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Home / Invalidità Civile » Previdenza e Invalidità » Salute / Indennità di accompagnamento con deambulazione difficile

Indennità di accompagnamento con deambulazione difficile

Indennità di accompagnamento: è stata negata dai giudici della Cassazione quando la deambulazione è solo difficile ma non impossibile.

di The Wam

Maggio 2022

Come sapete per la concessione dell’indennità di accompagnamento sono necessari diversi requisiti fondamentali, ma su alcuni di questi requisiti c’è una discreta incertezza. (scopri le ultime notizie su bonus, Rem, Rdc e assegno unico. Leggi su Telegram tutte le news su Invalidità e Legge 104. Ricevi ogni giorno sul cellulare gli ultimi aggiornamenti su bonus, lavoro e finanza personale: entra nel gruppo WhatsApp, nel gruppo Telegram e nel gruppo Facebook. Scrivi su Instagram tutte le tue domande. Guarda le video guide gratuite sui bonus sul canale Youtube. Per continuare a leggere l’articolo da telefonino tocca su «Continua a leggere» dopo l’immagine di seguito).

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Vediamoli nel dettaglio:

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Indennità di accompagnamento: deambulare come?

Il punto più delicato, come è possibile immaginare, è quello della «deambulazione senza l’aiuto permanente di un accompagnatore». Ovvero: in cosa dovrebbe consistere questo aiuto? Il sostegno deve essere previsto in casa o solo quando si esce?

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Una vaghezza nella norma che ha dato vita a numerosi contenziosi giudiziari.

Una ordinanza della Cassazione, la numero 5068 del 2018 ha chiarito il punto sulla questione deambulazione. Vediamo il caso e cosa hanno deciso i magistrati dell’Alta Corte.

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Indennità di accompagnamento: la storia

La storia. L’Inps e il tribunale di primo grado hanno negato l’indennità di accompagnamento a un cittadino. L’assistito ha presentato ricorso e i giudici di secondo grado hanno ribaltato la sentenza condannato l’Inps e accolto le ragioni dell’invalido. Si è poi arrivati alla sentenza definitiva della Cassazione.

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Indennità di accompagnamento: ricorso Inps

L’invalido era affetto da una vasculopatia (una patologia che riduce l’afflusso del sangue al cervello), il paziente non era in grado di avere una deambulazione duratura e – come ha scritto lo stesso Ctu – non era in grado di compiere in maniera soddisfacente gli atti quotidiani della vita.

L‘Inps ha presentato ricorso in Cassazione perché non c’erano i requisiti minimi per avanzare la richiesta e ottenere l’indennità di accompagnamento.

Per l’ente previdenziale la riduzione della capacità di deambulazione e quella a compiere gli atti quotidiani della vita non è ritenuta così grave da richiedere la presenza costante di un accompagnatore.

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Indennità di accompagnamento: Cassazione

Per i giudici della Cassazione il ricorso presentato dall’Inps è fondato, anche alla base di numerose e precedenti ordinanze della Corte di legittimità.

Secondo i magistrati (che hanno fatto riferimento all’articolo 1 della legge numero 18 dell’11 febbraio 1980), l’attribuzione dell’indennità di accompagnamento prevede la contestuale presenza di una condizione di invalidità totale e alternativamente della impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o dell’incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita (il che presuppone la necessità di una assistenza continua).

Indennità di accompagnamento: requisiti parziali

Questi due requisiti, hanno sostenuto i giudici, non sono rispettate dalle condizioni del paziente in questione, perché la consulenza tecnica d’ufficio ha accertato la semplice difficoltà nella deambulazione o nel compimento degli atti quotidiani della vita.

Come dire: avere delle difficoltà è diverso dall’essere nella completa impossibilità.

Per i magistrati e sulla base delle certificazioni mediche, l’assistito era in grado di muoversi in autonomia all’interno della sua abitazione, ma aveva necessità di un sostegno lontano da casa.

Il che ha evidenziato la necessità di una assistenza non continua ma generica e riferita solo ad attività che la Corte non ha ritenuto essenziali, ma strumentali, come:

Indennità di accompagnamento: conclusione

Per questo motivo, e in assenza di altri accertamenti sanitari che possono confermare il contrario, la Corte ha deciso di dare ragione all’Inps e rigettare la richiesta della persona con invalidità.

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