Mobbing sul lavoro, vediamo in questo post quando diventa reato e non solo una violazione delle norme che regolano i contratti di lavoro. (scopri le offerte di lavoro e i concorsi attivi. Ricevi le news gratis su WhatsApp, Telegram e Facebook).
Indice
Che cos’è il mobbing
Il termine “mobbing” deriva dal verbo inglese “to mob”, che significa assalire o aggredire. In ambito giuridico, il mobbing è definito come una serie di atti vessatori e prevaricatori, ripetuti nel tempo, diretti contro un lavoratore con l’obiettivo di isolarlo, emarginarlo, umiliarlo o danneggiarlo professionalmente.
Il mobbing può essere commesso dal datore di lavoro, dai superiori o dai colleghi del lavoratore. L’azienda è sempre responsabile di questi comportamenti. Nel caso di mobbing perpetrato da terze persone, però, il datore di lavoro è responsabile solo se informato adeguatamente dalla vittima.
Quando si materializza il mobbing
Analizziamo ora tutti gli elementi che devono essere dimostrati per poter parlare di mobbing.
Comportamenti ostili e vessatori
Sono necessari comportamenti ostili e vessatori: azioni intenzionali e ripetute che creano un clima di tensione e ostilità nei confronti della vittima. Prese singolarmente queste condotte possono anche essere lecite (ad esempio la richiesta di lavoro straordinario o notturno, oppure la ricollocazione delle ferie rispetto alla richiesta dal lavoratore). A renderle illecite è la loro reiterazione nel tempo.
Esempi di comportamenti che fanno scattare il mobbing:
- Insulti
- Minacce
- Aggressioni verbali
- Isolamento
- Esclusione da riunioni o eventi aziendali
- Assegnazione di compiti dequalificanti o impossibili
- Ostacoli all’avanzamento professionale
- Demansionamento
- Richiesta continua di straordinari o di lavoro notturno
- Continuo spostamento di mansioni o di turni
- Ricorso al potere disciplinare senza necessità
- Assegnazione delle ferie in periodi non richiesti dal lavoratore
Intenzione di danneggiare
Il secondo elemento del mobbing è l’intenzione di danneggiare. Il mobbing si distingue dai semplici contrasti lavorativi per la presenza di un disegno unitario che unifica tutte le condotte con l’obiettivo di danneggiare la vittima. Il mobbing mira a ledere la dignità e la professionalità del lavoratore, isolandolo nel contesto lavorativo e pregiudicando le sue opportunità di carriera.
La difficoltà di dimostrare il mobbing
Dimostrare il mobbing è la parte più complessa della causa. La Cassazione ha affermato che la prova del mobbing può essere fornita anche tramite presunzioni – ossia “indizi” – costituite dai comportamenti precedentemente elencati e dalla loro reiterazione. Si può far ricorso a:
- Prove testimoniali
- Messaggi
- Registrazioni video o audio
- Altri elementi che evidenzino la volontà di creare un clima di sofferenza e umiliazione
Reiterazione delle condotte illecite
Il terzo e ultimo presupposto del mobbing è la reiterazione delle condotte illecite. Il mobbing non si configura come un singolo episodio isolato, ma come una serie di azioni sistematiche e ripetute nel tempo. Si ritiene che il tempo minimo per far scattare il mobbing sia pari a sei mesi.
Vedi come funziona il congedo per stress e mobbing.
Quali sono le tutele contro il mobbing
Nonostante in Italia non esista una legge specifica che disciplini il mobbing, la tutela delle vittime è garantita da diverse norme. Queste includono:
- Costituzione: articolo 32 (tutela del lavoro) e articolo 38 (diritto alla salute)
- Codice civile: articolo 2087 (obbligo del datore di tutelare la salute psicofisica dei dipendenti)
- Codice penale: articolo 612-bis (stalking) e articolo 572 (maltrattamenti contro familiari)
Entra nella community, informati e fai le tue domande su Youtube e Instagram.
Cosa fare in caso di mobbing
Il mobbing è considerato un illecito civile. Pertanto, il dipendente può chiedere il risarcimento del:
- Danno economico per la perdita di chance e di carriera
- Danno biologico se produce un certificato medico che attesta un’invalidità psichica o fisica
- Danno morale per la sofferenza interiore, quantificato dal giudice in via equitativa
Qui puoi verifiucare come si può ottenere un risarcimento per mobbing.
Mobbing sul lavoro, quando è reato
Il mobbing si trasforma in reato nei contesti lavorativi di dimensioni ridotte, quando il datore di lavoro ha contatti stretti e quotidiani con i dipendenti. In questi ambienti, le condotte mobbizzanti possono essere paragonate a quelle di un familiare che maltratta gli altri conviventi. La giurisprudenza ritiene applicabile l’articolo 572 del Codice penale, che punisce con la reclusione da tre a sette anni chi compie maltrattamenti ai danni di familiari.
Secondo la Cassazione (sent. n. 39920/2018), per equiparare il mobbing ai maltrattamenti in famiglia è necessario un rapporto di “parafamiliarità”. Esempi includono il titolare di uno studio che maltratta la segretaria con cui ha rapporti lavorativi quotidiani.
Caratteristiche del rapporto para-familiare
La Corte ha spiegato (sent. n. 14754/2018) che le pratiche persecutorie realizzate ai danni del lavoratore dipendente e finalizzate alla sua emarginazione possono integrare il reato di maltrattamenti in famiglia esclusivamente se il rapporto tra il datore di lavoro e il dipendente è caratterizzato da:
- Relazioni intense ed abituali
- Consuetudini di vita tra i soggetti
- Soggezione di una parte nei confronti dell’altra
- Fiducia riposta dal soggetto più debole del rapporto in quello che ricopre la posizione di supremazia
La Cassazione ha anche confermato che deve configurarsi il più grave delitto di maltrattamenti quando la finalità è quella dello sfruttamento del dipendente per motivi di lucro personale (Cass. pen., Sez. VI, 22 gennaio 2001, n. 10090). Il rapporto tra datore di lavoro e lavoratore dipendente è considerato un rapporto tra due persone poste sul medesimo piano, dalla dignità e autonomia individuale pari, escludendo ogni prospettiva di un contenuto del potere disciplinare/organizzativo del primo nei confronti del secondo riconducibile al concetto di educazione.
FAQ (domande e risposte)
os’è il mobbing sul lavoro?
Il mobbing sul lavoro è definito come una serie di atti vessatori e prevaricatori, ripetuti nel tempo, che vengono esercitati contro un lavoratore allo scopo di isolarlo, emarginarlo, umiliarlo o danneggiarlo professionalmente. Questi atti possono includere azioni sia verbali che fisiche che, attraverso la loro persistenza, creano un ambiente lavorativo ostile e insostenibile per la vittima.
Chi può commettere mobbing sul lavoro?
Il mobbing può essere commesso da diverse figure all’interno dell’ambiente lavorativo, includendo il datore di lavoro, i superiori del lavoratore, o anche dai colleghi stessi. È importante notare che, indipendentemente dall’autore degli atti, l’azienda risponde sempre di questi comportamenti, a meno che il mobbing non sia perpetrato da terzi e il datore di lavoro non ne sia stato adeguatamente informato dalla vittima.
Quali comportamenti costituiscono mobbing?
Il mobbing si manifesta attraverso comportamenti ostili e vessatori che sono sia intenzionali che ripetuti. Questi comportamenti includono, ma non si limitano a:
- Insulti e minacce
- Aggressioni verbali
- Isolamento
- Esclusione da riunioni o eventi aziendali
- Assegnazione di compiti dequalificanti o impossibili
- Creazione di ostacoli all’avanzamento professionale
- Demansionamento
- Richiesta continua di straordinari o di lavoro notturno
- Continuo spostamento di mansioni o di turni
- Uso inappropriato del potere disciplinare
- Assegnazione delle ferie in periodi non desiderati dal lavoratore
Quali prove sono accettate per dimostrare il mobbing?
Per dimostrare il mobbing, si possono utilizzare varie forme di prove, tra cui:
- Prove testimoniali
- Messaggi
- Registrazioni video o audio
- Qualsiasi altro elemento che possa evidenziare la volontà di creare un clima di sofferenza e umiliazione.
La giurisprudenza riconosce anche le presunzioni, ovvero indizi basati sui comportamenti e la loro reiterazione, come valide per dimostrare il mobbing.
Quanto tempo è necessario per configurare il mobbing?
Il mobbing non si configura come un singolo episodio isolato, ma richiede una reiterazione delle condotte illecite. Generalmente, si considera che un periodo minimo di sei mesi di comportamenti sistematici e ripetuti sia necessario per poter parlare di mobbing.
Quando il mobbing diventa reato?
Il mobbing diventa reato in situazioni specifiche, particolarmente nei piccoli contesti lavorativi dove il datore di lavoro ha contatti diretti e continui con i dipendenti. In questi casi, la condotta mobbizzante può essere paragonata a quella del familiare che maltratta gli altri conviventi. La legge riferisce all’articolo 572 del Codice penale, che punisce i maltrattamenti contro familiari con la reclusione. La Cassazione ha chiarito che per rientrare in questa categoria, deve esistere un rapporto di “parafamiliarità” tra datore di lavoro e dipendente, caratterizzato da una fiducia particolare e da una convivenza simile a quella familiare.