C’è tempo
Regia di Walter Veltroni
Quand’è che si smette di essere bambini? È la domanda senza risposta che muove il film di Walter Veltroni. È un film di confronto tra due generazioni diverse di ambiti sociali diversi di due fratelli che si scoprono dopo tanto tempo.
Sembra esserci l’ispirazione da “Rain man”, ma non è né un film tributo, né un remake in chiave nostrana; è un film che ha una sua poetica ma non pretende di essere intellettuale. Si percepisce solamente il giusto rammarico che giovani e giovanissimi probabilmente non sapranno nemmeno per sentito dire chi fosse Truffaut, o in quale cinema di Rimini Fellini trascorresse il suo tempo da ragazzo. Non è una critica, ma piuttosto un invito fatto dal giovane protagonista per giovani spettatori a riscoprire il vero cinema italiano ed europeo.

La vera critica, e forse nemmeno tanto velata, Veltroni la inserisce in un surreale dialogo tra Stefano e un direttore di banca che mortifica e offende la professione precaria e sognatrice del protagonista.
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Omaggio a Bertolucci e Truffaut
È difficile infatti definire Veltroni semplicemente con la parola “regista”. Egli infatti dà ampia prova di essere un cineasta a tutto tondo e soprattutto un vero cinefilo. La storia del bambino protagonista si intreccia infatti con quella di Jean Pierre Leaud, che appare in filmati di repertorio e nel ruolo di sè stesso nel finale ambientato a Parigi. Ma la vita si intreccia e si identifica anche con altri film, e quindi oltre agli ampi omaggi alla Nouvelle Vague, i riferimenti marcati e funzionali alla trama si riscontrano con l’omaggio a “Novecento” di Bertolucci e a un’intervista con Ettore Scola e Marcello Mastroianni. Non è un “Rain man”, non è un “Hugo Cabret”, non è “I quattrocento colpi”, ma è una pellicola che omaggia il cinema nella sua storia, ad ogni modo ben strutturata; dove i destino dei due fratelli si intreccia con due quasi-omologhi al femminile.

Colonna sonora pop
Stefano Fresi dà poi anche un’ottima prova di cantante e pianista durante la scena di un concerto e la sua esibizione ben si colloca nella colonna sonora del film in chiave pop.
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Come pop si potrebbe definire anche la scenografia, molto funzionale alla trama e al background dei personaggi, specie nelle prime sequenze: l’allestimento del set fa capire infatti a quale universo appartiene un personaggio senza dover dire troppo.
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Oltre a quello di Leaud nel finale, c’è il divertente cameo del carabiniere Max Tortora. Da non prendere come una barzelletta filmata sui Carabinieri, piuttosto come mini-tutorial su come comportarsi se vi fermano i militi della Benemerita.
Regia 8
Sceneggiatura 8
Fotografia 8
Montaggio 7
Soundtrack 8
Scenografia 8
Costumi 7
Make-up 7
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