minimo è una quota di pensione che consente di raggiungere un livello minimo di reddito.
Il trattamento minimo può essere esportato all’estero?
No, il trattamento minimo non può essere esportato da chi trasferisce la residenza in un paese dell’Unione Europea.
Quali sono le condizioni per ricevere il trattamento minimo?
Le condizioni per ricevere il trattamento minimo includono il fatto di non avere altri redditi Irpef di importo superiore al doppio del minimo e il reddito complessivo della coppia non deve superare l’importo annuo di 4 volte il minimo.
Il trattamento minimo può essere esportato fuori dall’Unione Europea?
Sì, il trattamento minimo può essere esportato al di fuori dei Paesi dell’UE, a meno che non siano soddisfatte alcune condizioni specifiche.
Quali sono le prestazioni pensionistiche non esportabili all’estero?
Le prestazioni pensionistiche non esportabili all’estero includono gli assegni sociali, le rendite assistenziali, l’integrazione della pensione minima e le maggiorazioni sociali.
Quali sono le eccezioni alla possibilità di esportare il trattamento minimo fuori dall’UE?
Una eccezione importante alla possibilità di esportare il trattamento minimo fuori dall’UE è che il pensionato deve aver versato almeno 10 anni di contribuzione minima effettiva.
Le pensioni di inabilità o invalidità civile possono essere trasferite all’estero?
No, chi riceve una pensione di inabilità o invalidità civile non può beneficiarne in caso di trasferimento in un’altra nazione.
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